LETTERATURA: INCIPIT: Paolo Buchignani: “Solleone di guerra”, racconti – Mauro Pagliai Editore, 2008
9 Ottobre 2008
(Il libro ha la prefazione di Carlo Lizzani, il quale fra l’altro scrive: “Leggere Solleone di Guerra è stato per me come entrare nel laboratorio di uno storico, e osservare da vicino, con una serie di zoom, quella ragnatela di vicende, di personaggi “umili” e potenti che poi il vero e proprio lavoro storiografico è impegnato di volta in volta a ricomporre in una mappa ampia e panoramica”. bdm)
 Le mani senza volto
 Lo vedo di spalle e lo seguo a distanza. Magro, i capelli bianchi, uno zaino in spalla, un bastone in mano. Arranca in salita, di buon passo.
 L’aria umida profuma di muschio. Sul viottolo tortuoso, l’uomo appare e scompare. Alla fine si ferma dinanzi a una casa diroccata, invasa dai rovi.
  Si volta: un  vecchio elegante, il pizzo bianco, gli occhiali d’oro. Si guarda intorno, ma non s’accorge della mia presenza.  Deposita lo zaino a terra, estrae dal panciotto un fazzoletto candido e s’asciuga il sudore.
 Quindi s’accosta alla casa, accarezza la porta divelta, spinge lo sguardo all’interno da una finestra sfondata. Poi prende a girare intorno al rudere: una volta, due volte, in un senso, nell’altro. Ogni tanto s’arresta e scuote il capo.
 Continuo a spiarlo: ora si toglie gli occhiali, si siede sull’erba e piange. Â
 Avevo vent’anni e una pistola in tasca. Avevo fame. Negli ultimi giorni m’ero nutrito di latte: spruzzi avari spremuti dai capezzoli d’una vacca magra che i partigiani tenevano nel bosco. Cercavo bacche nei cespugli, ma non ne trovavo; e intanto la fame cresceva: un’ossessione, peggio dei tedeschi, peggio della guerra.
 Il mattino era languido e profumato, splendente di sole. Tra i castagni, più in basso, spuntava il tetto d’una casa. Poco distante un altro tetto, un ovile; nel vento afrore di concime, il guaito d’un cane, il belato d’un agnello.
 M’avvicinai: un uscio era aperto, qualcuno si muoveva nel buio della stanza: da lontano mi parve una donna. Mi fermai sulla soglia senza il coraggio di guardare, gli occhi a terra, le braccia penzoloni. La persona venne verso di me, muta. Muto anch’io, il capo chino e vergognoso. Vedevo piedi scalzi dentro zoccoli consunti e un abito nero di vecchia. Gli zoccoli s’allontanarono, l’abito scomparve dietro una porta; un fruscio, un mastello che s’apriva.
 Sull’impiantito sconnesso risuonò lo zoccolare strascicato, sempre più vicino; riapparve la gonna nera e subito due mani grandi, rugose, color della terra: le dita magre, deformi, stringevano pane e formaggio di pecora. In silenzio lei mi porse quel ben di Dio, in silenzio lo presi, i polsi tremanti, neanche la forza di dire grazie.
 M’allontanai come un ladro col bottino: correvo, correvo nel folto dei castagni, a perdermi, a scomparire. Dietro un cespuglio masticai piano, come in sogno, il pane e il cacio.
 Passò del tempo. La guerra mi risucchiò nel suo gorgo di furore e di morte.
 Quando tutto finì e le piogge spensero il solleone, mi ricordai della donna dalle mani grandi: volevo guardarla in faccia.
 Una sera, all’imbrunire, tornai alla casa dall’uscio aperto. Ma l’uscio era chiuso. Bussai: silenzio. Bussai ancora: mi rispose il singulto d’un gufo dal ramo d’una quercia.
 Poi un uomo calvo sbucò da una siepe:
 “Chi cerchi? Iolanda? Ma come, non sai?”
 “Cosa?”
 “E’ morta. I tedeschi. Fucilata.”
Sulla pietra deposta nel prato della strage, fra i nomi uno: Iolanda Farnesi: lettere e suoni senza volto: soltanto mani, mani grandi ricolme di pane.
Ho incontrato il vecchio partigiano sul colle dell’Orma. Era tornato, sessant’anni dopo, alla casa della donna senza volto. Â
SCHEDA DEL LIBROTitolo: Solleone di guerra
Autore: Paolo Buchignani
Editore: Mauro Pagliai
Collana: Biblioteca del viaggiatore
Prezzo: Euro 14 Â
CONTENUTO
Fascismo e comunismo, guerra e rivoluzione: le speranze, le passioni, la tragedia raccontate da chi le ha vissute. Donne e uomini, gente del popolo e intellettuali: undici personaggi, e ognuno con una sua storia, che hanno marcato un segno cruciale nella vita dell’autore. Compresi quelli incontrati da Paolo Buchignani sui libri e nel corso delle proprie ricerche, quali Marcello Gallian e Berto Ricci. Nel racconto centrale, Nel sole di Budapest, l’autore viene direttamente sulla scena per rievocare utopie e tensioni che hanno attraversato gli anni fra la coda del ’68 e gli albori del terrorismo. Undici capitoli che si può dire costituiscano un “romanzo di formazione”. Buchignani di proposito è ricorso a una tecnica da fiction nella necessità di portare alla luce ciò che resta in ombra nella sua opera di studioso: la collisione della Storia con le esistenze individuali e le ferite tuttora aperte nella carne viva del ventesimo secolo. Â
AUTORE
Paolo Buchignani storico e scrittore, è uno studioso del ‘900 italiano, con particolare riferimento al periodo compreso tra le due guerre. Collaboratore di “Nuova Storia Contemporanea”, ha pubblicato numerosi saggi sulle avanguardie e sul fascismo. Tra i suoi libri: Marcello Gallian. La battaglia antiborghese di un fascista anarchico, Bonacci, 1984; Un fascismo impossibile. L’eresia di Berto Ricci nella cultura del ventennio, Il Mulino, 1994 (Premio Luigi Russo, ’94); Fascisti rossi, Mondadori, 1998 (poi in Oscar Mondadori, 2007); La rivoluzione in camicia nera. Dalle origini al 25 luglio 1943, Mondadori, 2006 (poi in Oscar Mondadori 2007).
Come narratore, segnalato da Romano Bilenchi e Geno Pampaloni, Buchignani ha esordito col libro di racconti L’orma d’Orlando (1992), a cui è seguito il romanzo Santa Maria dei Colli (1996).
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Commento by Gian Gabriele Benedetti — 9 Ottobre 2008 @ 22:26
Questa bella pagina, che si pregia di una scrittura accurata, chiara, non enfatizzata e soprattutto visiva, fonde mirabilmente presente e passato, come se interagissero tra loro, in modo da annullare distanze. Ritorna la terribile realtà della guerra, che contrasta con la bontà e la solidarietà della gente comune. E lo spirito narratore dà di tutto ciò espressione tangibile, in quei pochi tratti propostici, per non dimenticare.
Mi ricorda quanto a me avvenuto in quello stesso terrificante periodo. Avevo fatto un piccolo favore ad una famiglia a noi vicina. E, per ricompensa, mi fu donata una grossa fetta di polenta di neccio senza sale. Non era facile “buttarla giùâ€, ma in quel tempo di nera miseria ed alla mia età (avevo sì e no otto anni) fu per me qualcosa di prezioso. Aiutava a sfamare
Gian Gabriele Benedetti
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 10 Ottobre 2008 @ 00:32
Bello anche questo tuo ricordo, Gian Gabriele.