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LETTERATURA: MUSICA: I MAESTRI: ERASMO: L’Umanista fra i Musici

17 Novembre 2012

di Giorgio Vigolo
[da: “La FieraLetteraria” di giovedì 5 gennaio 1967]

Il quinto centenario di Erasmo Desiderio da Rotterdam, nato nel 1467, ricor ­rerà nel prossimo anno. E in un bilancio dei sempre fiorenti studi erasmiani, vi è qualche voce attiva anche nel riguardo dei rapporti di Erasmo con la musica. Ne dobbiamo essere grati ad uno dei più eruditi erasmisti della nostra epoca, Jean-Claude Margolin, professore all’Istituto di Studi Rinascimentali di Tours. Alle altre sue pubblicazioni dedicate a Erasmo da Rotterdam – fra cui una assai pregevole tra ­duzione dell’Elogio della Fol ­lia â— aggiunge ora, nella col ­lezione « De Petrarque à Descartes », diretta a Parigi da Pierre Mesnard, uno studio di grande interesse e di non comune erudizione, sia umani ­stica sia musicologica, con particolare connessione alla musica polifonica fiamminga e francese del secolo XVI, che si intitola Erasme et la Musique: un giro d’orizzonte come non si potrebbe desiderare più approfondito, una vera mi ­niera di notizie e di partico ­lari curiosi.

Chi si aspettasse, peraltro, un’ovvia esaltazione, delle qualità musicali di Erasmo, della sua passione per la musi ­ca, resterebbe deluso. La sin ­golarità della ricerca del Mar ­golin è, al contrario, di essere rigorosamente condotta quasi di controgioco e sul discri ­mine, anzi, di una certa radi ­cale avversione erasmiana, di una sua vera e propria pole ­mica contro la musica esterio ­re e profana, contro il rumo ­roso orpello polifonico, contro il fragore organistico e tutte le altre composizioni clamoro ­se e teatrali da cui sentiva profanata e contaminata la pu ­rezza liturgica. Tuttavia que ­sto atteggiamento sarebbe an ­cora di un plateale e rozzo moralismo, se dietro di esso non si scoprisse una segreta e quasi raffinata predilezione di Erasmo per i valori più intimi e spirituali di una mu ­sica eletta.

I motivi della severità anti ­musicale in difesa del costu ­me sono di origine platonica, sebbene Erasmo li rivolga specificamente contro la poli ­fonia del suo tempo e le can ­zoni di sfrenato erotismo che vi venivano usate nelle com ­posizioni sacre. Del tutto di ­verso anche in questo da Lu ­tero, il quale raccoglieva can ­zoni di strada, di bettola, di soldati e fu autore di ben ses ­santa corali, che sono spesso dei piccoli capolavori d’arte popolare e religiosa. Nella vo ­cazione musicale di Lutero c’è già del romanticismo con i germi della musica romanti ­ca. Il Margolin cita un suo te ­sto poco noto, dove Lutero parla con rapimento dell’arte dei suoni, chiamandola Frau Musika con espressioni di esal ­tazione tutta moderna, con accento veramente romantico, quasi beethoveniano. Erasmo resta invece un classico e sem ­bra già quasi temere e antive ­dere nella musica del suo se ­colo i pericoli e gli eccessi del Romanticismo. I due grandi antagonisti della Riforma so ­no agli antipodi anche nel lo ­ro atteggiamento verso la musica, quasi con una opposi ­zione di dionisiaco e di apol ­lineo. Parrebbe infatti che il grande umanista degli Adagi sia orientato verso una conce ­zione, sia pure cristianizzata, della musica apollinea che nel ­la pura pronunzia, nella luci ­da intelligenza del testo, ren ­de trasparente la mente allo splendore della divinità. Il suo Apollo è Cristo citarèdo, Christus cytharèdus et ipse, « Cri ­sto citarèdo egli stesso », come David, il salmista, già lo ave ­va prefigurato.

La musica che Erasmo in ­vece condanna, la chiama « dionysiaca », legata alle con ­torsioni del corpo e alle elucu ­brazioni di una immaginazio ­ne dissoluta. Anche i musici che la compongono sono da lui chiamati « dionysiaci »; e nei suoi Adagi ricorda il mo ­do di Plauto: Musice vivere, che non si ha mica da inten ­dere: «Vivere musicalmente », come ad ogni esteta del seco ­lo XIX, sarebbe assai piaciu ­to di scrivere nel suo motto, Musice vivere in Plauto si ­gnifica invece, in senso molto spregiativo: « Vivere nel mo ­do turpe, nel costume volut ­tuario dei musicanti »; e corrisponde al proverbio greco Auletù bìon zès: « Vivi come un flautista ».

