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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LIBRI IN USCITA: Meridiano Zero

22 Ottobre 2009

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LE NOVITA’

L.R. CarrinoPOZZOROMOLO – Euro 15,00

IL NUOVO ROMANZO DI CARRINO, L’AUTORE DI “Acqua Storta”

Gioia e’ l’amore dalle unghie laccate, i capelli biondi, l’ombretto verde, mentre la notte proietta luci bugiarde sulla parete. E’ rinchiusa in un manicomio criminale, ha la mente labile di una bambina, immobilizzata in un letto aspetta i farmaci che le sottraggono i ricordi. Ombre vengono a ghermirla: il braccio che esce dalla parete portando la brace di una sigaretta accesa, il volto immobile di un bambino dalla cui bocca esce un rivolo d’acqua. Tutto brucia, tutto annega in quegli sprazzi di vita. Lei non ricorda che crimine ha commesso, non sa perche’ e’ li’, i frammenti di memoria si contraddicono a vicenda.
La sua mente candida, dimenticata dal mondo in un cimitero di vivi, tenta invano di ricostruire la verita’, fino a una notte di san Lorenzo in cui, come terribili stelle, cadono a una a una le presenze ossessive di coloro che ha amato. C’era una masseria piena di sole con foglie di tabacco stese a essiccare, c’era una madre bella e degli aghi piantati nella carne in un’atroce punizione, c’era un padre che non c’era, c’era la strada e i clienti che compravano il suo corpo, c’era un amore crudele.
La verita’ che strappa alla notte e’ la carne che la fa sentire donna quando invece e’ nata maschio, che la fa pazza e che le ha macchiato le mani di un sangue che non ricorda di chi sia. Gioia e’ l’agnello che lava i peccati degli altri. E’ la ferita e la colpa, vittima predestinata di carnefici imperdonabili. Gioia ha amato le mani che la picchiavano, la stupravano, la scartavano.
Carrino racconta la malattia mentale e l’ambiguita’ sessuale come se attingesse al ventre in cui riposa l’infanzia collettiva dell’umanita’, dimenticando le regole della prosa e della poesia e scegliendo di fare arte. Il sangue che versa disperde gli incubi delle nostre notti.

(recensioni POZZOROMOLO)

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LE RECENSIONI

Laura LiberaleTANATOPARTY – Euro 10,00

www arterotica eu, 23.9.09
E’ in libreria “Tanatoparty” della scrittrice Laura Liberale.
Un testo che puo’ apparire macabro ma allo stesso tempo e’ una provocazione nella presentazione della rappresentazione dell’ultimo atto artistico di Lucilla Pezzi la protagonista.
Si crea un rapporto stretto con “Il libro tibetano dei morti – Bardo Todol”, che fa da cornice a tutte le pagine del libro, questo rapporto crea la sensazione di profonda trasformazione che porta i corpi al divenire: modificandosi, trasformandosi.
“Tanatoparty” rappresenta la realta’ del mondo moderno dove si parla di morte solo attraverso la tv, i reality show, la fiction. Mentre per la morte reale c’e’ solo il silenzio da qui nasce la paura. Il libro invece, presentando la morte accetta e valorizza la memoria, le origine di una creazione artistica e la VITA stessa. Nello stesso tempo e’ provocatorio perche’ obbliga lo spettatore a guardare l’oltre l’apparenza, in questo caso la maschera corporea, questo perche’ si nega una condizione principale del corpo: il processo di invecchiamento in un epoca in cui il corpo diventa l’ossessione dell’eterna giovinezza.
Il corpo diviene uno scenario politico di lotte e rivoluzioni, di sensazioni che traspirano da ogni organo vivo e del loro piacere nel godere dello specifico rito orgiastico: il completamento della vita. Non a caso molti artisti hanno visto nel suicidio o nella morte, il punto d’arrivo del proprio lavoro.
Si nota questo dualismo del corpo come scempio, rovinato, tagliato, morto ad un corpo vivo che si muove e pulsa. Questo corpo che esiste, che trasmette energia e vita da ogni singola cellula che molte volte viene ignorata, al contrario rimane eterna quell’immagine immortalata nel tempo di un corpo imbalsamato, l’eternita’ e l’immortalita’ nel tempo che si ferma sul corpo plasmato come una statua. Un corpo che nella vita reale perde ogni giorno una parte del se’ o per rimane in tema muore senza un processo di trasformazione.
Ogni passaggio e’ scritto come in un diario, l’immobilita’ della morte attraverso gli occhi e’ i movimenti minuziosi dei vivi. Tutto si rallenta quando muore qualcuno, si ascoltano per la prima volta, il respiro, il battito cardiaco di chi lo guarda… e poi all’improvviso il vuoto, il silenzio.
Morte / gelo/ cera / liberazione / atto di ribellione / presentazione / spettacolo / dolore / lacrime / musica / silenzio.
Dalla rappresentazione finale ti rendi conto del processo della vita, mentre dalle tante larve di Sarcophaga carnaria (la mosca che depone le uova nella carne in putrefazione) che la morte e’ da per tutto: esiste.
Muoversi con gesti barocchi tra vivi e cadaveri, rimanendo fedeli a stessi fino al dopo la morte in un funerale della rappresentazione del se’.
Il testo puo’ essere visto come una denuncia al mondo decadente dei giorni d’oggi, dove si innescano sinergie sbagliate, dove la scarsa cultura porta all’ignoranza. Dove si vive solo di apparenza e di maschere scelte o imposte, allo stesso tempo come attesa ed ordine del caos.
La morte vista dalla serratura o da uno specchio, la morte come ricerca e spiegazione del caos, come senso della perdita e pazzia.
Cosa e’ la morte? In molti casi una metafora di cambiamento, dell’andare oltre e di scoprire una realta’ diversa. In altri casi una rinuncia e accettazione. E’ la perdita ma nello stesso tempo e’ quella cosa che rivaluta il senso della vita. Perche’ senza la morte non ci sarebbe vita e senza vita non ci sarebbe la morte.
Marica Petti

