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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LEGGENDE: La Torre delle Ore

16 Novembre 2008

di Bartolomeo Di Monaco
[Per le altre sue letture scorrere qui. Il suo blog qui.]  

Labruccio Cerlotti ricevette nel 1391 dalla Repubblica lucchese l’incarico di costruire per il Palazzo Pubblico un orologio meccanico. Questo orologio finì nel 1471 su una delle torri superstiti della città, quella che era chiamata la Torre della Lite, per via delle numerose dispute incorse tra famiglie rivali per contendersela. La Repubblica, infine, nel 1490, l’acquistò dalla famiglia Diversi, ed oggi svetta sulla città con il nome di Torre delle Ore. L’orologio restò fermo per molti anni nell’ultimo scorcio del Novecento, ma i Lucchesi vollero restaurarlo ed oggi è pienamente funzionante, e al visitatore che sosti dentro le mura della città giungono solenni e suggestivi i suoi rintocchi.
Sia che si provenga da via Fillungo, la strada più famosa della città, su cui la torre si affaccia, sia che si provenga da chiasso Barletti, la sua mole e la sua grazia ci colpiscono e sollecitano la nostra fantasia.
Suggerisco al visitatore, però, di presentarsi davanti a lei provenendo da chiasso Barletti, giacché la stretta strada (chiasso significa vicolo stretto e breve) lo immerge in quel clima medievale necessario non solo per prepararsi alla vista della Torre, ma per percorrere l’intera via Fillungo, costeggiata da antichi palazzi ancora superbi e magnifici.
Nel percorrere chiasso Barletti non si dimentichi di volgere il capo all’insù per ammirare i tetti che quasi si toccano. Paiono divertirsi a nasconderci il cielo. Ce ne mostrano, tuttavia, appena appena, quasi a creare un magico scenario, quel poco che riesce a filtrare e calarsi nella penombra del vicolo, dove ancora si aprono vecchie botteghe a T, esempi di un antico rigoglio commerciale che tuttora permane.
Chiasso Barletti ha una sua nobiltà che non declina, mantenutasi intatta nei millenni, da quando, cioè, Cesare, Pompeo e Crasso vi tennero, proprio qui, nel 56 a.c., un “famoso convegno al quale parteciparono duecento senatori e personaggi di notevole importanza militare e politica.” (Guglielmo Lera: “Lucca, città da scoprire”, Maria Pacini Fazzi Editore, 1975). Il breve tratto resterà memorabile nei ricordi del turista, e memorabile resterà la Torre delle Ore che gli compare maestosa appena messo piede in via Fillungo. Se la ritrova quasi davanti, un po’ spostata sulla sinistra, con la sua base composta di solide e compatte pietre secolari.
È una delle poche torri rimaste e visibili, dopo che il pisano Uguccione della Faggiola, posto l’assedio alla città il 14 giugno 1314, vi entrò e per tre giorni mise a ferro e a fuoco Lucca, distruggendo chiese, palazzi e mozzando le torri per impedire la vista dei Lucchesi sulla pianura.
Quando la si osserva, non si dimentichi che anche qui ha preso dimora una leggenda. Si dice che lassù, nella cella delle campane, qualche volta è Labruccio Cerlotti, l’orologiaio, a suonare le ore. La Torre è tanto mai alta che non lo si può scorgere, tanto più che, si racconta, egli compare nelle ore della notte, quando la città è immersa nell’oscurità e nel più assoluto silenzio. Chi avverte nel sonno il rintocco si accorge, però, che non è uguale agli altri rintocchi, come se una mano sapiente e amorosa li accompagnasse.
Sono stati fatti numerosi appostamenti, proprio di notte, con improvvise luci che si sono accese dai tetti e dalle altane per illuminare a giorno la cella campanaria; qualcuno sostiene di aver visto un’ombra fuggire, dopo che aveva tentato di ripararsi gli occhi dalla luce accecante e di nascondersi; qualche altro di non aver udito che un forte rumore, quasi uno stridente sibilo di vento.
Ma i Lucchesi, sia vera o meno la leggenda, non possono negare che certe notti quei particolari rintocchi addolciscono il sonno e dànno quella leggera smemoratezza che li aiuta ad affrontare la vita quotidiana senza i ritmi frenetici e stressanti che rendono infelici i cittadini di tante altre città del mondo.