Codeste accezioni peggiora ­tive e negative di termini mu ­sicali trovano, del resto, il lo ­ro equivalente iconografico nel trittico di Hieronymus Bosch che, non per nulla, si intitola, « Inferno Musicale ». Fra le varie torture che vi so ­no rappresentate da strumen ­ti musicali, si nota il partico ­lare di alcuni dannati che leg ­gono una partitura, squader ­nata sulle natiche di un altro reprobo, che servono da leg ­gìo.

L’invettiva erasmiana, che è spesso anche satira vera e pro ­pria, tocca forse la sua acme in quelle « Istituzioni del ma ­trimonio cristiano » che dedi ­cò nel1525 aCaterina d’Aragona, andata sposa a Enrico VIII; dove Erasmo se la pren ­de soprattutto con le più scol ­lacciate e anche sconce can ­zonette che, per mezzo della stampa, andavano più facil ­mente per le mani delle ragazze. «A soggetti pestiferi », egli scrive « vengono applicate pa ­role di una tale oscenità, con così spudorate metafore e dop ­pi sensi, che la svergognatez ­za in persona non potrebbe esprimersi in modo più sver ­gognato. Se le leggi non dor ­missero, gli autori dovrebbero essere frustati e dati in mano al carnefice, perché li facesse cantare, sotto i ferri, delle lu ­gubri nenie invece delle loro canzoni oscene. Il guaio peg ­giore si è che noi abbiamo in ­trodotto questo bel genere di musica nelle chiese, con i loro ballerini e le loro feste orgiastiche. Io non voglio certo escludere la musica delle fun ­zioni religiose, ma pretendo delle armonie che siano alla loro altezza. Invece ai nostri giorni, sulle parole sacre ven ­gono adattate le musiche più infami; e che bell’effetto si ot ­tiene? Lo stesso che se si aggiungessero a Catone gli orna ­menti di Taide ». Jean-Claude Margolin traduce nel suo ele ­gante francese: « Et l’effet n’est plus beau que si l’on ajoutait à Caton les atours de Thaïs ».

Ma, a questa evocazione, non può tenersi dal commen ­tare: « L’allusione a Catone, simbolo della austerità, e alla celebre cortigiana ha qualche cosa di piccante per noi, se si pensa alla Méditation della Thaïs di Massenet che veniva spesso eseguita, per violino e arpa, durante l’Elevazione, ne ­gli anni del primo Novecento, esempio tra i più deplorati della scandalosa invasione di musica profana dentro le chiese ».

Quanto a noi non possiamo tenerci invece dall’osservare che sotto il severo moralismo erasmiano fa qui capolino il satirico autore dell’Elogio del ­la Follia. Poichéfra le singo ­lari ambivalenze del tempe ­ramento di Erasmo c’è anche questa, di essere stato l’auto ­re di uno dei più audaci e spregiudicati libelli del suo tempo; il più audace forse. E quell’immagine di Catone agghindato con le fogge di Tai ­de, non è forse una presa per il bavero bella e buona di Ca ­tone, non è una rivincita di sarcasmo represso, che può aprire uno spiraglio sulla psi ­cologia di Erasmo e sul suo amore-odio per la musica? E’ quello che cercheremo di chia ­rire. A un rapido excursus sulla psicologia di Erasmo ci aiuta il bel saggio del Margo ­lin, accennando con molta cau ­tela, del resto, alle ipotesi che spiegherebbero le reazioni dell’umanista nei riguardi del ­la musica con un trauma del ­la infanzia. Questo trauma po ­trebbe avere avuto gravi ri ­percussioni sulla sua personalità ipersensibile e « seconda ­ria ». A questo proposito oc ­corre essere informati che, all’età di circa sette anni e cioè verso il 1476, Erasmo fu man ­dato dai suoi parenti a Utrecht ed entrò nel coro della catte ­drale di San Martino che era diretto niente di meno che dal celebre Jacob Obrecht, do ­ve apprese i primi rudimenti della musica e del solfeggio. Singolare episodio, questo, dell’incontro fortuito del più grande musicista olandese del Quattrocento, che aveva allora quarantacinque anni, con que ­gli che doveva divenire il più grande umanista olande ­se del Rinascimento, e che era allora un timido ragazzino, gracile come un scrìcciolo. Strappato dal calore del suo focolare, per cominciare fino da allora la sua vita vagabon ­da, si rannicchiava infreddoli ­to accanto ai suoi compagni coristi, sui banchi della gran ­de cattedrale gelida e oscura, nella debole luce colorata del ­le vetrate oblunghe.