(recensioni TANATOPARTY)

Laura LiberaleTANATOPARTY – Euro 10,00

Facebook – Giovanni Choukhadarian, 5.10.09
Affinita’ e divergenze fra la nuova raccolta di racconti del Tabucchi e il libro dei morti di Laura Liberale: nessuna.
Allora, qui si fa cenno ad Antonio Tabucchi, “Il tempo invecchia in fretta”, Milano, Feltrinelli, 2009 (pagg. 122, 15 Euro) e Laura Liberale, “Tanatoparty”, Padova, Meridiano Zero (pagg. 126, 10 Euro). Chi sia Antonio Tabucchi e’ superfluo precisare, forse: ha scritto, fra l’altro, “Notturno indiano” (notevolissimo il film che ne trasse Alain Corneau, con l’allora non cosi’ noto Jean Hugues Anglade e l’ottima Clementine Celarie: da riscoprire), ha fatto conoscere in Italia lo scrittore portoghese Fernando Pessoa e ha tradotto Carlos Drummond de Andrade, poeta che tutti dovrebbero leggere e invece nessuno. Laura Liberale si e’ dottorata in studi indologici, suona il basso ed e’ madre della bimba Sari.
Adesso, facciamo un gioco cruento e scemino. “Il taxi si fermo’ davanti a una cancellata di ferro battuto dipinta di verde” e “Il vialetto continuava in discesa fino a una clinica che si trovava in mezzo al parco” – chi le ha scritte, ‘ste cose? Balzac dopo la tisana delle 10 della sera o Antonio Tabucchi?
E adesso un altro giuochino cretino. “Le due bambine si assomigliano, ma ce n’e’ una che emana. E’ anche meno bella della sorella minore, ma emana. E’ aureolata di qualcosa di definitivo”. Chi e’? Un James Ballard di meta’ 70s o Laura Liberale?
Dice il maestro: la seconda che hai detto. Prima conclusione provvisoria: di Balzac ce n’e’ uno ed e’ inimitabile, Ballard parla una lingua per forza di cose piu’ vicina allo scriba, lo si puo’ prendere a modello e lo si puo’ re-inventare a piacimento.
Un’altra, e conclusiva impressione. Il sottotitolo del libro di Tabucchi e’ del tutto onesto: nove storie. Comporta una domanda: interessano a qualcuno le storie di Tabucchi? Perche’ sembrano messe li’ in fila un po’ a casaccio, e con quella lingua di cui s’e’ dato un par di esempi. Boh, allo scriba che scrive ‘sta nota no, non interessa. Per carita’, un racconto carino c’e’: si chiama “Nuvole”. Un lungo dialogo fra un uomo e una ragazzina. Peccato ce ne siano altri 8, no?
Il romanzo breve di Liberale parla dello spettacolo della morte e della morte come spettacolo. E’ un romanzo di sensi, scritto da una donna colta e capace insieme di raccontare con parole piane, senza provarci ne’ con il gusto dell’horror ne’ con il sentimentalismo che piace tanto agli italiani ve’ri.
Concludendo: perche’ tutti, anche qui nel laghetto, nello stagno di FB Italia tutti sanno che e’ uscito il libro di Tabucchi e non c’e’ stato ancora nessun assalto alle librerie che hanno quello di Liberale? Che pure e’ tanto piu’ divertente, fa pensare q.b., non annoia e si porta bene per tutta la stagione autunno/inverno.

p.s.: chicca assoluta. Ai margini delle pagine ci sono frasi dal Libro tibetano dei morti (Bardo Todol), testo fondamentale di noialtri Merry Pranksters, nell’irripetibile Haight Ashbury del 1967. Di questo, davvero, so many thanx, Laura

(recensioni TANATOPARTY)

