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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: Io vedo!

1 Gennaio 2010

di Maria Antonietta Pinna

“Coraggio, cominci”.
“Sono sicuro che lei non mi crederà”.
“Perché no?”.
“Semplicemente perché quello che sto per dirle è inverosimile. Quelli come lei non credono a queste cose”.
“Provi”.
“No, no, sarebbe inutile, è meglio che vada”.
“Si rimetta seduto e cominci! Nel mio mestiere ho imparato a non stupirmi di niente”.
“Io qui non ci volevo venire. Loro mi hanno obbligato”.
“Loro chi?”.
“I miei familiari, mia moglie specialmente”.
“Va beh, ormai è qui, tanto vale parlare, no?”.
“Sono sicuro che lei penserà che sono pazzo”.
“Tutti lo siamo, in fondo. Anch’io, per certi versi …”.
“Già, altrimenti non passerebbe il suo tempo a ficcare il naso nella vita degli altri”.
“Su, cominci. Devo confessarle che sono curioso. L’ascolterò con attenzione”.
“Tutto è cominciato durante una cena. Era la vigilia di Natale. Premetto che personalmente odio le feste. Trovo ridicolo vestirsi per l’occasione, sorridere anche quando non se ne ha nessuna voglia, e cose del genere. C’era tutta la famiglia di mia moglie al completo. So che non mi sopportano. Anna mi ha sposato senza la loro approvazione. Un professore fallito, ecco cosa sono. Non sono mai riuscito a passare di ruolo. Mia suocera dice anche che ho un pessimo carattere”.
“Ed è vero?”.
“Certo che è vero! Comunque, torniamo alla cena. C’erano i miei suoceri, Andrea e Stefania, le zie e la sorella di mia moglie, Noemi. C’era anche il marito di mia cognata. È ingegnere. Edoardo, si chiama, un grassone. Guadagna bene. Stefania bacia la terra dove cammina. Pfiui, uno che se lo vedi lo sputi, per quanto è brutto!
Mia suocera ha cucinato l’agnello. A me è toccata la testa. Non la vuole nessuno, specialmente le donne. Anna dice che non riuscirebbe a mangiarla. Le fa impressione. Non capisce una madonna, la parte migliore è.
Edoardo ha sempre mangiato poco davanti ai parenti. Usa per tutto la forchetta, pure per le olive. Deve fare scena, credo. Non l’ho mai sopportato. Mi dà quasi una sensazione di fastidio fisico. Quella sera avevo fame, nonostante l’ingegnere mi desse sui nervi. Decisi di mangiare con le mani. L’ho fatto apposta. Non so esattamente perché. Volevo sprofondare nel trash, nell’abisso dell’estrema disapprovazione di mia suocera. Ho affondato le dita nel cervello. Era buonissimo. Silenzio improvviso, tombale. Stefania mi ha guardato coi suoi grandi occhi celesti…
Non mi sono mai piaciuti gli occhi chiari. Li trovo cattivi, freddi. Quelli di mia suocera poi, sono assolutamente privi di calore umano, di profondità.
Anche le zie, tre scope secche che non le toccheresti neanche con la canna, mi hanno guardato con disgusto. Avevano la stessa espressione di chi, camminando per strada, ha appena calpestato la merda di un cane. Il trippone invece sprizzava gioia da tutti i pori. Mi rideva quasi in faccia.
Anna mi ha dato una gomitata che per poco non mi ha fatto andare il cervello dell’agnello di traverso. Soltanto Andrea mi ha degnato di uno sguardo di simpatia.
