LIBRI IN USCITA: Meridiano Zero 2/2010
6 Febbraio 2010
Care lettrici e cari lettori,
come potete vedere da questa settimana la newsletter cambia veste. Oltre ad aggiornarvi sulle recensioni dei nostri libri, vogliamo proporvi approfondimenti, interviste esclusive e stimoli per conoscere piu’ da vicino gli scrittori e i libri in preparazione e in uscita. Considerate la newsletter come una serratura da cui spiare i segreti del mondo Meridiano zero.
L’editoria indipendente e’ un’affascinante zattera che fa una gran fatica a navigare nelle acque editoriali, piene di grossi squali, e noi vogliamo credere e scommettere che la curiosita’ dei lettori piu’ vivaci e autonomi – che non si fermano solo davanti alle pile dell’ultimo best seller – ma vanno a cercare, nello scaffale piu’ alto, il loro gioiello, possa tenerci il vento in poppa.
Buona lettura
La vostra redazione
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Vi ricordiamo come prima cosa le nostre novita’ in libreria:
David Ambrose – La madre di Dio – Euro 15,00
Cyber-thriller di un maestro del noir.
Consigliato ai lettori di Philip K. Dick, Joe R. Lansdale, Elmore Leonard, Richard Matheson, Ian Rankin, James Patterson, Jim Thompson.
Derek Raymond – Come vivono i morti – Euro 8,00
Finalmente in tascabile. Consigliato a tutti i lettori di Lee Child, Don Winslow, Michael Connelly, Edward Bunker, Massimo Carlotto, Giancarlo De Cataldo, Niccolo’ Ammaniti. Oltre che naturalmente ai numerosi fan di Raymond stesso, da quindici anni il nostro autore di punta.
Antonio Stefani – I blues del quartiere – Euro 12,00
Raccolta di poesie di Antonio Stefani in uscita nelle librerie del Veneto.
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Questa settimana dedichiamo la newsletter a David Ambrose, un maestro del noir, di cui Meridiano zero ripropone La madre di Dio, con una nuova, splendida, copertina.
Ambrose e’ nato in Inghilterra e ha studiato legge a Oxford. La sua carriera di scrittore e’ iniziata come giornalista e sceneggiatore per il cinema hollywoodiano, che gli ha permesso di conoscere grandi attori come Kirk Douglas e Sharon Stone. Tuttavia Ambrose non era pienamente soddisfatto del lavoro di sceneggiatore: “Avevo bisogno di piu’ liberta’ e indipendenza. Sono arrivato alla conclusione che puoi fare lo sceneggiatore solo se riesci a concepire te stesso come una segretaria. Tutti hanno il diritto di avere un’opinione sul tuo lavoro a parte tu. Devi solo stare seduto li’ a prendere appunti e dire –Hmm, questa e’ davvero un’ottima idea!- e dopo un po’ ti rendi conto che il tuo cervello si e’ atrofizzato. I romanzi sono stati un modo per recuperare il rispetto per me stesso. Mi ci sono voluti dieci anni per cambiare le cose e poter dire di essere uno scrittore, libero di decidere cosa scrivere”. Ciononostante questo lavoro gli ha permesso di conoscere Orson Welles che per lui e’ stato una sorta di mentore. “Ricordo che una volta mi disse: -Non usare l’ambiguita’ nel modo sbagliato. L’ambiguita’ non e’ una cortina di fumo dietro la quale nascondere quello che non sei stato in grado di immaginare. L’ambiguita’ dovrebbe essere come il bisturi che con un taglio sottile permette di intravedere la verita’-. Per me divenne un grande mentore. Era come seguire un corso privato tenuto dal piu’ grande. Uso ancora tantissimo di cio’ che mi ha insegnato, tutti i giorni e in ogni tipo di scrittura. Un giorno mi disse: -Tutto quello che hai sentito dire su Hollywood e’ vero, anche le bugie-”. Ambrose ha intitolato la sua raccolta di racconti del 1998 “Le bugie di Hollywood” proprio in omaggio a Orson Welles.
Ambrose concepisce la scrittura di un romanzo come un’affermazione di indipendenza e di liberta’ mentale, non solo per se’ ma anche per il lettori: “Voglio che dicano: -I libri che scrive ti aprono la mente-”. Il suo tentativo e’ di “interagire con la mente del lettore in un modo diverso da quello della maggior parte dei thriller”. “Di solito comincio un libro partendo da qualche idea che mi affascina. Ho scritto sulla coscienza (“L’uomo che credeva di essere se stesso”), l’intelligenza artificiale (“La madre di Dio”) e su tutte le domande relative a cosa potrebbero essere i fantasmi (“Superstizione”). Sono affascinato dai problemi della coscienza e dell’identita’ umana. Leggo libri di fisica, filosofia e psicologia, e quello che cerco di fare e’ porre domande metafisiche riguardo la coscienza, la realta’ e l’identita’ all’interno della forma narrativa del thriller, in parte classico, alla Hitchcock, in parte nuovo e sperimentale”.
