LETTERATURA: STORIA: Le feste del solstizio d’inverno (2)
21 Dicembre 2011
di Costanza Caredio
Nel nostro paese il Natale appare ora diviso fra l’abete e il presepe quasi che noi si fosse lo specchio della diversità in Europa tra il nord e il sud.
L’abete è un simbolo nordico: il suo nome Ailm, rimanda alla prima lettera dell’alfabeto druidico, ma rappresenta anche la divinità lunare androgina Kaineùs (Cattabiani – Floriario).Viene da chiedersi se il nostro  biblico Caino non sia l’antica dea degradata a rappresentare la trasgressività violenta.
L’abete è stato ricuperato, arricchito di luci e colori, e sistemato nel cuore delle case e delle città .
Non per questo dobbiamo trascurare il Presepe : esso è un completo trattato di teologia.
S. Francesco lo impose al popolo, con la propria devozione, ma  anche con l’avvallo e l’autorità di Lotario dei conti di Segni (Innocenzo III). Esponendo pubblicamente la “narrazione evangelica”, Roma decretava la fine dell’iconoclasmo orientale, superando il compromesso della Basilea Irene al II concilio di Nicea (787) che consentiva solo l’immagine della Trinità . Fu ricuperata l’arte della pittura e della scultura greco-romana, distrutta dal Cristianesimo primitivo, sotto l’influenza del Giudaismo prima, dell’Islamismo poi.
La scomparsa delle arti aveva segnato la fine del culto domestico, e quindi delle memorie familiari, e di quello civico, e perciò della storia delle città e dei suoi protagonisti.
Nel Presepe ritroviamo il Possente Toro, ora bue mansueto, l’astuto e maligno Asino, grande divinità egizia, ma anche sacro a Demetra, e impersonato dal re frigio Mida. Aveva  avuto un suo ruolo biblico (l’asino di Buridano) e forniva la cavalcatura dei re. Ora è solo un animale servizievole. I Magi, saggezza orientale, rendono omaggio al “destino manifesto” dell’occidente segnalato dalla Cometa e dal ritorno del Sole.La Chiesamedievale offriva al suo popolo, la sua tradizione alla maniera latina, artistica, spettacolare e godibile; dava il via alle splendide vetrate delle cattedrali, agli affreschi sui muri dei conventi, ai quadri, alle statue e, ohimé!, alle corporazioni (sindacati). Il compito nostro non è certo quello di abbandonare questo tracciato storico, ma  di arricchirlo dei nuovi significati della cultura moderna.
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