La conversazione riprende. Le solite cazzate! Le tre zie si lamentano del carovita. Figuriamoci! Quelle non mangiano per non cagare. E quel rotolo di coppa di Edoardo? Oh lui giura di seguire una dieta ferrea, e ride. Che cazzo c’avrà da ridere! Andrea si è fatto la dentiera nuova. Noemi va ogni mese dal parrucchiere. Anna invece, la tintura se la fa a casa. Ma chi se ne frega! Mi concentro sulla testa d’agnello. La divido in tre parti, attacco dalla mascella. Prendo la lingua con le mani e chiedo dell’acqua a Stefania. Lo faccio con la bocca piena. Voglio che si schifi. Anna diventa rossa come un peperone. Mi piace di più quando è imbarazzata. Ricordo che ero contento. Era la seconda volta che Stefania mi guardava. Avevo fatto il bis”.
“Il bis? Che vuol dire?”.
“Che avevo raggiunto il mio scopo”.
“E qual era il suo scopo?”.
“Mia suocera, l’arpia, mi aveva guardato dritto nelle palle degli occhi, per ben due volte! Mica una, due! Capisce? Due! Evviva! Non l’aveva mai fatto in trent’anni”.
“Ah!”.
“Bene. L’arpia mi da l’acqua con un grugno da far paura. Ancora più brutta del solito era! Ah, ah! Scusi, da ridere mi viene”.
“Non si preoccupi, rida, rida pure”.
“Finisco di mangiare la lingua e attacco la zona attorno all’occhio, sempre con le mani, ovvio. E l’osso me lo rosicchio per bene. Mi lecco pure le dita, come fanno i bambini piccoli. Quelli smettono di nuovo di parlare. Capisce?”.
“Si”.
“Smettono di dire quelle megagalattiche troiate, per guardare me qui presente! Che bello! Non stavo più nella pelle! Il gioco mi piaceva. Perfino l’ingegner mastro Trippa ha smesso di ridere. Credo che Anna, poverina, abbia farfugliato qualcosa del tipo non si sente tanto bene, scusatelo. Così, dopo un po’, la conversazione è ripresa. Io però volevo farmi notare, volevo toccare il fondo. Con le mani sporche di grasso ho preso il bicchiere del vino. L’ho portato alla bocca e avido, ho bevuto, cercando di fare il massimo rumore possibile. Silenzio tombale. Stefania, ferma con la forchetta a mezz’aria mi ha guardato di nuovo, occhi negli occhi! E tre! Non mi sono mai divertito tanto in vita mia! Ho cominciato a belare. Non so perché l’ho fatto. M’è venuto spontaneo. Ho detto una buona parola a tutti. Alle zie che sono tre befane, brutte come la fame o qualcosa del genere, non mi ricordo bene. A Edoardo che è una chiavica d’uomo e che, se non avesse avuto tutti quei soldi, non l’avrebbe cagato nessuno, a Stefania che mi ha rotto i …”.
“Sì, immagino, immagino”.
“Neanche io capivo cosa mi stava succedendo. Comunque, Anna mi ha mandato qui perché dice che da quel giorno non sono più io, che sono strano. Secondo me è colpa dell’occhio”.
“Quale occhio, scusi?”.
“Quello dell’agnello, no? Le ho detto che a quella stramaledetta cena ho mangiato una testa d’agnello?”.
“Si, certo, me l’ha detto”.
“Allora, arrivo all’occhio. M’era rimasto solo quello. Lo lascio sempre per ultimo perché è la parte migliore, secondo me. Polposo, grasso al punto giusto, con un po’ di sale sopra poi …”.
“Sì, allora?”.
“Eh, allora. L’ho staccato dall’orbita e me lo sono messo in bocca. L’ho masticato lentamente. Inutile dire che ormai, dopo la scenetta del vino, mi guardavano tutti. Mai sentito tanto silenzio. Stavo bene, ero vivo sotto gli sguardi di quelle pupille, fisse su di me. Specialmente quelle di Stefania, eh, eh, fredde come il ghiaccio erano. Non poteva fare a meno di fissarmi, sembrava ipnotizzata. Ero il primo attore, quella sera. Dominavo la scena. Ad un certo punto, mentre con voluttà affondavo i denti nell’occhio …”.
“Sì?”.
