Racconto: Margherita #7/13
9 Ottobre 2008
di Bartolomeo Di Monaco
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Margherita  #7
Era insolita l’agitazione che percorreva la città . Premeva ad ogni angolo di strada, eppure tutto appariva straordinariamente quieto. Dopo ogni omicidio, ogni cosa tornava avvolta dalla più ordinaria delle quotidianità . Solo la polizia intuiva il fuoco che covava sotto la cenere. Lucca era diventata una palude, come lo era stata in origine, e solo scavando negli animi, anziché indagare nei vicoli, si sarebbe potuta cogliere la violenza dello scontro: che aveva più direzioni, ed era sollecitata da ogni ordine sociale che non si identificasse con lo Stato. Su quegli omicidi nessuno osava emettere un giudizio o una sentenza, e si faceva strada il convincimento che uccidere un uomo od un insetto era la stessa cosa, e non si trovava più chi osasse metterlo in discussione.
        La donna della baracca aveva nome Stella, ed era sposata con uno sbandato che non aveva niente di meglio da fare che commettere i peggiori crimini. Li eseguiva con la facilità che metteva nel tracannare un bicchiere di vino. Stella era una bellezza fresca, prepotente. Jacopo le apparve come una presenza che poteva modificare la sua condizione di donna esclusa, sventurata, e gli corrispose con tutto il vigore dei suoi anni. Si vedevano di nascosto, di notte soprattutto, ma anche l’occasione di quelle riunioni carbonare era colta dai due amanti come un momento di grande eccitazione, di tumultuosa ansietà , al punto che di tutti i discorsi che si facevano attorno a quella tavola, Stella e Jacopo non ne coglievano più il senso. Guardandosi negli occhi, passava per il loro corpo una febbre di tale intensità da frantumare ogni minimo ritegno. Se quei rivoluzionari troppo appassionati avessero smorzato la loro foga e si fossero messi a parlare di cose più frivole, subito si sarebbero accorti di quegli sguardi pieni di ferite, di quel tremore che accompagnava le poche parole dei due, e di quella fretta di concludere, andarsene via, e restare soli.
        Si incontravano nella campagna, e Stella si donava con una passione che era mancata di tale intensità in Margherita, e lo sentiva Jacopo che Stella non aveva sentimenti teneri come l’altra, ma metteva nell’amore la straordinaria violenza dei sensi. Quando stava con lei spariva il mondo, si frantumava la sua mente, si levava un turbinio di fiamme tale che in mezzo a quell’erba a Jacopo pareva di essere precipitato nell’inferno.
        Qualche volta andavano al fiume, scendevano l’argine e si sdraiavano vicino all’acqua. Anche in quei momenti di suggestiva solitudine, Stella aveva poche parole per il suo amante. A Jacopo andava bene così, ma intuiva qualcosa di diverso e sconvolgente in Stella. In quel suo silenzio, in quel modo di essere, in quel suo sfogarsi coi sensi, Jacopo scorgeva i segni di una creatura che doveva essere figlia di un nuovo che stava germinando e del quale solo ora, stando con lei, avvertiva la presenza, un nuovo che nasceva dalla più profonda delle umiliazioni, e quella miseria e quel degrado morale in cui era precipitata la società non avevano solo distrutto ed annientato, ma erano stati capaci di fermentare e generare delle orribili trasformazioni dentro l’uomo. Non è sempre rimarginabile la ferita che colpisce un essere umano, e quando essa è vasta e profonda uccide comunque, e l’uomo che segue a quella ferita non è più lo stesso di prima, ma è un altro uomo, che non ha più le medesime radici, e forse è il frutto di una nuova terrificante Creazione.