Christian LehmannIL SEME DELLA COLPA – Euro 13,50

cinemadadenuncia splinder com, 24.9.09
Medico televisivo e autore di bestseller attualmente in crisi di popolarita’, il dottor Laurent Scheller confida di tornare in auge grazie al progetto di un nuovo programma proposto al direttore della Rete. Ma una sera riceve una telefonata sconvolgente: e’ Be’atrice Salvaing, moglie dell’ ex collega e amico Thierry, che implora il suo aiuto per far uscire di prigione il marito. L’accusa che grava sulla testa del medico di famiglia Salvaing e’ di quelle da prima pagina dei giornali: eutanasia. Anziche’ ricorrere alle frasi di circostanza e assicurare un intervento a distanza per mobilitare l’opinione pubblica, Laurent sale in macchina e si precipita da lei a Villers (nelle Yvelines). Riuscira’ a togliere dai guai l’amico? La sua gia’ pericolante carriera televisiva ne risultera’ danneggiata?
Se amate i libri che attingono all’esperienza vissuta dall’autore, “Il seme della colpa” fa per voi. Medico generico dal 1985 e apprezzato scrittore per bambini, Christian Lehmann (classe 1958) e’ difatti un autore che trasfigura in forme letterarie la sua conoscenza diretta del sistema sanitario francese, lasciandola trasparire in filigrana. Perche’ in filigrana e non in primo piano? Essenzialmente per due motivi: in primo luogo perche’, come ogni scrittore che si rispetti, Lehmann non sacrifica l’elaborazione letteraria sull’altare della veridicita’ e, in secondo luogo, perche’ sa che per evitare la spettacolarizzazione dell’argomento scottante e per renderlo intimamente efficace occorre agganciarlo a un tema di piu’ ampia portata che sia in grado di avvolgerlo e assorbirlo.
Fate attenzione al titolo originale: “Une question de confiance”, una questione di fiducia. La traduzione italiana, “Il seme della colpa” e’ il primo depistaggio di un romanzo che si nutre di inganni e apparenze, presentandosi come un noir medico per sferrare un attacco ben piu’ radicale e mirato alla cosiddetta “civilta’ delle immagini”. Se e’ vero che l’eutanasia e il clientelismo sanitario costituiscono i punti caldi della storia, e’ altrettanto vero che la celebrita’ televisiva e la manipolazione mediatica ne rappresentano i temi strutturanti: per il dottor Scheller la prima preoccupazione non consiste nel sapere se il vecchio amico ha praticato o meno l’eutanasia, ma riguarda la strategia da adottare per seminare dubbi nell’opinione pubblica e conquistare il consenso televisivo (“la scatola magica”).
Animale mediatico scisso tra meschinita’ privata e rispettabilita’ pubblica (la sua coscienza interviene come se fosse la voce di un altro), Laurent organizza la realta’ esclusivamente sulla base di immagini: incalza lo sprezzante primario Grenier ripensando a un dialogo di “Guardato a vista” di Claude Miller e mette a segno un’intervista trionfale grazie a un collegamento suggerito da un film del 1975, “I baroni della medicina” di Jacques Rouffio. Un uomo di immagini. All’estremo opposto si collocano i personaggi positivi della vicenda: l’amico in carcere Thierry (la cui integrita’ e’ “trascritta” nella coscienziosita’ delle sue cartelle mediche e nelle rabbiose annotazioni sulla cartella infermieristica dell’agonizzante Ade’le) e soprattutto Daniel, l’amico del cuore morto due anni prima lasciandogli un’eredita’ morale fatta di carta stampata (uno scomodissimo dossier contenente le prove della tossicita’ di alcuni medicinali da banco).
Ma e’ proprio nella scelta di affidare il ruolo del narratore a un individuo moralmente ambiguo e psicologicamente volubile quale Laurent che “Une question de confiance” schiva il manicheismo. Sotto l’apparenza esteriore (come se ogni carattere portasse una “lanterna magica” incorporata) quasi tutti i personaggi agiscono secondo la medesima logica calcolatrice: non soltanto l’altezzoso Grenier che si occupa dei pazienti per “interpretare il suo ruolo di grande primario” o il temutissimo Besnard che dirige cinicamente la programmazione della Rete (l’ovvio riferimento e’ a TF1), ma anche Be’atrice Salvaing, che ripaga con una prestazione erotica l’aiuto familiare di Laurent, e perfino l’ottantatreenne Lucienne Angelin, che va in brodo di giuggiole quando si tratta di avere il suo quarto d’ora di celebrita’ televisiva.
Mirabilmente reso dalla traduzione di Giovanni Zucca, lo stile scorrevole e levigato di Christian Lehmann ritrae questo universo di civile opportunismo e vellutata malignita’ giocando sulle sfasature minime (una parola di troppo che lascia indovinare un’intenzione, un gesto che tradisce un’emozione) e sulle sfumature psicologiche (la tendenza di Laurent a rimpiazzare Thierry nella sua vita professionale e affettiva). Fulminei tratti paranoici e secche notazioni tecniche ombreggiano episodicamente la narrazione: una scrittura che frequenta con sicurezza le tonalita’ del grigio senza disdegnare improvvisi oscuramenti o spiazzanti riproposizioni di interi passi, come quello che descrive l’ultimo incontro tra Laurent e Daniel in un ristorante sopra Biarritz (ripetuto a distanza con “varianti di montaggio”). E c’e’ anche spazio per un gustoso private joke: a pagina 97, Laurent e’ sul punto di addormentarsi davanti all’ennesima replica di un poliziesco di Yves Boisset. Scommettiamo che si tratta de “La tribu”, il film che Boisset ha tratto dall’omonimo romanzo di Lehmann del 1990?
Alessandro Baratti