“È successo qualcosa di inspiegabile. Qualcuno, non so chi, deve aver rovesciato un bicchiere pieno di vino. La tovaglia si è presto inzuppata. Per qualche minuto mi si è annebbiata la vista. Una mano mi afferra la testa, senza troppi complimenti, la tira all’indietro, con forza. Non riesco ad oppormi, mi sento debole, indifeso. Cerco disperatamente di muovermi, ma sono bloccato. Mani e piedi legati. Poi un flash, gli occhi di Stefania, chiari, freddi. Non potevo vedere che quelli. Il colore assurdo di quegli occhi, penetrante come una lama, affonda lento nel mio collo. Quello non è vino, sangue è! Sgorga dal collo ed io sono un agnello. Sono la bestia che ho mangiato, vedo col suo occhio, provo la sua agonia. Grido ma niente. Un gorgoglìo che è un belato, mi fuoriesce dalla strozza. L’hanno sentito tutti. La nebbia si è poi dissolta. E ho visto!”.
“Cosa ha visto?”.
“Quando mi sono ripreso non avevo niente sul collo. Stavano ancora tutti lì, compresa Stefania. Anna si è scusata con tutti e mi ha trascinato via. La macchina l’ha guidata lei fino a casa, io non avrei potuto …”.
“Forse ha bevuto troppo vino”.
“No, non ero ubriaco e quello che è successo dopo lo dimostra”.
“Che è successo?”.
“Ho consigliato a mia suocera di non guidare la macchina”.
“Perché?”.
“Perché sapevo che le sarebbe successo qualcosa di orribile”.
“Come faceva a saperlo?”.
“Io l’ho visto. Stefania non mi ha creduto. Ha avuto un brutto incidente. Hanno dovuto asportarle un occhio. Capisce?”.
“Cosa devo capire?”.
“Io lo sapevo prima! Ho un dono!”.
“Ma no, è un caso, non deve sentirsi in colpa”.
“Io in colpa? Guardi che lei non ha capito! Sono finalmente felice! Io, uno che lavora si è no quattro mesi in un anno, senza prospettive, senza soldi, senza raccomandazioni, senza amici, senza un cazzo, io, intellettuale fallito, ho un potere. Mia moglie non lo capisce! Dice che sto male! Che non sono più io, che vaneggio, che son tutte cazzate. Ma io ora so”.
“Cosa sa?”.
“Tutto. Io vedo. Ogni mattina mi sveglio, apro la finestra e grido ci sono anch’io! Si, dottore, sono vivo, sono in linea col mondo. Nessuno mi potrà più fermare. Lo sa che tengo lezioni all’università su quello che mi è successo? Sono stato invitato anche ad un convegno. Alcuni studiosi di parapsicologia mi hanno già contattato. Un famoso giornalista vuole perfino scrivere un libro su di me!”.
“Io non credo che …”.
“All’inizio anch’io pensavo ad una semplice coincidenza, poi ho capito”.
“Come?”.
“Con questo”.
“Cos’è?”.
“L’articolo di un giornale. È del 27 dicembre. Legga, dottore, legga”.
“L’ingegner Edoardo Di Fraia è stato trovato cadavere nella sua villa in campagna. Legata mani e piedi, la vittima è stata sgozzata come un agnello… Impressionante davvero”.
“Capisce adesso?.
“No”.
“Allora è tonto! Anche questo ho visto quella sera a cena! Sono l’uomo più felice della terra. Da quando ho mangiato quell’occhio, io vedo”.
“Vuol dire che ha visto come è morto suo cognato?”.
“Sì”.
“Prima?”.
“Sì, prima”.
“E sa anche chi l’ha ucciso?”.
“Sì”.
“E chi?”.
“La sua idiozia l’ha ucciso! Io l’avevo avvertito! Ma lui mi ha riso in faccia!”.
“Ah”.
“Sì, l’ho detto che rideva troppo! Non mi ha creduto! Peggio per lui!”.
“Uhm, certo il suo è un caso complicato”.
“Lei non mi crede”.
“Le prescrivo delle gocce”.
“Cosa?”.
“La faranno stare più tranquillo”.
“Se la prenda lei, quella merda”.
“Non faccia così, cerchi di collaborare”.
“Lei vuole scherzare?”.
“No, voglio soltanto aiutarla. Ne prenda trenta gocce la mattina e trenta la sera”.
“Lo sapevo che non mi avrebbe creduto”.
“Ma io le credo”.
“Davvero?”.
“Sì. Sono convinto che lei è in buona fede, soltanto che la mente a volte …”.