Il sito dell’autore (www.davidambrose.com)
le recensioni
LE RECENSIONI
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L.R. Carrino – Pozzoromolo – Euro 15,00
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il Giornale, 11.1.10
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La voce di Gioia, protagonista di un lungo monologo che corre attraverso il filo spinato d’inchiostro di tutto il libro, e’ quella di Luigi Romolo Carrino che in questo suo secondo romanzo “Pozzoromolo” (Meridiano zero) conferma tutte le doti del suo esordio “Acqua Storta”: un noir all’ombra della camorra, in una Napoli, costretta dai vicoli scuri che neanche la cronaca nera riesce ad illuminare. Un noir, da cui e’ stato tratto il recital teatrale “La versione dell’acqua”, che l’anno scorso ha incantato critica e pubblico: impossibile rimanere indifferenti alla storia (le non poche difficolta’ di due boss napoletani nel vivere gli impulsi della propria omosessualita’) ma soprattutto alla scrittura di Carrino. Se nel primo romanzo stupiva per un linguaggio serrato, quasi cinematografico, molto crudo, diretto, quasi a scavare l’anima del lettore per addolcirsi in passaggi di autentica poesia, in questa seconda prova narrativa lo stile e’ ancora piu’ potente. Una scrittura ipnotica, scarnificante, quasi da telegrafista del dolore ma che non manca di farci emozionare.
Attraverso la forma diario, basta gia’ l’espediente della datazione “41 marzo” o “38 ottobre” a dare il senso di una follia raggelante, Carrino ci consegna uno dei romanzi piu’ riusciti di questa stagione letteraria. Qualcuno l’ha definito un “neo-noir”: in realta’ sfugge ad ogni etichetta e attraverso la storia di Gioia, raccontando l’Italia degli ultimi 40 anni, ci racconta la nostra vita. E ce la racconta, quasi fosse la metafora dei nostri tempi, attraverso l’inchiostro di chi non ha voce, di chi vive ai margini, di chi sembra aver smarrito la propria identita’ in un mondo che condanna, prima di comprendere, che giudica, cieco, senza cercare il cuore ma solo l’essenza dell’apparenza.
Gian Paolo Serino
(segue Carrino…)
oggileggo.splinder.com, 1.1.10
(…)
Piu’ che un romanzo, una scrittura in versi acrobatici, altamente suggestivi. La poesia di una confessione, la ricerca della verita’ e della memoria nel suono delle parole, nel loro mutare di significato, nel loro adattarsi, camaleontiche, al capriccio di una mente confusa.
Si avverte tutto il dolore costato al suo Autore, che non si e’ concesso spazio alcuno per il divertimento, come se questo fosse lo specchio distorto del suo diario personale dove vengono riflessi tutti i mostri, per essere esorcizzati.
(segue Carrino…)
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Enrico Unterholzner – Lo stagno delle gambusie – Euro 12,00
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il Mattino di Padova, 14.1.10
Presto per dire se si tratti di una svolta o di un caso, ma certo gli ultimi due libri pubblicati da autori veneti sembrano delineare un mutamento di prospettiva, di sguardo narrativo. Come gia’ in Tanatoparty di Laura Liberale, anche in Lo stagno delle gambusie (Meridianozero, p.155, 12 euro) del padovano Enrico Unterholzner la realta’ viene disarticolata, metaforizzata. E tende a trasformarsi un una sorta di favola nera, che si svolge in un mondo claustrofobico, privo di una identita’ riconoscibile. Certo i toni ed i temi sono diversi, ma c’e’ in entrambi i libri il tentativo di cercare un punto di vista alternativo per il racconto, un guardare al mondo spostando il centro della visione, tanto da sfiorare il grottesco, anche se in realta’ questo non viene mai realmente toccato. Geremia, il protagonista di Lo Stagno delle gambusie e’ un informatico, proprio come Enrico Unterholzner, ma e’ soprattutto un uomo solo, che cerca di fronteggiare l’esistenza, di darle un senso, circondandosi di regole. Potrebbe venire in mente Calvino, oppure Perec, ma in questo caso la logica combinatoria non appartiene alla poetica del romanzo, ma al disagio del protagonista, che ha continuamente bisogno di trovare segni in cio’ che lo circonda e di leggerli dando loro un senso.
