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LETTERATURA: Stelvio Mestrovich: “Pyramiden. Il diario del sovversivo Nikolaj Vladimirovic Melnikov”

30 Novembre 2021

di Bartolomeo Di Monaco

Musicologo e narratore, la produzione di Stelvio Mestrovich è vastissima. Sempre accurato nelle sue ricerche, lo è anche nella scrittura: limpida.
Una delle sue opere più impegnative è stata la ricostruzione del processo avvenuto a Lucca del brigante Musolino, riprodotta nel volume “Il processo a Lucca del brigante Musolino. 14 aprile 1902 – 11 luglio 1902”, uscito per l’editore Tralerighe Libri nel 2020.
Dopo una esauriente introduzione, Mestrovich ci offre, come se vi assistessimo oggi, i resoconti delle numerose udienze che portarono all’ergastolo di Musolino, il quale morì nel manicomio di Reggio Calabria il 22 gennaio 1956 all’età di 80 anni. Si legge: “Giuseppe Musolino fu un uomo d’onore, una testa calda, un romantico e famoso brigante, accusato di omicidio in base a false testimonianze, un latitante, un omicida, un vendicatore, una leggenda.”.
Il lettore se ne appassionerà.
Ma ora veniamo al romanzo noir di cui voglio parlare, intitolato “Pyramiden. Il diario del sovversivo Nikolaj Vladimirovic Melnikov”, uscito l’anno dopo, nel 2021, sempre per i tipi di Tralerighe Libri.
Il racconto, in realtà un diario (già Mestrovich ci fece conoscere, con “Suzanne”, uno dei suoi più bei racconti, la forma del diario), ha la prefazione dello scrittore Renzo Paternoster che ripercorre la vita di studioso e di narratore dell’autore.
Pyramiden è un centro minerario, oggi semiabbandonato e appartenente alla Norvegia, che sorge “sull’isola centrale dell’arcipelago Spitzbergen quasi in corrispondenza del 79 ° parallelo.”.
Il protagonista, Melnikov, conte al tempo dello zar (ma il padre ora è un esponente del regime), viene inviato lì per punizione, essendo un accanito anticomunista. Lo avrebbero fucilato, non fosse stato per l’intervento del padre. Ma giunto a destinazione, il Kgb gli comanda di fare la spia e di denunciare i sovversivi che lavorano nella miniera. Lui accetta, ma sa già che non lo farà.
Il diario ha la data di inizio 11 ottobre 1978 e arriverà al 20 dicembre dello stesso anno.
Il lavoro in miniera è durissimo: “Non molto tempo fa non c’erano vecchi in miniera, perché le condizioni di lavoro erano così disumane che difficilmente si superavano i cinquant’anni di vita. I giovani dimostravano il triplo della loro età. Si cominciava da bambini, come orfani e figli di minatori.”.
Ogni tanto, a causa del grisù, scoppiano degli incendi, che causano qualche vittima.
Anche Melnikov scende in maniera e condivide i pericoli con gli altri.
Vi si impiegavano anche le donne: “E le donne non se la passavano meglio. I loro compiti erano quelli di trascinare fuori dai maledetti buchi i carrelli e di trascinare sulla schiena grosse ceste cariche di carbone.”.
Come sempre, la scrittura di Mestrovich, che ho imparato a conoscere leggendo i suoi lavori, è pulita e attrattiva. Il lettore percepisce la quiete di una narrazione sicura. I dialoghi sono ben condotti, tutti di qualità.
A Pyramiden l’organizzazione del lavoro rasenta la perfezione, in modo da sfruttare al massimo il lavoratore: “L’organizzazione sovietica sfiora la tirannica perfezione. C’è tempo per tutto, ma il tempo appartiene allo Stato. Le parti dannose del meccanismo vengono eliminate. L’obbedienza è un dovere, la dissidenza una condanna, la corruzione domina la cima della piramide statalista.”.
Ecco che già dalle prime pagine è delineato l’ambiente in cui si trova ad operare il protagonista, che nel frattempo conosce una donna sposata, minatrice anch’essa, di nome Vasilisa. Si frequentano e s’innamorano, ma Vasilisa ci serberà una sorpresa.
La storia di un soldato italiano rimasto in Russia finita la guerra, ricorda il bel film di Vittorio De Sica, “I girasoli”, del 1970, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni.
Mestrovich coglie ogni occasione per criticare, non il popolo, ma il regime comunista russo che ha tolto all’uomo ogni dignità.
L’opera si può anche includere tra i libri di denuncia, ed essere assimilata ai romanzi del dissenso comunista. Come non ricordare Aleksandr Solgenitsin, Andrej Sinjavskij, Julij Daniel e altri: “Il comitato per la sicurezza dello Stato, il grande fratello che controlla ogni aspetto della vita russa e che ha occhi dappertutto anche in occidente. Un esercito di agenti che censura giornali e riviste, dirige scienza e medicina, controlla polizia e militari, gestisce l’istruzione e l’arte in ogni grado e forma, in ogni angolo dell’Unione Sovietica con i loro informatori fedeli a una forma distorta del vero comunismo.”.
Sebbene siamo nel XXI secolo, e si creda di vivere in una società libera, è anche questa un’opera coraggiosa: Vi si legge: “Mi raffiguravo le facce da lucido da scarpe di Lenin e di Stalin e questo era più efficace di dieci eccitanti per tenermi sveglio.”. Del resto lo stesso autore lo riconosce: “Caro diario, diventi pericoloso. Debbo trovarti un buon nascondiglio e subito.”.
Ecco che cos’è il diario per il protagonista “Tu sei il mio alter ego, la mia coscienza, il mio pensiero.”.
L’autore ci sta dimostrando come in un piccolo libro di poche pagine, si possa includere una storia fulminante, in grado di tenere incollata l’attenzione del lettore.
A volte si pensa che si è narratori solo se riusciamo a scrivere ponderosi romanzi. È sbagliato. Forse si è vieppiù narratori quando riusciamo ad offrire il nostro pensiero dentro storie brevi ma in cui si riesce a dare ad esse il necessario respiro con una scrittura mai frettolosa, come succede, ad esempio ne “La morte a Venezia” di Thomas Man, del 1912, considerata una delle sue opere migliori, tradotta nel celebre film di Luchino Visconti, “Morte a Venezia”, del 1971.
Il diario di “Suzanne”, a cui si è già accennato, e questo diario di cui stiamo parlando, sono, pure esse, tra le opere migliori di Mestrovich.
Vi si narrerà anche di un tentativo controrivoluzionario per uccidere Breznev, che sollecita il ricordo dell’operazione “Valchiria”, ossia il fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944.
Esso metterà in moto la macchina del giallo che, ben condotta, intrigherà il lettore.
Da segnalare la strutturazione della trama: solida e abilmente costruita.


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Bart