“La mia mente non ha niente che non va! Perché si rifiuta di capire?”.
“Io la capisco”.
“No, lei è come mia moglie. Prima non contavo niente! Adesso che ho dimostrato di esserci anch’io in questo zozzo mondo, vi preoccupate, pensate che sono pazzo, che mi devo curare …”.
“Cerchi di calmarsi”.
“Sono calmo”.
“Ci vediamo domani, sempre alla stessa ora”.
“Non credo”.
“Perché, non verrà?”.
“Io? Lei piuttosto!”.
“Io cosa?”.
“Lei non viene. Questo è poco ma sicuro”.
“Ma cosa dice!”.
“Io vedo!”.
“Cosa vede?”.
“Non glielo dico, così impara! Certo, mi dispiace per lei, così giovane”.
“Le dispiace?”.
“Addio”.
“Perché addio?”.
“Eh, chissà!”.
“La smetta!”.
“Smettere cosa? Ho detto soltanto che domani lei non verrà”.
“Perché?”.
“Non glielo dico, tanto lei non mi crede”.
“Me lo dica!”.
“No, perché dovrei?”.
“Così, sono curioso”.
“Pazienza!”.
“Beh, me lo può dire, magari mi convinco che ha ragione”.
“No, no. Se mi crede bene, se no, au revoir”.
“Va bene, le credo. Dica”.
“Eh no! Troppo bello così. Prima mi prende per il culo poi …”.
“Senta, sto cominciando a perdere la pazienza. Sono il suo psicanalista o no?”.
“Mbe’?”.
“Deve avere fiducia in me”.
“Eh, fiducia, sembra facile. Lei non mi crede, glielo leggo negli occhi. I suoi studi le impediscono di credere. Però, c’è un angolo remoto della sua mente che si domanda, e se fosse vero? La verità è che lei ha paura!”.
“Paura? E di che cosa?”.
“Di morire, ovvio! Oppure che le succeda qualcosa”.
“Andiamo!”.
“Eh, sì, lei mi insegna, caro dottore che l’istinto di conservazione è molto forte nell’uomo. Chissà perché poi! In fondo la vita è come la scala di un pollaio, corta e piena di mer…”.
“Allora me lo dice?”.
“No, Però rifletta. Se glielo dico, magari si salva”.
“Salvarmi da cosa?”.
“Chissà! Potrei forse evitarle un incidente … Lei lo sa che non ho alcuna malattia organica?”.
“Certo, lo so”.
“Lo sa che se non dicessi di avere un dono, nessuno potrebbe dire che non sono normale”.
“Certo!”.
“Lo sa che non sono pericoloso, che non ho mai fatto male a nessuno in tutta la mia vita, tranne forse a me stesso?”.
“Sì, sua moglie me l’ha detto”.
“Lo sa che non ho mai sbagliato le mie previsioni?”.
“Sua moglie dice che è un caso”.
“Può darsi di sì e può darsi di no! Chi lo sa? Anna vuol farmi interdire, non è così?”.
“Io non lo so”.
“Non menta! Lo capisco dalla direzione del suo sguardo! Qualche trucchetto lo conosco pure io”.
“E va bene. Sì, vuole farla interdire”.
“Ha bisogno della dichiarazione di un medico per poterlo fare”.
“Sì”.
“Ha bisogno che uno strizzacervelli le dica che sono completamente sbroccato”.
“Sì, più o meno”.
“Vuole ancora sapere perché domani lei non verrà?”.
“Sì, mi piacerebbe”.
“Scriva allora che sono assolutamente sano di mente e perfettamente capace di intendere e di volere”.
“Ma”.
“Niente ma”.
“Non sono ancora arrivato ad una diagnosi precisa”.
“Hanno rilevato anomalie nel mio elettroencefalogramma?”.
“No. Il suo tracciato è perfetto”.
“E allora?”.
“Non ha una lesione organica ma …”.
“Ma cosa? Va beh, ho capito, arrivederci”.
“No, aspetti, me lo dica”.
“Scriva”.
“Va bene, scrivo, scrivo”.
“Ha scritto?”.
“Sì”.
“Ha firmato?”.
“Sì”.
“Bene. Ah, ah”.
“Perché ride?”.
“Così. Grazie del certificato”.
“Sì, prego. Allora?”.
“Le ho detto prima che mi dispiace per lei?”.
“Sì”.
“Così giovane”.
“Che vuol dire?”.
“Eh, che vuol dire. Così giovane, e già rincoglionito! Domani lei non verrà perché è domenica e la domenica lo studio rimane chiuso. Io vedo!”.


