Napolitano e D’Alema, un’alleanza possibile1 Gennaio 2010 Il discorso di fine anno rivolto agli italiani da Giorgio Napolitano ha toccato molti temi e, a mio avviso, è stato di alto profilo. Due passi mi hanno colpito in modo particolare. Il primo dà una risposta e una smentita autorevoli alle falsità e all’ondata di pessimismo che l’opposizione ha tentato di diffondere nel Paese circa l’inattività e il fallimento delle politiche economiche messe in atto dal governo per combattere la profonda crisi che sta attanagliando il mondo intero. Riconosce il capo dello Stato, e lo dichiara a tutti gli italiani, a qualunque schieramento politico appartengano, che “a un anno di distanza, possiamo dire che un grande sforzo è stato compiuto e che risultati importanti sono stati raggiunti a livello mondiale”. Sono verità che già i dati di fonte internazionale, per quanto riguarda il nostro Paese, avevano fornito nelle settimane scorse e dei quali l’opposizione faceva finta di nulla. Anzi, le cassandre recitavano e proclamavano lo stesso disfattismo con una monotonia asfissiante e denigratoria, incattivite sempre più dall’antiberlusconismo e dai successi del governo. Ora la verità è stata dichiarata dal capo dello Stato e sarà interessante vedere, non oggi che il discorso è ancora caldo, ma più avanti, quando si spererà che gli italiani lo abbiano dimenticato, se qualcuno tornerà a seminare pessimismo e disperazione. Se è vero che persiste il drammatico problema della disoccupazione, soprattutto giovanile, è altrettanto vero che l’Italia risulta tra le Nazioni che più efficacemente si sono impegnate a combatterla. L’altro passo riguarda le riforme istituzionali. Dice Napolitano che “non sono seconde alle riforme economiche e sociali e non possono essere bloccate da un clima di sospetto tra le forze politiche e da opposte pregiudiziali”. Con ciò risponde, mi pare, assai esplicitamente ai soliti oppositori del cambiamento, i quali, quando sentono parlare di riforme istituzionali, sostengono che prima bisogna attuare quelle di natura economica e sociale, senza riuscire a capire che interessarsi alle une non significa affatto far attendere le altre. Un governo deve saper procedere in entrambe le direzioni, e Napolitano ha confermato con le sue parole che questa deve essere la rotta. La stessa intrapresa da questo governo. Inoltre, Napolitano afferma che esse non possono essere bloccate da una ragnatela di sospetti. E siccome i sospetti sono tutti dalla parte dell’opposizione tesa a evitare riforme che possano in qualche modo interessare positivamente anche Berlusconi, giudicandolo uno straniero anziché un italiano come gli altri, il rimprovero aveva ed ha un ben preciso destinatario. Napolitano, dunque, non solo è contro l’antiberlusconismo che ha avuto una traduzione tragica nell’attentato del  13 dicembre, ma ha lasciato intendere che l’apertura offerta l’altro giorno da Massimo D’Alema è stata politicamente importante, finalizzata com’è a svelenire un clima da muro contro muro, che non porterebbe da nessuna parte. Nel video dell’altro giorno (qui), Marco Travaglio se l’è presa con l’apertura di D’Alema, dichiarando che egli è un consumato inciucista, e ha percorso le tappe della sua carriera politica, spargendo su di lui molto fango. Evidentemente Travaglio non sa che la politica è l’arte della mediazione, e nella politica avviene ciò che accade anche nella vita pratica, in cui, nel corso di una trattativa, le parti sanno che, per raggiungere l’intesa, ciascuna dovrà cedere qualcosa all’altra. Da una trattativa, infatti, tutte le parti devono uscire soddisfatte. Travaglio, in sostanza, insieme con Il Fatto Quotidiano, sta perseguitando malevolmente tutti coloro che praticano una politica che tanto essi quanto Di Pietro non condividono. Se appare che egli li combatta politicamente, in realtà lascia invece su di loro una bava calunniosa, tesa a generare diffidenza e sospetti. Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano e Antonio Di Pietro sono le voci più corrosive e allucinate della società civile, le quali, camuffando la verità e piegandola ai propri interessi immobilistici, fanno un po’ come le comari impiccione e pettegole, che di tutti dicono peste e corna, fuorché di se stesse. Articoli correlatiIl discorso di Napolitano. Qui. Qui. Letto 2292 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by Ambra Biagioni — 1 Gennaio 2010 @ 10:07
Buon Anno Bart !
Come al solito io sono più critica di te e avrei voluto che quelle belle affermazioni fossero suonate chiare e vigorose quanto quelle che ha rivolto alla Lega, senza nominarla naturalmente, ma facendolo chiaramente capire nel passo sull’immigrazione.
Considerato che questo è il momento di scavalcare il Rubicone della prima e seconda Repubblica, avrei voluto più coraggio.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 1 Gennaio 2010 @ 10:15
Buon Anno anche a te, Ambra, e a tutti i lettori.
Accontentiamoci per ora di questi piccoli movimenti, che erano impensabili appena pochi mesi fa. Poi vedremo che cosa ne nascerà .
Commento by Luciano Baroni — 1 Gennaio 2010 @ 11:07
Commento buono, nella speranza che la prospettiva si realizzi.
Certo che Ambra ha ragione quando dice che se devi passare il Rubicone, il Dado lo devi tirare, ma “il coniglio del PCI” ( così era soprannominato ) non ha mai avuto “gli ardiri della gioventù” necessari, pensa oggi…
Buon Anno a voi e famiglie.
Luchy.
Commento by Ambra Biagioni — 1 Gennaio 2010 @ 11:15
Bart, Luciano è un amico e mi sono permessa di invitarlo a partecipare al tuo blog per avere una voce in più, di quelle che hanno idee chiare e di lunga esperienza.
Commento by Ambra Biagioni — 1 Gennaio 2010 @ 11:16
Bart, Luciano è un amico e mi sono permessa di invitarlo a partecipare al tuo blog per avere una voce in più, di quelle che hanno idee chiare e di lunga esperienza.
Benvenuto Luciano.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 1 Gennaio 2010 @ 11:17
Grazie, Ambra, e benvenuto a te, Luciano.
Commento by Luciano Baroni — 1 Gennaio 2010 @ 11:36
Grazie.
Rinnovo gli auguri.
Commento by giuliomozzi — 1 Gennaio 2010 @ 17:21
Bart, giustamente dici: “La politica è l’arte della mediazione”.
Ma subito sotto aggiungi: “Da una trattativa, infatti, tutte le parti devono uscire soddisfatte”.
Sette anni di lavoro in Confartigianato hanno insegnato a me l’esatto contrario: da una trattativa, tutte le parti devono uscire insoddisfatte.
Se una parte è soddisfatta, è perché ha ottenuto tutto ciò che voleva. Ovvero, non c’è stata nessuna mediazione.
Â
Commento by Ambra Biagioni — 1 Gennaio 2010 @ 17:38
Io credo che sia solo la questione del bicchiere : chi lo vede mezzo pieno e chi mezzo vuoto.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 1 Gennaio 2010 @ 19:09
Ciao, Giulio.
Ha ragione, Ambra; è la vecchia storia del bicchiere. Chi è ottimista lo vede mezzo pieno, chi è pessimista lo vede mezzo vuoto.
Ho avuto una lunga esperienza di trattative sindacali, che vanno ben oltre i tuoi sette anni. Ci vorrebbe qui la testimonianza di lavoratori lucchesi degli anni 1966 – 1988 nelle banche: Cassa di Risparmio di Lucca e Banca del Monte di Lucca per raccontarti il ruolo di rilievo che vi ho ricoperto.
Tutte le trattative partono dal presupposto che le piattaforme presentate alle controparti non possono essere soddisfatte al 100%. Non c’è delegazione sindacale che si presenti con il convincimento che il risultato sarà completo.