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6 Comments

  1. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 16 Novembre 2008 @ 15:57

    Traspare anche in questa pagina tutta la tua profonda, ben documentata conoscenza della città di Lucca e della sua storia. Soprattutto emerge il tuo amore per le meraviglie racchiuse nell’ “arborato cerchio” e non solo. Interessante ed anche coinvolgente la leggenda della Torre delle Ore. Come straordinaria e appassionante è quella di Lucida Mansi. A proposito di quest’ultima leggenda, è apparso un articolo su “La Nazione”, secondo cui uno studioso avrebbe trovato un documento che testimonierebbe l’invenzione di detta leggenda da parte dei nemici di Lucca, per mettere in cattiva luce la città stessa. Cosa ne pensi, Bartolomeo?
    Gian Gabriele

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 16 Novembre 2008 @ 21:46

    Non ho letto il giornale, perché non ne leggo più da moltissimo tempo. Se mi dai la data della pubblicazione provo a cercare l’articolo da mio fratello.

    La leggenda di un uomo o di una donna che hanno venduto l’anima al diavolo per ottenerne dei vantaggi è vecchia quasi quanto il mondo. Le leggende non si sa mai come nascono. Lucida era una donna bella, e apparteneva a una famiglia in vista. Invidie, gelosie, maldicenze sono spesso alla base di chiacchiericci, che poi, se il personaggio è importante, finiscono per ampliarsi (come dice il Manzoni per la voce popolare), e diventano anche leggenda.

    Nel mio libro “Lucchesia bella e misteriosa”, che ha raccolto storie e leggende che avevo via via pubblicato, e riprese in 18 puntate qualche anno fa da La Nazione, ci sono alcune storie frutto della mia fantasia, suggestionata da quei luoghi o da quei monumenti che mancavano di una leggenda.

    Oggi mi accade di sentirmi raccontare una leggenda che ho creato io! Naturalmente taccio, quando mi è possibile. Quando non ci sarò più resterà la leggenda (come è successo per le altre leggende che esistono) e si perderà il nome del suo autore.

    La promessa di arricchire Lucca di leggende la feci al Prof. Lera, che tu hai conosciuto. Lui sorrise, compiaciuto dell’idea.

    Grazie di nuovo, Gian Gabriele.

  3. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 16 Novembre 2008 @ 22:16

    Non so darti la data precisa in cui è uscita quella notizia su “La Nazione”, ma l’ho letta quasi sicuramente nella settimana appena passata. Non si trova nei numeri di giovedì, venerdì e sabato, perché quei numeri sono ancora in mio possesso. Puoi vedere nei numeri precedenti (domenica, lunedì, martedì o mercoledì).
    Ti saluto affettuosamente
    Gian Gabriele

  4. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 16 Novembre 2008 @ 22:20

    Grazie. Comunque né Arrigo Benedetti, né Mario Tobino, né Manlio Fulvio, che si sono occupati di Lucida, fanno menzione di ciò.

  5. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 17 Novembre 2008 @ 13:07

    Ho letto, Gian Gabriele, l’articolo firmato su La Nazione di martedì 11 novembre dal Prof. Romano Silva, serio studioso delle cose di Lucca.
    Ritengo, tuttavia, che il mistero non sia stato risolto, poiché la storia fa ricordare il noto detto se è nato prima l’uovo o prima la gallina.
    Il libro pubblicato da Happel nel 1687 (Lucida era morta all’età di 43 anni nel 1649 di peste) potrebbe essere stato scritto sulla base della leggenda che cominciava a correre per la città, a distanza di circa 40 anni dalla morte della donna. Ossia l’operazione potrebbe anche essere rovesciata.
    La nascita di una leggenda è sempre misteriosa. Lo è ancora di più allorché sono trascorsi parecchi anni e addirittura vari secoli.

  6. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 17 Novembre 2008 @ 13:55

    Grazie per queste tue precisazioni. Rimane sempre e comunque intatto il fascino della leggenda
    Gian Gabriele

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