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115 Comments

  1. Commento by Bianca Stefania Fedi — 8 Gennaio 2010 @ 23:39

    C’è qualcuno che sa chi ha ucciso Edgar Allan Poe e perché scrivesse quei racconti, cavando pure l’occhio ai gatti?*)

  2. Commento by Maria Antonietta Pinna — 9 Gennaio 2010 @ 00:01

    Non si scaldi, che le fa male, alla sua età…
    L’unico orrore in questa rivista è dato dalla sua ostinazione tipica dei bambini piccoli che non sopportano di essere contradetti, e dall’ottusa tracotanza che la sta contraddistinguendo in questa sede.
    Provi a masticare un po’ di buon senso, una volta tanto, che non le farebbe male e scosti un pò di ragnatele dalla sua mente dogmatica. Magari riesce a cavare un ragno dal buco.
    La sua mania ossessiva per accenti, virgole e compagnia bella, sfiora il patologico. Sta in piena fase anale ritentiva.
    Se non sa cosa vuol dire  consulti il  vocabolario.
    Guardi, personalmente non mi fa neanche pena. Io sono molto tollerante verso chi non la pensa come me. Non mi ispira infatti alcun sentimento. Niente di niente. Anzi le auguro un felice serata come l’augurerei al primo anonimo passante, per strada.

  3. Commento by Maria Antonietta Pinna — 9 Gennaio 2010 @ 00:04

    Eh, eh! Con che foga mi augura di fare la fine di Edoardo. Gira gira tra me e lei quella più buona sono proprio io. Certe volte la vita riserva delle sorprese.
    Io invece le auguro di vivere fino a 350 anni. E guardi che non è un bell’augurio, soprattutto per gli altri, poveretti, noioso com’è, pensi che pizza!

  4. Commento by Maria Antonietta Pinna — 9 Gennaio 2010 @ 00:12

    Ah, dimenticavo di dirle che certe volte, siccome sono sarda, sbaglio pure le doppppieeee e non per distrazione.  Infatti su “contradetto” ho avuto dei dubbi, ma ho controllato subito il vocabolario per non darle un dispiacere, s’intende…

     

  5. Commento by Maria Antonietta Pinna — 9 Gennaio 2010 @ 00:15

    Bart, mi dispiace, non è colpa mia…

  6. Commento by Maria Antonietta Pinna — 9 Gennaio 2010 @ 02:06

    “E questo è tutto, salvo un ultima nota. Questo libro non è precisamente come l’ho scritto. C’erano un paio di scene sexy, molto pepate, sulle quali avevo sudato parecchio, ed erano molto stimolanti, specie per l’autore. Queste scene sono sparite. Paula le ha strappate dal dattiloscritto senza una parola e, dall’espressione  gelida dei suoi occhi verdi, ho capito che era inutile discutere. Ha anche cercato di farmi mostrare il libro a Morland, prima di darlo a un editore perché, a sentir lei, c’era una quantità di grammatica storta e parole bislacche, e Morland avrebbe potuto correggerlo. Correggerlo! Questo sì che mi fece ridere. Ci voleva poco a capire che cosa avrebbe “corretto” quello. Così m’impuntai e le spiegai che un vero artista non permette mai agli estranei di metter le mani nel suo lavoro.
    “Sarà una merda”, le dissi, ma l’ho fatta io”.
    Parole di Rennie Airth, Un bambino difficile da rapire, Garzanti, I edizione 1970, p. 242.

  7. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Gennaio 2010 @ 09:51

    Ora assisto con un certo divertimento. Siete due vespe che si pungono. Tuttavia, la questione potrebbe essere chiusa, ormai vi siete detti tutto. Vediamo chi è il primo a non replicare e a non pretendere di dire sempre l’ultima. Sarà il più saggio.