A queste condizioni psicolo ­giche, già così poco favorevo ­li allo svilupparsi di un tem ­peramento musicale, si ag ­giungeva nel piccolo Erasmo una difficoltà di ordine fisio ­logico. Si sa infatti per sicure testimonianze che il piccolo cantore aveva una voce picco ­la piccola, di un registro particolarmente acuto: vox tenuissima, la chiama il suo biogra ­fo Beatus Rhenanus e con lui altri biografi, i quali hanno parlato secondo la loro fanta ­sia ora della graziosa voce di soprano di Erasmo, ora di un magro filo di voce poco adat ­to al canto. Benvenuto Cellini l’avrebbe forse chiamato « un vocino di ragliatelo ». Certo è che più tardi, anche da adulto, Erasmo dovette conservare una voce di testa, gracilina an ­zi che no, « une voix de tíªte assez fluette », che doveva sor ­prendere sulle prime e non mancò di attirargli ironie e sarcasmi. Anche in questo era l’opposto di Lutero che aveva invece una voce forte, sonora, tonante e amava unir ­la ai cori virilmente canori, quella voce di cui fu detto: « Quando Lutero parla, ne echeggia la casa, ne tremala Chiesa, ne sussulta il mondo ». Lutero scoppia di salute, fa ri ­sate rimbombanti, beve pinte di birra forte del Wurttemberg. Erasmo invece parla sommesso, sorride con argu ­zia sottile, sorseggia qualche dito di buon vino di Borgogna si avvolge intirizzito nelle sue pellicce. Il suo filo di voce può essere l’indice psichico di una introversione.

Ed ecco, da questi elementi, prendere le mosse la supposi ­zione, ampiamente sviluppata d’altronde dallo studioso inglese Albert Hyma nel suo libro The Youth of Erasmus, dove prospetta appunto l’ipo ­tesi di una sorta di complesso di inferiorità in cui il ragaz ­zo si sarebbe sentito, vicino ai suoi compagni di coro; l’idea insomma di uno scacco inizia ­le del fanciullo Erasmo. Que ­sto scacco avrebbe probabil ­mente strozzato sul nascere lo svilupparsi di una squisita sensibilità musicale; e noi ag ­giungeremo che può avere de ­viato verso l’armonioso, poli ­fonico periodare dell’eloquen ­za umanistica quella origina ­ria vocazione per la musica, che altrimenti avrebbe potuto fare di Erasmo un grande polifonista emulo di Ockegem o di Josquin de Prés (che a sua volta fu chiamato il « Virgi ­lio della Musica »).

 

Nonostante questi fatti, la musica continua ad essere sempre nobilmente presente nella vita di Erasmo. Egli mantiene stretti rapporti di amicizia con uomini insigni del suo tempo che erano anche musicisti, da Tomaso Moro che teneva concerti stru ­mentali nella sua casa di Londra, di cui Erasmo era spesso ospite, a Bonifacio Amerbach, notevole clavicembalista, all’organista Hans Kotten, al ce ­lebre Agricola, a Reuchlin, a Glareano, al riformatore fran ­cese Lefèvre d’Etaples e, in ­fine, al portoghese Damien de Goes, musico di talento e compositore, dotato di bellissi ­ma voce, che fu per alcuni me ­si ospite del vecchio Erasmo nella sua casa di Fribourg-en-Brisgau. Non è possibile pen ­sare che la sua compagnia e il suo colloquio potessero essere tanto cercati e coltivati da tutti questi musicisti, spesso raffinatissimi, se avessero avu ­to a che fare con un Erasmo di rozzo orecchio e angusta ­mente polemico contro la sua musica contemporanea. Biso ­gna invece credere, a un suo fine gusto di ascoltarli, di gra ­dirne le composizioni, di lo ­darle anche, quando fosse il caso, dato per di più che ave ­va ottima conoscenza della teo ­ria musicale, come dimostra nel suo celebre dialogo sulla pronuncia del greco e del la ­tino e nelle sue acute consi ­derazioni sui problemi delle lunghe e delle brevi, sull’ac ­cento e sulla intonazione. « La parola è già musica », egli so ­stiene, « la frase parlata è già una frase cantata per l’altezza relativa dei suoi lunghi e brevi ». Le ripercussioni di questo suo dialogo sono state incalcolabili sulla musica del parlato in Europa.

Ma una prova ancora più specifica di questo gusto di Erasmo per la musica del suo tempo è data in maniera in ­dubitabile dalla sua ammira ­zione per il grande polifonista Ockegem. In occasione del ­la sua morte compose un epi ­taffio, cioè un compianto fu ­nebre Johanni Okego musico summo epitaphium, che fu musicato con un mottetto a quattro voci da un Johannes Lupi e che fa parte di una raccolta musicale di mottetti, stampata ad Anversa nel 1547. Il testo poetico di Erasmo dimostra un particolare impe ­gno anche nella scelta del pre ­zioso e raro ritmo elegiambico che lo stesso Orazio ha usato una volta sola nell’undi ­cesimo dei suoi Epòdi. Il bre ­ve carme del grande umani ­sta è ispirato alla più alta ammirazione per il grande polifonista, come si può rilevare dai suoi primi versi che qui cercheremo di tradurre: « Or dunque si è taciuta / quella voce ieri insigne, / la voce d’oro di Ockegem? / Così della musica / si è spento l’onore? / Dillo tu, Apollo, / dillo con la tua lira, / il triste compianto. / E tu anche, Calliope, / in lutto con le sorelle / spar ­gi lagrime pie. / Piangete voi tutti che rapisce / la dol ­ce passione della musica ».

Quanto, infine, al Johannes Lupi che musicò a quattro vo ­ci i versi di Erasmo, il dottissimo Jean-Claude Margolin crede, fra i molti musici di questo nome, non potersi trat ­tare del Johannes Lupi di Cambrai, opponendovisi ragioni di cronologia, ma piuttosto del ­l’altro Johannes Lupi, organi ­sta a Nivelles nel 1502, che si recò in Italia nel 1513, attira ­tovi dalla corte di Leone X e preceduto di una solida repu ­tazione di musico della scuola franco-fiamminga. Egli avreb ­be potuto, alla morte di Ocke ­gem, essere in età di compor ­re il mottetto sui versi di Era ­smo. Ma niente si può afferma ­re più di questo.

Per quanto si è venuto dicen ­do, è difficile dunque pensare possibile la consuetudine con tanti insigni musicisti, non ­ché la composizione dell’epi ­taffio per Ockegem da parte di un Erasmo antimusicale. Si può invece proporre l’interpretazione di una sua squisita sensibilità, la quale sdegnas ­se in genere ogni esteriorità del suono e particolarmente la inflazione del rumore che già da allora cominciava ad infie ­rire. Il sentimento della inte ­riorità musicale si era affinato nella sua giovinezza per l’in ­segnamento dei riformatori olandesi della Congregazione di Windesheim, propugnatori di quel movimento che si chia ­mò allora della « devozione moderna ». Erasmo recava dentro di sé come ostia in ci ­borio l’ideale claustrale di una musica silenziosa, in cui can ­tasse però l’amor muto della creatura per il creatore. Per questo verso egli è ancora le ­gato alle musiche del Medioe ­vo, al tallone aureo del suono, in epoche anteriori alle armi da fuoco, in cui la voce di un araldo o lo squillo di un orical ­co era quanto di acusticamen ­te più alto l’orecchio percepis ­se nel silenzio delle città. Ma, per un altro verso, Erasmo precorre con la sua critica del suono esteriore e del pesante mantello polifonico, istanze fu ­ture della musica, anche di quella del Novecento che, do ­po le grandi orge operistiche e orchestrali, ripudierà anch’es ­sa il rumore e la esibizione fonica, cercherà la « liberazio ­ne dal rumore ». Erasmo intenzionava ogni sua preferen ­za verso i modi metafisici o interiori di una musica ascoltabile solo con l’orecchio del ­lo spirito e quasi al di là del suono corporeo.
C’è il caso che nel più vivo dell’attuale problematica della musica nelle crisi del nostro secolo, qualche cosa della istanza erasmiana torni ad ac ­quistare il suo valore e a tro ­vare comprensione.


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