LETTERATURA: PITTURA: Gli stupendi gatti di Mauro Cristofani
14 Ottobre 2021
di Bartolomeo Di Monaco
Chi ha la fortuna di possedere uno dei quadri di Mauro Cristofani in cui è ritratto un gatto, sappia che possiede un tesoro. Lo esponga sulla parete più in vista della propria dimora, affinché i visitatori possano goderne e lui stesso bearsi di esserne il proprietario.
Gatti come questi non se ne vedono in giro. Per dipingerli ci vuole l’Arte con la A maiuscola, e una padronanza dei colori che faccia a gara con quelli della Natura. Mauro fa addirittura qualcosa di più. Li riformula e li mescola creando un nuovo che stupisce.
Io che lo conosco posso dire che i suoi gatti sono, nelle molteplici sfaccettature e posture, Mauro stesso, curioso, infingardo, graffiante, mellifluo, impaziente, carezzevole, timido, irascibile, astuto, briccone e birichino.
Ciò che è nei quadri è anche nella sua scrittura, sempre multiforme e raffinata.
Questo libro dedicato ai gatti, con sfavillanti racconti che li riguardano, non poteva che venire alla luce, prima o poi. La scrittura li arrotonda, e fa parlare la loro anima.
“Gattin gattando… storie di animali e di umani bizzarri” è diviso in due parti. La prima è dedicata ai racconti sui gatti e la seconda al mondo fantasioso e favolistico di Cristofani, in cui sembra di raccogliere nel palmo della nostra mano la sua natura di fanciullo che trova nella sbrigliatezza della fantasia il suo romitorio di consolazione e di pace.
Il libro è in vendita su Amazon.it in edizione cartacea e in edizione digitale.
Qui di seguito sono riprodotte le prefazioni che aprono la prima e la seconda parte della raccolta. (bdm)
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LE METAMORFOSI FELINE SIMBOLISTE NEI RACCONTI DI MAURO CRISTOFANI
di Stefano Maleci
Da sempre, forse, e soprattutto a partire dalla novellistica antica di un Esopo o di un Fedro – senza voler sconfinare in quella extraeuropea del Pancatantra o della tradizione africana – fino a quella sette-ottocentesca che occupa ormai una posizione stabile nella nostra letteratura per l’infanzia, gli animali sono stati mascherati da umani e gli uomini hanno loro prestato sentimenti, vizi e virtù da realizzare o stigmatizzare: questo ne ha fatti personaggi fissi di una commedia, di una scena della vita in cui essi, contro ogni verosimiglianza, si muovono in comunione ed in armonia con i caratteri e gli spiriti nostri propri. Altri autori, a noi più prossimi nel tempo, hanno invece sottolineato una “autonomiaâ€, un “essere altro†degli animali, collocandoli in un universo contiguo, spesso intersecato col nostro, ma pur sempre “diversoâ€, affascinante per il suo mistero e la sua ambiguità , e tutto da indagare, giorno dopo giorno, in un costante e silenzioso dialogo intimo: un nome fra tanti, ma indubbiamente significativo, potrebbe essere quello della francese Colette.
A metà strada fra il protagonista della favola (proverbialmente astuto, agile e sornione, esigente, egoista e vanitoso) e la splendida belva, compagna discreta ma dal profondo interiore, della letteratura e dell’arte primo Novecento, sta il “gatto†– che oserei dire “metamorfosi felina simbolista†– di Mauro Cristofani, uno scrittore e pittore la cui preziosità di uno Jugendstil immaginifico si unisce alla sensibilità , talora lievemente decadentistica e morbosa, per lo scavo psicologico.
L’autore pare instaurare un gioco sottile nei suoi racconti, che consiste nel portare il lettore a chiedersi: fin dove giunge l’â€animalità †di questi gatti e dove comincia il loro cosmo “superumano†o “transumanoâ€, una sfera dalle labili comunanze con le persone, uno stadio di primigenia purezza sensitiva e sensuale? Ovviamente la domanda è destinata a rimanere senza risposta, sotto la continua metamorfosi, o meglio metempsicosi, di questi felini che filosofeggiano di amore e di sogni, che ambiscono a “sentirsi in perfetta sintonia con la natura e le cose†come saggi bonzi, ma che pur sono capaci di feroci vendette da Erinni bestiali.