  8. Commento by Carlo Capone — 9 Gennaio 2010 @ 12:06

    A volte dai grandi odi nascono amori. Speruma bein (dialetto novarese) :-)

    @ jacqueline magi

    gentile jaquelin, che io ne sappia l’editor interviene sulla sostanza dello scritto, vale a dire sulla trama, la caratterizzazione di un personaggio, l’eventuale finale, il taglio di parti superflue, il consiglio di aggiungerne alcune qualora siano ritenute indispensabili all’economia letteraria del testo ( naturalmente sto parlando di romanzi) . Con questo non intendo dire che lo faccia sempre, diciamo che a volte lo fa se valuta il   lavoro intersseante  ma bisognoso di questo tipo di correzioni/variazioni. Così mi hanno insegnato Alberto Rollo, edtor storico di Feltrinelli, Antonio Franchini, tra i maggiori editor di Mondadori e a mio giudizio   uno dei più interessanti autori italiani di fine 900, Piero Gelli, editor di Baldini e Castoldi , Benedetta Centovalli, nei primi 2000 responsabile editoriale di Rizzoli, ed altri.

    Mi sembra di ricordare che    i problemi    ortografici    riguardino la correzione   bozze, la cui prima è affrontata dalla casa editrice ( e non necessariamente da un editor)  e la successiva dall’autore. Anche se, per il suo libro ‘Acqua , sudore e ghiaccio’ (Marsilio, 1998),  Antonio Franchini ci   rivelò che aveva bloccato la pubblicazione e chiesto una terza bozza per sostituire  due aggettivi. Il che nturalmente non è correzione ortografica.

    Saluti

    Carlo Capone

  9. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 9 Gennaio 2010 @ 15:47

    Riguardo alla salute, pensi alla sua: non vorrei che la pressione, scaldandosi e arrovellandosi alla sua maniera, si alzasse troppo e le schizzasse dal cervello.

    Detto questo, potrei rispondere punto per punto ai suoi ultimi farneticanti discorsi, ma non lo faccio per i seguenti motivi:

    ! ° ) non intendo più perdere tempo con una persona come lei. Stia pur comoda nel suo bunker dorato di presunzione, di arroganza e di logorrea;

    2 °) accetto volentieri il consiglio saggio di Bartolomeo: chi ha più “sale in zucca” lo adoperi (in quanto ad atteggiamenti infantili, sarebbe bene facesse un profondo esame di coscienza ed in quanto alle ragnatele, chissà dove le ha lei!);

    3 °) essendo sabato, la vigilia del giorno sacrosanto del riposo, voglio godermi la santa e sana quiete di quel giorno, ricordando i versi del grande Dante: “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.

    Un solo piccolo appunto: “po’ “, abbreviazione di poco, vuole l’apostrofo, non l’accento. Studi, studi e impari!

    Adesso, per davvero, punto e basta. Mi sono stufato! Ogni cosa che d’ora in poi scriverà a commento, eviterò di leggerla. Quindi, se continuerà a scrivere, sappia che lo fa per se stessa: a me non arriva più.

    Gian Gabriele Benedetti

     

     

  10. Commento by Maria Antonietta Pinna — 9 Gennaio 2010 @ 17:14

    La considero soltanto un vecchio rimbambito, tanto per essere gentili, quindi non replico neanche alle sue cazzate. Non si rende conto di quanto sono ridicole ed idiote le sue repliche? Sa dove se lo deve mettere il suo appunto sul po’? Provi a indovinare…

  11. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Gennaio 2010 @ 17:22

    Un po’ pesantuccio, Maria Antonietta. Comunque, sono sicuro che Gian Gabriele non replicherà, come ha promesso, e la questione finisce qui. Altrimenti dovrò procedere alla chiusura dei commenti su questo post.

    In futuro, spero che una conoscenza migliore tra di voi, eliminerà questa ruggine.

    Vi prego: non rispondetemi. Chiudiamo con questo auspicio.

  12. Commento by Maria Antonietta Pinna — 9 Gennaio 2010 @ 17:28

    E’ vero che dai dissensi possono nascere grandi amori, ma io non sono gerontologa.

  13. Commento by Carlo Capone — 9 Gennaio 2010 @ 19:56

    No, Maria Antonietta,      così non va, a mio sentire.
    Passo e chiudo

    Carlo Capone

  14. Commento by Maria Antonietta Pinna — 9 Gennaio 2010 @ 21:14

    Perché non va? Soltanto perché uno è vecchio ti sembra che possa permettersi qualunque cosa?

  15. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Gennaio 2010 @ 23:01

    Chiudo i commenti al post.

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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart