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LETTERATURA: La gara della mortadella

20 Gennaio 2010

di Enzo Ferrari  

In fondo alla via c’è una trattoria, dove impiegati e operai vanno a mangiare specialmente nella pausa di mezzogiorno.

Da qualche settimana si sente dire che la trattoria sta per chiudere. Una decina di giorni fa i titolari hanno organizzato una gara tra chi riusciva a mangiare più uova sode. Ha vinto un signore che non conosco. Ne ha trangugiato ben 22, o giù di lì.   Ci ha bevuto sopra una bottiglia di vino. Vogliono già organizzare una gara a chi mangia più mortadella senza pane.  

La mortadella è gigantesca, quasi cinque metri di lunghezza, mezzo metro di diametro.

Per scaricarla dal camion ci sono voluti due uomini. Rigorosamente con i pistacchi. Scelta all’unanimità per il suo maggior sapore rispetto al tipo senza.

Passata la porta della trattoria, il grande insaccato lo trovi piazzato su un tavolo di marmo al centro della sala principale, guardato a vista dai titolari. L’enorme mortadella è circondata da quattro fiaschi di vino, simili a preziosi candelabri.

Un avviso, scritto a mano, con i termini di partecipazione alla gara è appeso sulla porta. Il bando parla chiaro, niente pane, focaccia o grissini. Vince solo chi riesce a mangiarne di più senza pane. E’ ammesso solo il vino, bandita l’acqua o altro liquido analcolico. Molti gli operai della fabbrica che hanno deciso di partecipare. Alcuni vengono anche da fuori.  

I preparativi in cucina sono iniziati già dal mattino. L’avvio della sfida è previsto per le otto di sera. Alle sei sono già arrivati quasi tutti gli sfidanti. Sotto le luci al neon, le loro facce, avvolte in nuvole di fumo, parlano di vita e di nostalgia, raccontano molte storie diverse. Si spazia dalla politica allo sport alle femmine. L’atmosfera è d’allegria. Fioccano pacche sulle spalle.

La fragranza di mortadella mette appetito. Le consumazioni a base di vino ed aperitivi non mancano.

I discorsi dilagano. Ecco comunisti e democristiani divisi in parti diseguali. Tifosi di calcio impegnati a dettare contrastate formazioni per le partite domenicali. Irriferibili i discorsi sulle donne, per la nota regola che tra uomini si segue il codice non scritto dell’esagerazione su tale argomento.

L’oste armato di coltello affilato si appresta a tagliare delle grandi fette, aiutato da alcuni giovani. Pronti i piatti con la mortadella. Ogni concorrente ha a disposizione una bottiglia di vino, offerto dalla trattoria.

Si comincia per davvero. Il titolare dà il via alle otto in punto. Un tovagliolo come bandiera a scacchi: l’ha visto fare nelle corse di automobili. La battaglia è da subito molto accesa. I concorrenti, circa una dozzina, si abbuffano ingordi e gaudenti. Si sprecano i pronostici e gli incoraggiamenti. Qualcuno scommette un intero fiasco di vino sul vincitore.

Dopo un’ora rimangono in due, con le facce unte e rubizze, per il vino e il caldo della stanza. Ci sono più pochi piatti a disposizione.

I due si guardano in faccia seri e silenziosi. Si studiano a vicenda. Nessuno dei due osa prendere l’iniziativa di afferrare un’altra fetta di mortadella. Non si sa chi per primo inizi: una risata scoppia improvvisa e fragorosa. All’unisono tutti ridono. Si levano in alto i bicchieri per festeggiare. Nessuno ha vinto. Tutti hanno vinto. La festa è riuscita. La festa continua. Tutti assieme a tavola, concorrenti, ospiti, tifosi.

A tavola l’oste serve ogni bendiddio, pasta al sugo di coniglio e di pesce, salsiccia con le patate, pesci fritti, formaggi, dolci, frittelle.    

Vino in caraffa bianco e rosso, a volontà. Risate, battute, scherzi volano per aria già satura del fumo di sigari e sigarette.

Bisogna sapersi fermare al punto giusto per godere sul serio dei giochi.

 

La trattoria ha definitivamente chiuso. Dopo i tornei delle uova e della mortadella non ci sono state   più altre gare. Gli operai non ci andavano più a mangiare.

Al posto della trattoria hanno aperto un supermercato. Mortadella e uova li trovi al banco frigo del reparto salumeria o sugli scaffali dei prodotti alimentari.


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2 Comments

  1. Commento by Carlo Capone — 20 Gennaio 2010 @ 13:41

    Racconto fresco, frizzante.    Mi ha ricordato La grande abbuffata, di Marco Ferreri, ma qui la gara è un inno alla gioia. Nel film il trangugiare cibo  prefigura  l’angoscia del vivere che ha come fine   la morte.

  2. Commento by ENZO FERRARI — 21 Gennaio 2010 @ 12:55

    Al giorno d’oggi è sempre più difficile trovare scene così:
    1) nei bar e nelle trattorie ci sono solo uomini e donne infervorate davanti a macchinette mangia soldi
    2) mortadella e salumi in genere, alzano il colestorolo.
    Buon divertimento a tutti.

    Grazie per il bel paragone.
    Enzo Ferrari

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