Le trattative si chiudono quando le parti ritengono che le proprie rinunce  sono tutto sommato accettabili, e quindi firmano ritenendosi soddisfatte.
I buoni contratti sono quelli che lasciano le parti soddisfatte e non quelli che le lasciano insoddisfatte.
L’insoddisfazione, quella cioè che delude, si ha solo nel caso che la parte insoddisfatta sia stata sconfitta.
I  contratti che lasciano le parti insoddisfatte non sono buoni, poiché destinati a far permanere nell’azienda un clima di tensione.
Lo sanno i sindacati e lo sanno molto bene anche le aziende. Â
Una mediazione (per sua stessa natura)  è tale da lasciare le parti soddisfatte,  perfino nel caso che tale soddisfazione sia vicino al limite dell’insoddisfazione.
L’insoddisfazione denuncia non una mediazione, bensì una sconfitta.
Commento by Luciano Baroni — 1 Gennaio 2010 @ 20:54
Concordo con l’analisi di Bartolomeo : se c’è insoddisfazione da una parte o da tutte e due, è quando invece della mediazione, si costruisce un compromesso ed alla lunga, i compromessi fanno scoppiare contraddizioni.
Si vede in politica, ma in misura maggiore nel mondo del Lavoro.
Buona serata.
p.s. Io sono stato circa 30 anni, Dirigente della Fim-Ciasl.
Commento by Ambra Biagioni — 2 Gennaio 2010 @ 10:40
Articolo correlato dal Legno.
Nicolò Vergata è un anziano avvocato che abita a Caorle e ha ricoperto  incarichi importanti nella Pubblica Amministrazione.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 2 Gennaio 2010 @ 11:21
Lo avevo letto, Ambra, ma non lo condivido del tutto.
Commento by Ambra Biagioni — 2 Gennaio 2010 @ 11:38
Non sempre è da condividere Nicolò, ma è indubbio che un po’ di pepe lo versi.
Dovresti provare a dialogarci e, forse, ne trarresti almeno un po’ d’effervescenza, ma non certamente acquiescenza. Tuttavia ne scaturerebbero idee.
Commento by Ambra Biagioni — 2 Gennaio 2010 @ 11:40
Bellina la vignetta di Giannelli dal Corsera
Â
Commento by Luciano Baroni — 2 Gennaio 2010 @ 13:30
Beh, non mi è dispiaciuto, anche se ha fatto la scelta di parlarne solamente male.
D’altra parte, l’ha scritto all’inizio che l’avrebbe fatto.
Nel merito : è vero ciò che imputa a Napolitano e forse gli hanno chiesto un articolo del genere, dalla redazione.
Ma io avrei messo anche un apprezzamento per il fatto che tutto il passaggio per le Riforme, è chiaramente più rivolto all’opposizione che al Governo.
E poi, sullo stato dell’Economia e su quanto giustamente Nicolò richiama di merito a Tremonti, io avrei ricordato che il Sole 24ore l’ha eletto “uomo dell’anno” : e con Riotta, comunista di sempre sino all’estremismo del Manifesto, non mi pare cosa di poco conto, anche nel ricordarlo al PdiR.
Saluti.
Commento by Ambra Biagioni — 2 Gennaio 2010 @ 17:48
E’ vero Luciano, da un pezzo Cavallotti fa notare come queste alte Carichhe dello Stato travalichino  con troppa facilità i limiti attribuitigli dalla Costituzione.
Se, infatti, guardiamo bene, le parole di Napolitano sono state né più né meno che il dettato dei programmi a cui il Governo e il Parlamento dovranno attenersi per l’annata futura. C’è mancato solo che ne dettasse anche l’agenda.
Ma vi pare possibile che per varare un provedimento importante prima ci si debba consultare con il Presidente della Repèubblica ?
Cerchiamo di aprire gli occhi e di vedere a quale andazzo ci stiamo abituando.