LETTERATURA: Quadretti a spirale (2)
27 Febbraio 2009
di Nicola Dal Falco
16 marzo 1995; mancano tre giorni alla festa di Minerva.
Insomma, in un tempo luminoso e lontanissimo, tra cielo e terra c’era armonia. Poi, uno dei due vasi comunicanti si svuotò e la civiltà venne ancorata alla terra, accettò il ciclo di morti e rinascite, visitò il sottosuolo e ne scolpì il ventre, progettando pozzi, vie cave, ipogei, cunicoli, sempre mirando al cielo.
Quando sopraggiunse la decadenza il percorso sotterraneo fu bloccato: l’anima invece di salire restò sommersa, alle prese con le forze oscure. Il tesoro sepolto venne scambiato per l’oro da fondere in monete sonanti.
Roma, fine febbraio 1995
L’aria profuma come un’oasi a sera. Per strada: due occhi tiepidi, tristi, probabilmente miopi su un paio di gambe da funambolo.
Parigi 15/17 – VI – 1994
Un mare di teste sale lungo i muri, annerendo incroci e scale del metrò; camminare richiede doti marinaresche. La folla è vasta e ignota come l’oceano.
La fortuna dei bistrot nasce dalla necessità dell’approdo; una cala riparata o un golfo protetto da moli robusti.
E anche per questo sapore salino, chi si distrae un attimo dai traffici prova quella fitta dolceamara, quella malinconia solenne dei marinai sbarcati.
Seminascosta dagli alberi, la cappella espiatoria si affaccia su un boulevard. Venne costruita ai tempi della restaurazione, nel punto dove erano stati sepolti i corpi decapitati di Luigi XVI e Maria Antonietta. Ventuno anni dopo la ghigliottina, il goffo santuario cerca di lavare l’onta di un popolo.
Un po’ di quella vergogna ristagna nell’ombra verde-blu del giardino. Senza guide esperte, la storia semina equivoci.
In treno.
Un grosso cane marrone sta piantato con il naso per terra, legato a chissà quale sotterraneo lezzo. Un velo di polvere gli copre il naso.
L’Africa si può evocare solo attraverso delle cose (anche l’arte di quel continente resta così vicina alla cose grazie alla sua grande astrattezza). Ho scelto il tipo di cose più essenziali: una pietra antidiluviana e un’altra che profuma. Tutte e due, in fondo, non sono delle pietre.
18 – XII – 1993
Ho sognato il mio oroscopo.
«Tu sei vespa, rectangulo e bambino » – mi diceva una donna, mai vista. Era seduta a un tavolo con altre persone. Le spalle appesantivano il seno; puntava tutto il suo peso sui gomiti.
Aveva dei grandi occhi scuri, appuntiti e quella età in cui la stanchezza decora il viso in permanenza. Un viso ancora impudico e materno.
La collera è l’ultima possibilità prima della disperazione.
25 maggio 1993
Ho comprato delle ciliegie a Marie, le prime di fine maggio. Quando le addenti schioccano; la polpa rosseggia sotto la pelle liscia.
Sangue fuori e sangue dentro, solo un po’ più chiaro. L’asma mi scuote, viene e se ne va, a colpi di battente, tondi, tesi, rosso ciliegia.
L’altra notte, l’ultima senza luna, il cielo verso le diciannove e trenta si è messo a danzare. Sopra il terrazzo passano nuvole bianche, lunghe e sottili come veli, capricciose, molto più rapide del solito.
Si gonfiano e distendono con inquietante grazia: fantasmi in lunghe vesti. Guardandole, una musica lontana e indecifrabile si istalla nell’orecchio.
5 – XI – 1993
Sulla grande piazza, nera di teste, volano basse le cicogne, un volo affrettato, all’imbrunire mentre un gatto, con la coda tagliata a metà , viene ad annusarmi la giacca. Sarà un odore di ufficio e di pomeriggio piovoso ad incuriosirlo. Sono appena passate due ore dall’arrivo a Marrakech. Non sa che nella tasca dei pantaloni si annida già un inizio di corruzione, un profumo di muschio, la lenta metamorfosi delle ghiandole di gazzella.
No, niente di sanguinolento è solo un aggregato di umori, un cristallo, un sasso da cui emana un odore di donna che ha sciolto i capelli, di corpi risciacquati, di fette d’arancia e cannella.
La menta nel tè è un piccolo bosco inondato, un’oasi travolta dall’oued.
13 – XII – 1993
Un sogno.
Battevo un cane che stava steso sul tappeto con il muso allungato tra le zampe anteriori, raccolto come una sfinge, color tabacco e la faccia umana.
Il grande tappeto a rombi, rosso scuro, era proprio quello del salotto di Roma, davanti alla libreria. A furia di colpirlo, il cane è scomparso ed è rimasta la sua forma sotto il tappeto, nella stessa posizione, una forma d’aria che teneva sollevato un lembo di tessuto.
Poi, senza altri segni, un piccolo vortice mi ha preso e alzato con decisione. Era come se un fiotto di domande inarrestabile avesse provocato quello schiacciamento verso l’alto, a un metro di altezza.
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Commento by Gian Gabriele Benedetti — 27 Febbraio 2009 @ 17:00
Simbolismo acceso e intenso sottende i vari quadri. L’aprirsi della vita nella molteplicità delle esperienze si fa filosofia partecipativa, intima, ragionata e soprattutto pregna di sostanza e di colore. In questo incontro dell’autore con se stesso, con gli altri e con il mondo si manifestano incanto e tensione, suadenti attese e squarci d’abbandono, lievi segni conflittuali e fremiti vivificanti, accenti impensati e rievocate atmosfere, che incalzano, si fanno stupore, canto nuovo, sapiente istanza, ma anche sofferta partecipazione, dosata interrogazione, momento di non velata problematicità ontologica.
Nella complessità tematica e nel recupero di limpide sensazioni e valenze, affiorano immagini di rara bellezza, ben sostenute dal lirismo moderno del fraseggio
Gian Gabriele Benedetti
Commento by Marisa Cecchetti — 28 Febbraio 2009 @ 14:21
la prosa di Nicola è attraversata dalla poesia, è lieve come una carezza degli occhi. Marisa Cecchetti