Nicolo’ Menniti Ippolito
(segue Unterholzner…)
www.giudiziouniversale.it, 13.1.10
“Lo stagno delle gambusie” di Enrico Unterholzen ha una partenza innocua, un po’ alla fastidioso mondo di Amelie, un po’ eleganza del riccio al maschile, insomma l’idea del diverso che cela un universo: c’e’ un tenero signore, grasso e solitario, che sembra possedere in segreto una attitudine speciale a riconoscere le voci nascoste nella natura banale, nei voli delle rondini, nella vita segreta di un acquitrino, nelle prosaiche e misconosciute gambusie (pesciolini di acqua dolce), perfino negli oggetti quotidiani che accompagnano la sua apparentemente quieta esistenza cittadina.
Col procedere del racconto pero’ la prosa, pur non abbandonando mai il tono lieve e poetico, introduce elementi di sempre maggiore surrealta’; la bizzarria minimalista si trasforma malinconicamente in ossessione; eravamo in un bozzetto favolistico e ci sembra di scivolare nella psichiatria.
Lorenza Trai
(segue Unterholzner…)
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Laura Liberale – Tanatoparty – Euro 10,00
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Bresciaoggi, 8.1.10
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“Tanatoparty” di Laura Liberale e’ un romanzo straordinario, breve ma folgorante, che con lucidita’ macabra e spietata irride la presunzione di eternita’ di questa epoca che e’ stata capace di organizzare un marketing anche sul caro estinto e che non riesce a darsi pace perche’ il tempo prima o poi scade, perche’ la clessidra biologica non si puo’ rivoltare di nuovo. La storia e’ quella di una poetessa scandalosa che, presa dallo spasimo conservativo, trasforma il proprio funerale in un allestimento di arte paradossalmente autentica in un mondo falso. Una metafora di questa contemporaneita’ in cui l’apparire si oppone non solo all’essere, ma anche al non essere.
Nino Dolfo
(segue Liberale…)
Playboy, 21.10.09
Cosa succede se anche la morte diventa un business da spolpare fino in fondo? Laura Liberale si spinge in la’ nell’immaginare una macabra fiera, mostra orrorifica di tutto cio’ che ruota intorno alla decomposizione del corpo umano. Anche quello che ha fatto la poetessa Lucilla Pezzi, che ne ha fatto strumento estremo della sua arte. Intorno a lei una favola nera di deliri grotteschi.
(segue Liberale…)
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Christian Lehmann – Il seme della colpa – Euro 13,50
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senzaunadestinazione.blogspot.com, 27.11.09
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Lehmann tratteggia lo scontro all’interno della casta dei medici, tema trasversale e mai abbastanza indagato, cosi’ come la mercificazione della professione sanitaria. Mostra l’amarezza di un uomo di successo nel dover prendere atto di essere arrivati alla fine di una parentesi. Il tentativo, forse inconsapevole, di cavalcare una buona causa per rilanciare se stessi. La pieta’ e i suoi limiti. L’ottima traduzione di Giovanni Zucca rispetta l’equilibrio della scrittura, e dei suoi tempi. Le pagine scorrono non tanto alla ricerca di un finale, ma della soluzione dei conflitti dei protagonisti. Il passo dei francesi nel noir si distingue, si alimenta di atmosfere che scivolano sotto la pelle, che non hanno bisogno di essere descritte, ma che sono li’, a disegnare lo sfondo.
Un buon libro, tempo ben speso.
Paola Pioppi
(segue Lehmann…)
www.nonsololink.com, 17.12.09
Bellissimo questo breve, intenso romanzo di Christian Lehmann, medico e scrittore, che affascina con una storia davvero da leggere.
Tutto si risolve nei sospetti e nei pareri del lettore, fugati nelle ultime tre pagine in modo asciutto, rasentante il grottesco, quando si frantuma un’esistenza sotto gli occhi e si percepisce la colpa come essenza concreta, latente nel profondo dell’animo umano, capace di distruggerci perche’ non ci rendiamo nemmeno conto di essere colpevoli. L’abile penna di Lehmann la dipinge tra le righe e la rende evidente come uno schiaffo ricevuto in pieno viso.
Alessia Biasiolo
(segue Lehmann…)
Letto 2004 volte.
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Pingback by Bartolomeo Di Monaco » LIBRI IN USCITA: Meridiano Zero 2/2010 — 6 Febbraio 2010 @ 12:35
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