Il gusto di esplorare le ragioni più recondite del comportamento di questi mici tutt’altro che domestici, il seguirne puntigliosamente le movenze e gli scatti umorosi, il tradurne la banale apparenza in gestualità dalla quasi spiritica evanescenza, fa di queste storie dei quadri sospesi fra il miniaturismo di un Klimt e la visionarietà di un Redon. Niente di meno ingenuo, dunque, della favola, sia nel contenuto che nello stile, dove la meticolosa aggettivazione ha proprio il sapore di un accostamento di tessere laminate o di tarsie complicate, anzi di cromatiche embricature alla Moreau.
Anche qui, come nei precedenti Racconti fantastici, lo scrittore dipinge eloquentemente ed il pittore parla visivamente: entrambi generano un lussureggiante mondo che sfugge alla razionalità ma che ben si coglie con l’affinamento dei sensi; la gustosità di tali brani, del resto, consiste quasi esclusivamente in una prova di continua sollecitazione sensoriale attraverso l’esperienza dell’immaginifico e del fantastico. Quasi sembra di poter avvertire, a compimento dei racconti, quell’ironico e ammaliante sorriso del gatto del Cheshire (ricordate Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll?) che ci invita a sognare e a far del sogno una nuova realtà .
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LE DIMENSIONI DEL MERAVIGLIOSO
di Lorenzo Passetti
Mauro Cristofani ha partecipato con successo alla vita di non poche stagioni artistiche, ottenendo apprezzamenti significativi in varie mostre e manifestazioni. Ama anche scrivere ed ha vinto un primo premio al Concorso Nazionale di Letteratura e Poesia 2008. Ha scritto Egidio Innocenti: “…i racconti di Mauro Cristofani, come già la sua pittura, aprono alla dimensione del meraviglioso. Prendono per mano il lettore per trasportarlo in uno scenario fantastico dove si realizzano i sogni e i desideri nascosti in una comunione intima della natura… Non c’è differenza sostanziale tra Cristofani pittore e Cristofani narratore… Le sue opere hanno il gusto smaliziato del divertimento e rivelano lo svolgimento di una morale positivaâ€. Ed è vero. Ho letto tutto d’un fiato questi suoi nuovi racconti e, pur lontano dal pensarlo, mi sono catapultato nel mondo dell’irreale. Mentre li leggevo, la mia matita sottolineava nomi e parole impensabili, evidenziava situazioni incredibili, riempiva di note il margine delle pagine. Mi sono perso così nel giardino di Solidago, ho trepidato per le vicissitudini di Toniello e del suo piccione, mi sono perso in straordinari luoghi marini con Nadir e Adior, ho partecipato con la fantasia alle avventure del giovane Sà fer e mi sono emozionato alla sorte di Desolina.
Il modo di scrivere è scorrevole, pulito, piacevole, adatto per lettori d’ogni età , tanto da far meritare a Cristofani la facoltà di far parte del vasto gruppo dei migliori novellieri italiani. E non guasta l’armonia e l’incisività della narrazione, neppure il largo uso di termini sconosciuti. Che cosa sono mai questi uri cornuti, gli ippodraghi azzurri, i pallidi acefali, i papastrati adunchi, gli stamberghi filiformi e i primaciti, e, tra la vegetazione, gli screziati danei, le escalzie, i porfidi gentili o i dà lfini che riempiono intere aiole? Che singolarità è mai il colore genista dei capelli di Uomar e che bibita è mai questo alpacar che “schiude a visioni affascinanti e improbabiliâ€. E l’alissa è davvero un tipo di barca? E i cachinni? E nel mare i dricefali guizzanti? E il Solaster che, su comando del Dio Tritone provoca uno sconquasso acquatico talmente forte da travolgere la ignara navicella? In un testo narrativo colmo di significati moraleggianti, come ben si conviene nelle favole, meraviglia un po’ questa abbondanza di vocaboli inusitati tanto da far venire in mente, come dire, un ermetismo della parola, pensato e voluto per magnificare ancora di più la già esaltata fantasia. La meraviglia cresce ancor più quando ci accorgiamo che, la maggior parte dei vocaboli, è frutto di pura invenzione, per magnificare un mondo inesistente e incantato.
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