        Allora Jacopo che ci stava a fare a questo mondo? Â
        Si era giunti nel pieno dell’estate. Un caldo torrido attanagliava la città . La gente continuava a morire: colera, peste, malaria e altre infezioni meno terrificanti trasferivano anche nell’animo dei più forti rabbia e malinconia. In quelle condizioni, non si era più certi di restare aggrappati alla vita, e spesso si aveva voglia di arrendersi, e lasciarsi andare, e seguire un istinto bestiale che sembrava essere l’unico in grado di appagare qualunque uomo. Jacopo viveva i suoi giorni soltanto per incontrare Stella. Era la sola realtà che avvertiva palpabile, a portata di mano. Stella gli corrispondeva senza parole, scaricando su di lui a quel modo, nel silenzio, la sua voglia di esistere, e quando Jacopo stava con lei, egli scopriva che quella loro nullità desiderata, cercata, in realtà assumeva dentro di loro un grande significato rigeneratore, e sentirsi animale in quelle circostanze era anche riscoprirsi uomo, e forse proprio l’uomo che aveva conosciuto il Dio della Creazione.
        Anche quella volta, Stella si era sdraiata sulla riva e lo attendeva. Jacopo si spogliava sotto la luna. Era una notte afosa, senza un alito di vento. Scorreva il Serchio, silenzioso. Stella stava lì, nuda; lo guardava e non parlava, le braccia raccolte sotto i capelli. Aveva deciso di non tornare a casa, di restare per la prima volta l’intera notte con il suo amante. Era davvero bella, e Jacopo avvertiva che quella donna metteva nel suo donarsi un fragore che poteva consumarlo. Non c’era niente che entrambi desiderassero di più che divenire il nulla. Se lo avessero potuto fare, avrebbero voluto diventare nel loro atto di amore due fili d’erba, e sparire.
        Stella fu la prima che avvertì l’arrivo del marito. Riconobbe i suoi passi prudenti, acquattati. Jacopo capì da lei, anche se non disse una parola. Non si mossero. Ma l’uomo era ora lì, sulle loro teste.
        «Sgualdrina » gridò. La donna fu lesta, si alzò e corse via nuda com’era, sotto quella luna che sembrava moltiplicare la sua seduzione, e il marito le corse dietro, e ancora urlava. Jacopo non si muoveva. Era restato sdraiato a terra, e gli pareva che tutto ciò che accadeva sotto i suoi occhi non dovesse riguardarlo. Era rimasto solo, e si era messo ad osservare la luna, e già correvano i suoi pensieri altrove, svagava, e gli sembrava di camminare in mezzo al cielo stellato, e che un mondo tutto diverso da quello orribile che stava vivendo gli sarebbe appartenuto prima o poi, egli ne aveva diritto, non sapeva perché, ma sentiva che un giorno o l’altro, all’improvviso, egli vi si sarebbe trovato immerso, e non gli importava scoprire se fosse stato solo o in compagnia di altri sconosciuti; lì c’era senza dubbio la felicità , e questo doveva per intanto bastargli.
        Stella cominciò a gridare. L’uomo l’aveva raggiunta e la picchiava. Non erano andati molto lontano. Si vedevano dei pioppi bianchi sopra l’argine, e delle siepi. Lottavano là dietro, e Stella faceva intendere la sua disperazione. Allora Jacopo si alzò. Come preso da una voglia di rivincita, chissà da che cosa e contro chi, prese a correre, e li raggiunse. Vide l’uomo che si era spogliato e giaceva sulla donna disperata. Scorgendolo, gli occhi di lei si spalancarono come assaliti da una nuova vergogna, e si conficcarono in quelli di Jacopo. Jacopo si chinò, raccolse una pietra, e con tutta la sua forza la sbatté più volte sul cranio di lui, che si afflosciò senza nemmeno voltarsi. Stella restò immobile. Non diceva niente. Infine si mosse, si liberò di quel corpo senza vita, e quando si alzò parve  più bella. Fu tra le sue braccia. Stettero così, senza parlarsi, per molto tempo. Poi Jacopo si caricò quel corpo sulle spalle, discese lentamente l’argine, e lo gettò nel fiume. Il tonfo fu il solo rumore che sentirono davvero in quella notte.
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