(recensioni IL SEME DELLA COLPA)

Christian LehmannIL SEME DELLA COLPA – Euro 13,50

angolonero blogosfere it, 17.9.09
La vita di Laurent Scheller, medico nonche’ scrittore e presentatore televisivo, non e’ un granche’ ultimamente. La sua popolarita’ e’ molto diminuita a seguito di un clamoroso crollo di audience, la moglie lo ha lasciato e lui non sa bene cosa ne sara’ del suo futuro. Una sera pero’ una telefonata desta il suo interesse. E’ Be’atrice, moglie di Thierry Salvaing, un vecchio collega di Laurent. Thierry e’ in prigione con l’accusa di aver provocato la morte di una paziente terminale – eutanasia, c’est a dire – e Be’atrice non sa a chi altro rivolgersi. Laurent, che fino a qualche mese prima, preso dal vortice degli impegni di un’agenda strapiena, non avrebbe nemmeno risposto al telefono, va direttamente a casa di Thierry.
Di piu’, lo sostituisce come medico di famiglia e inizia a muovere le sue conoscenze mediatiche per sollevare il “caso Salvaing”, presentando l’amico, ai giornali e sui notiziari, come la vittima di una clamorosa persecuzione giudiziaria. Anche i figli di Thierry hanno fiducia in lui, nel fatto che riportera’ il padre a casa.
Laurent intraprende la sua crociata, salvo che…
Eh be’, non si puo’ dire di piu’. Brevissimo e sorprendentemente agile, “Il seme della colpa” esplora temi spinosi come l’eutanasia e la commercializzazione di medicinali dannosi. Ma sono soprattutto le persone e le loro motivazioni che rilevano: Laurent e la sua smania di successo; Thierry e la sua anima di duro e puro; Daniel, il comune amico defunto; l’avvocato Nathan Semmler, il primario Grenier, il giudice Rijic… Tutti potenzialmente colpevoli di qualcosa, tutti spinti da obiettivi poco nobili.
L’autore, Christian Lehmann, affianca alla professionedi medico quella di giornalista e scrittore “impegnato”.
Alessandra Buccheri

(recensioni IL SEME DELLA COLPA)

Hugues PaganQUELLI CHE RESTANO – Euro 8,00

mangialibri com, 16.10.09
Chess e’ un ex sbirro della polizia di Parigi con la passione per il jazz. Lo hanno congedato un po’ perche’ l’eta’ cominciava a farsi sentire, un po’ perche’ era arrivato il momento di iniziare a riguardarsi per via del cancro che gli hanno diagnosticato. Ma Chess se ne sbatte e continua a bere e a fumare. In questo momento e’ seduto dentro un ristorante etnico con Duke, un suo vecchio collega che gli racconta dell’ultimo episodio di corruzione di cui e’ venuto a conoscenza: tre pezzi grossi del dipartimento si sono infilati in tasca mezzo milione di franchi. Chess ritorna a casa ma non restera’ solo ancora per molto. Fortune, un vecchio magnaccia, lo va a trovare per proporgli un affare: una borsa piena di soldi per scoprire l’assassino che ha brutalmente ucciso una delle sue ragazze. Ma la polizia sta facendo di tutto per insabbiare le indagini…
Hugues Pagan sin dalla prima pagina punta la canna della sua pistola dritta nella schiena del lettore, costringendolo ad andare avanti fino alla fine. Bar fumosi, sassofoni malinconici, donne mozzafiato, delitti efferati e nessuno di cui ci si possa veramente fidare: sono questi gli ingredienti che compongono questo bell’esempio di romanzo noir, secondo episodio della trilogia dedicata all’ex piedipiatti di Parigi. Chess e’ il prototipo del vecchio poliziotto cinico, vero Humphrey Bogart parigino che e’ riuscito a fare delle sue dolorose esperienze una fonte di forza e di saggezza. E’ lui a parlarci in prima persona. Attraverso il suo sguardo disilluso osserviamo una realta’ cruda e violenta, dove non c’e’ nessun confine tra il bene e il male, tra il mondo della criminalita’ e quello della giustizia. Con i suoi occhi guardiamo tutti gli altri personaggi, che l’autore costruisce con dovizia e attenzione. Hugues Pagan, con una prosa asciutta e un ritmo veloce, con dialoghi perfettamente calibrati e toni cinematografici, descrive una Parigi che ha smesso di credere nella giustizia. Al punto da non crederci piu’ nemmeno il protagonista, pronto anche lui a passare in qualsiasi momento sopra la legge, e a sentire il sax di Lester Young, ovviamente.
Fabio Napoli

(recensioni QUELLI CHE RESTANO)

Hugues PaganQUELLI CHE RESTANO – Euro 8,00

nonsolonoir blogspot com, 7.10.09
“Secondo la leggenda, Lester Young, alla fine della vita, parlava solo con i morti. Si era inventato un linguaggio tutto suo – o tutto loro… E cosi’ aveva capito tutto, anche le cose piu’ sgradevoli, quelle che uno preferirebbe non aver mai saputo. La leggenda aggiunge che un giorno, colui che i suoi pari riconoscevano come il piu’ grande sax tenore della sua generazione, colui che tutti chiamavano ‘Presidente’, se ne ando’ da solo, senza lasciarsi nulla alle spalle, a parte poche frasi teneramente pudiche, contenuto tragico e acume disilluso, da cui traspariva la splendida e pacata amarezza che e’ la tremenda prerogativa di quelli che, fin dall’inizio, hanno capito che non ne avrebbero fatta molta, di strada…”

Parigi, primi anni novanta. Chiusi (malamente) tutti i rapporti con “l’Usine”, il “vecchio” Chess, ex sbirro tutto d’un pezzo, passa la vita tra bottiglie di whisky, fumo di sigaretta e polverosi vinili jazz, nell’attesa che il male che da tempo gli trapana i polmoni se lo porti via. Quando l’antillese Fortune tenta di assumerlo per indagare sulla morte dell’avvenente prostituta Velma, fatta fuori sul “posto di lavoro”, in avenue de Gravelle, in quello che, se non fosse per l’archiviazione troppo rapida del caso, potrebbe sembrare il banale e cruento attacco di un agguerrito concorrente, il detective decide di tenersi fuori dalle indagini; poi, le strane incongruenze emerse nel corso di un primo, rapido, giro tra gli informatori e il ricordo (troppo vivido) degli occhi della vittima – grandi occhi “malva e dolci, con un alone ardesia attorno all’iride” – lo costringono a tornare sui suoi passi e a ributtarsi, a bordo della sua vecchia Pontiac Firebird, per le strade di una metropoli notturna e insidiosa. Ma la decisione di indagare gli costera’ cara: oltre a portare in luce la sporcizia e la corruzione del dipartimento di polizia e della divisione della quale, un tempo, ha fatto parte, Chess si vedra’ sfuggire tra le mani – impotente come tutti “quelli che restano” – la possibilita’ di un ultimo, disperato amore…

Secco, crudo, deprimente o meglio sconsolante (nel senso positivo del termine), come possono esserlo solo i romanzi che pretendono di dire “tutta la verita’”, in barba alle esigenze di mercato e in spregio alle aspettative dei lettori “medi”, “Quelli che restano” e’ una di quelle rare opere in grado di portare sulla scena un personaggio “duro e puro” -un incorruttibile sognatore rivestito alla meglio dei panni del cinico- senza dissolvere la spessa cappa di fumo e nebbia che avvolge una societa’ realisticamente dipinta come un’unica, grande macchia grigia, e senza che il sistema cominci a stridere e scricchiolare.
Spesso paragonato a Jean-Patrick Manchette (probabilmente per schieramento politico o in quanto “figura principale” di un determinato periodo del noir francese, come l’autore di “Piccolo Blues” lo era stato nel decennio precedente), Pagan crea il suo romanzo con modi diametralmente opposti a quelli del “behaviorismo manchettiano”, puntando su un’interiorita’ manifesta nella narrazione in forma quasi monologica: Quelli che restano e’, infatti, una racconto in prima persona che spesso si apre alle divagazioni del protagonista-narratore; e’ una riflessione personale, dolente, giustamente sconnessa, talvolta reticente (ma in funzione realistica e mimetica, e non per creare inutili, decorativi, effetti sorpresa), fitta di riferimenti metatestuali, inframmezzata da brevi (ma essenziali), rapidissime, sequenze d’azione, e chiuso da un’imprevista coda metanarrativa.
Scritto nel 1993, come seguito dell’altrettanto riuscito “Dead End Blues”(Meridiano zero), “Quelli che restano”, da tempo quasi introvabile in Italia, viene oggi riproposto in edizione tascabile da Meridiano zero.
Fabrizio Fulio-Bragoni

(recensioni QUELLI CHE RESTANO)

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Anatole FranceLA RIVOLTA DEGLI ANGELI – Euro 9,00
a cura di Roberto SAVIANO

www nybramedia it, 1.9.09
“In riconoscimento della sua brillante realizzazione letteraria, caratterizzata da nobilta’ di stile, profonda comprensione umana, grazia, e vero temperamento gallico”.

Questa la motivazione del Premio Nobel conferito nel 1921 ad Anatole France, all’anagrafe Franí§ois-Anatole Thibault; Parigi, 16 aprile 1844 – Saint-Cyr-sur-Loire, 12 ottobre 1924.
Figlio di un libraio, visse gli anni giovanili in impieghi editoriali, poi divenne bibliotecario presso il Senato. Nel 1896 fu eletto all’Acade’mie franí§aise. Innocentista durante il processo Dreyfus, partecipo’ alla vita politica e fu tra gli ispiratori delle leggi per la laicizzazione della scuola pubblica. Dopo la rivoluzione russa del 1917, si dichiaro’ a favore del comunismo. Nel 1920 la Chiesa cattolica mise all’indice tutte le sue opere… a proposito dell’Index librorum prohibitorum, una curiosita’. L’ultima edizione e’ del 1948 e fra le opere condannate non c’e’ il “Mein Kampf” di Adolf Hitler, in quel lungo elenco che abbraccia, anzi soffoca, quattro secoli di letteratura compaiono pero’ i nomi, tanto per dirne solo alcuni, di Flaubert, Kant, Spinoza, Stendhal, Sterne, Voltaire, Zola, Fogazzaro, Foscolo, Leopardi…
Ora, l’Editrice Meridiano Zero, condotta da Marco Vicentini, ripubblica, di Anatole France, “La rivolta degli angeli” (1914), a cura di Roberto Saviano, traduzione di Luigi De Mauri con la revisione di Tommaso Pezzato; le illustrazioni nel volume sono quelle originali di Carlegle del 1925.
Scrive Saviano nella prefazione: In questo romanzo, i demoni di France assurgono nell’Olimpo del mito letterario a numi della crisi capaci di disgelare cio’ che vi e’ di falso e disumano dietro l’ordine del bene. Questi demoni letterari indicano le strade che portano alla vita presa nel vortice del sapere, rapita nel tempo della passione, nell’ordine dell’anarchia, educata nel dubbio e nella musica, nell’amore per la materia e per le scienze della natura, al di la’ di ogni determinazione morale, giurica, religiosa. Bellezze trascendenti ogni autorita’ che ormai soltanto dei demoni ribelli e nascosti possono ancora far avvampare nel cuore degli uomini del nostro tempo.
Armando Adolgiso

(recensioni LA RIVOLTA DEGLI ANGELI)

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Ennio KitterlegnoskyCHRISTMAS PULP – Euro 12,00

www macademia it, 29.7.09
Ve l’avevo anticipata in questo post, ma ho sbagliato di una settimana. La mia recensione su “Christmas Pulp” – la prima fatica letteraria di Ennio Kitterlegnosky – si trova quindi a uscire oggi, 29 luglio, in piena calura estiva. A dispetto del titolo e del ‘babbo natale’ impresso sulla copertina del volume.
A dispetto, scrivevo, e forse non e’ un caso.
Meridiano Zero, la casa editrice dell’amico Marco Vicentini, da sempre ci ha abituato a sorprenderci con scelte coraggiose e con autori fuori dall’ordinario. Autori capaci – Angelo Petrella e Luigi Balocchi, fra gli altri – di abbinare un personale stile narrativo a contenuti ‘forti’ e al contempo godibili. Picolli, paradossali, piacevoli pugni nello stomaco.
Anche Kitterlegnosky rientra, con onore, in questa schiera ma nella sua scrittura, in piu’, si percepisce chiaramente – a mio avviso – un’ironia surreale capace di sfociare nel sarcasmo e appunto, nel dispetto. Ci sono i piccoli dispetti che si fanno, fra loro, i personaggi di alcuni racconti del libro; ci sono i dispetti piu’ grandi che, anche per incoscenza, conducono al dramma e infine, – presenza continua e inquitante – c’e’ l’immenso dispetto che sembra voler fare la Vita a tutti coloro che decidono di affrontarla. Sia come protagonisti, sia come semplici comparse.
I tredici pezzi che compongono “Christmas Pulp” costituiscono un unico, caledoscopico, “fermo immagine” sulla nostra moderna societa’. Ci sono i poveracci che non hanno piu’ nulla da perdere e decidono di rapire un gesu’ bambino, i disperati che – pur di campare – raccolgono gli escrementi dei cavalli al seguito di improbabili circhi, i bambini alla scoperta delle verita’ del mondo, gli imbroglioni e i truffatori di professione, i detenuti senza piu’ nulla da perdere e gli esaltati alla ricerca di una effimera gloria mortale. Il tutto tenuto assieme da una scrittura veloce, dissacrante e godibile. La stessa scrittura rappresentata magistralmente dall’immagine di copertina: un babbo natale in bermuda e occhiali neri – con uno sguardo obliquo e indagatore – stravaccato su una panchina.
Certo, non tutti i racconti sono ugualmente riusciti e si notano – raramente – piccoli cedimenti nel ritmo o nella forza espositiva ma, complessivamente, il livello qualitativo dei testi e’ alto. Ennio Kitterlegnosky riesce a confezionare un’opera letteraria di fantasia con un impianto da saggio antropologico e noi riusciamo a leggerla tutta d’un fiato come se si trattasse di ingoiare una medicina, amara, ma necessaria.
E la malattia dalla quale cerchiamo di guarire, risucchiati fra le pagine di “Christmas Pulp”, ha un nome semplice e conosciuto. Si chiama, ipocrisia.
Fabio Fracas

(recensioni CHRISTMAS PULP)

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Chester HimesCORRI, UOMO, CORRI! – Euro 14,00

www rootshighway it, luglio 2006
Un detective psicopatico ed alcoolizato, una femme fatale che sprizza pericolo da tutti i pori, un innocente perseguitato pronto a diventare carnefice a sua volta e un’altra mezza dozzina di personaggi che sguazzano nell’ambiguita’ morale popolano le quinte cupe e nerissime di “Corri, uomo, corri!” Un romanzo di Chester Himes che comincia in modo devastante e ben presto trascina il lettore in “un mondo di orrore sempre piu’ nero”. I ruoli s’intrecciano e si sovrappongono, le prede diventano cacciatori e le differenze tra i bianchi e i neri, nelle strade senza speranza di una New York livida e maestosa sono azzerate e non perche’ le ombre del razzismo e della segregazione siano sfumate (anzi), ma perche’ il fallimento generale di un’idea, di un sogno e persino di un mondo sembra coinvolgere tutti. Scrive Chester Himes in uno dei passaggi piu’ espliciti di “Corri, uomo, corri!”: “Forse era successo appena la notte scorsa, oppure molto tempo fa. Ma, da qualche parte, all’ingranaggio dell’american way of life era saltato un dente; o magari era proprio una questione di cuore. Il cuore che aveva perduto un battito, senza piu’ recuperarlo”. E con un ritmo tambureggiante, e senza una parola di consolazione per l’infausto destino dei suoi personaggi, Chester Himes trasforma un romanzo noir in una sorta di straordinaria suite jazzistica. Da non perdere.
Marco Denti

(recensioni CORRI, UOMO, CORRI!)

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Carl HiaasenCROCODILE ROCK – Euro 17,50

www nonsololink com, 12.10.09
Ironico, sarcastico, pungente. Una parodia della vita e un intelligente thriller questo nuovo lavoro di Carl Hiaasen, giornalista americano dai cui romanzi sono gia’ stati tratti dei film. La trama e’ delle piu’ amate: protagonista un giornalista quarantaseienne relegato per “punizione” a scrivere necrologi per un illustre giornale dato in pasto alle rendite societarie per soldi dal suo puro proprietario, erede di uno dei magnati del giornalismo vero americano. Uno spaccato di vita che ci illumina sul ruolo giornalistico nel scoprire misfatti politici e intrighi economici sulle spalle dei contribuenti, un argomento che intriga e che e’ sacro per gli americani.
Quindi il nostro eroe, Jack Tagger, si ritrova a scrivere i cosiddetti “coccodrilli”, i pezzi, cioe’, che letteralmente “piangono il morto” e cercano di tracciarne un ritratto piu’ che positivo almeno sulla tomba, per la buona quiete degli eredi e la gioia dei lettori. Tra impresari di pompe funebri che implorano un articolo e l’ex proprietario dell’Unione Register sempre in punto di morte ma che non muore mai, Jack e’ letteralmente ossessionato dalla morte e dalle morti illustri alla sua stessa eta’. Fino a quando non compare al giornale la bella e giovane Emma, una pedina nelle mani di coloro che hanno spazzato via la redazione per incrementare le rendite azionarie del venticinque per cento e creare un alone di giornalismo senza timore di essere contraddetti. Se non fosse per Jack, che non vuole andarsene e del quale, piano piano, Emma si innamora, ricambiata.
La gag sono esilaranti e magistralmente scritte, anche con qualche sbavatura nella traduzione, e arriviamo al nocciolo del romanzo. Jack e’ l’unico a sapere che il tizio del quale deve scrivere un necrologio per una disgrazia accaduta alle isole, tale James Bradley Stomarti, era un rocker di una famosa band; famosa almeno qualche anno fa. E la curiosita’ da giornalista di cronaca circa la scomparsa di un musicista purificatosi dalla droga e dedito alle immersioni subacquee, catapulta il lettore in un ambienti di svitati: la sorella del defunto, Janet, improponibile attrice di filmati hard on line; Carla, la figlia di una ex di Jack, Anne, della quale lui pensa di essere ancora inconsolabilmente innamorato, terribile ragazza informatissima di gossip e preziosa fornitrice di quei perche’ che spiegano molto piu’ di curriculum e verita’ rivelate. Poi c’e’ la giovane vedova, Cleo, star in ascesa nel mondo della musica, famosa per un’unica canzone dal titolo “Me”, ma soprattutto per il suo nudo nel videoclip, arrampicatrice che sbandiera la sua necessita’ di fama e pubblicita’ anche al funerale del marito. E poi il collega cubano, Juan, che ha una storia da raccontare, una di quelle che lo tengono sveglio di notte per gli incubi: l’omicidio di due uomini sul gommone che li portava in America clandestini. Mago del giornalismo sportivo, Juan si rivelera’ un vero amico e una preziosa spalla quando Jack rischiera’ la vita per salvare Emma.
Ma lo spasso passa anche per un varano surgelato nel freezer di casa e autore di un’eccezionale operazione sul gorilla di turno al quale strappera’ un occhio, mentre un produttore di musica si ricicla con profumo scadente e chioma rossa molto femminile, tanto che si soprannominera’ come la marca di una linea di prodotti cosmetici. Insomma, ce n’e’ per tutti e per tutti i gusti, in un giallo che strappa molte risate nella tragicommedia della quotidianita’ raccontata con estrema naturalezza, proprio come avvenisse sotto i nostri occhi, malgrado omicidi e pestaggi, tentativi di eliminare dalla redazione il nemico giurato e colori improponibili di smalti per unghie dei piedi. Su tutto la domanda: perche’? Perche’ Jimmy degli Slut Puppies e’ morto se “gli adolescenti che comprano la maggioranza dei CD sull’intero pianeta avevano ancora il pannolino” quando lui era una star? E perche’ assassinare tutti i membri della band? Perche’ intestardirsi nel voler scrivere una storia, un clamoroso articolo da prima pagina, se “era chiaro che i quotidiani erano una cosa del passato: un medium moribondo”? Il mito americano non muore mai, e cosi’ anche questa e’ una storia a lieto fine, pur sulla conta dei morti. Tutto e’ bene quel che finisce bene e alla fine giustizia sara’ fatta, mentre si scolpiranno i colpevoli, il lavoro del tribunale fara’ il suo corso, i colpi di scena si vivono come la normalita’ di una storia fantastica e bislacca allo stesso tempo e, ancora una volta, la voce della verita’ si levera’ alta e avra’ ragione e successo. Il giornale ritornera’ ad essere paladino degli onesti e tutto tornera’ alle favole rosa e romantiche. Con nuovo amore incorporato.
Solo il lettore si sentira’ un po’ orfano, finito di leggere il romanzo, perche’ “Crocodile Rock” e’ una di quelle storie che devi leggere di notte, sull’autobus, al mare, in ufficio al posto della pausa pranzo, o tenendo la televisione spenta. Un capolavoro. Ricco, peraltro, di considerazioni veritiere: “Nell’ambiente musicale, basta un battito di ciglia e sei il passato. Non c’e’ piu’ ‘un passo alla volta e si arriva alla meta’, e neanche ‘la volonta’ paga’. Non piu’”. E sono rari anche quegli Ellery Queen che si rivolgono direttamente al lettore, quegli scanzonati giovanotti pieni di paranoie che diventano simpatici proprio perche’ appaiono caricature del vivere, mentre i novelli Ike ultranovantenni abbrancano un pesce e non lo mollano, a costo della vita. Anche i coccodrilli fanno cosi’: azzannano un necrologio e non lo mollano piu’, a costo della vita, fino a quando ne tirano fuori un pezzo da novanta: un romanzo da prima pagina nel nostro scaffale di vita.
Alessia Biasiolo

(recensioni CROCODILE ROCK)

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Hugues PaganIN FONDO ALLA NOTTE – Euro 13,50

www scanner it, 29.6.09
La narrativa noir francese e’ sempre stata una fucina di talenti inesauribile nel tempo, e uno dei nomi di punta dell’attuale panorama e’ sicuramente Hugues Pagan. In questo suo romanzo d’esordio, si parte da una livida provincia francese, con un manipolo di personaggi che vivono come ombre.
Jacques Cavallier e’ un ex sbirro con un passato da dimenticare e una scia di sangue che lo perseguita anche nella sua nuova carriera di giornalista. Anita e’ il suo amore e sembra donargli una seconda possibilita’. Ma qualcosa infrangere il suo presente: Jacques inizia a ricevere periodicamente dei versamenti di denaro da sconosciuti, e successivamente si accorge di essere pedinato e diventa inconsapevolmente l’obiettivo di un killer. Il suo vecchio compagno Chess e’ invischiato in un affare di droga dalle enormi proporzioni ed e’ scomparso. Jacques diventa il bersaglio involontario delle indagini della polizia, che cerca di sapere da lui cose che non e’ a conoscenza e il suo ignorare i fatti lo metteranno con le spalle al muro. Una storia dove le prospettive si sommano, nutrendosi di sfumature e spingendo i protagonisti verso una strada lastricata di violenza, dove il confine tra il bene e il male e’ labile. Pagan usa un linguaggio diretto e tagliente come una lama da rasoio e affonda i suoi bisturi come un abile chirurgo nelle piaghe caratteriali dei personaggi per dipanarsi lungo i corridori della storia con dialoghi circolari nelle sue funzioni di svelare corruzione e sporcizia morrale. Un noir rigorosamente compiuto, dosato su un ritmo narrativo che diventa canto disperato sui perdenti, che vivono questo romanzo come schiacciati da memorie ingombranti e rimpianti profondi. Anche se e’ un libro di anni fa, e solo ora disponibile in Italia, trova la sua attualita’ nel fallimento dei protagonisti, lesi da una verita’ che si adombra e trova zone charoscure senza lasciare nessuna traccia, se non una orma umana persa nelle sue tribolazioni.
Matteo Merli

(recensioni IN FONDO ALLA NOTTE)


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1 commento

  1. Commento by Odisseo77 — 12 Novembre 2009 @ 16:16

    SU TABUCCHI SCRITTORE – Tanatoparty coglie nel segno. Antonio Tabucchi è uso a plagiare libri. Ecco alcuni esempi: Ne “Il filo dell’orizzonte”, 1986, Feltrinelli, la cella frigorifera genovese e l’etichetta per risalire all’identità dell’ucciso vengono copiati da Georges Simenon, “Maigret e il viaggiatore di terza classe”, Oscar Gialli, 1988, Mondadori, pag. 24-25-26, (da Simenon copia l’idea di inserire nei romanzi ricette di cucina, “Un’ombra su Maigret”, Mondadori, “funghi alla bordolese, pollo al vino”, vedere “La testa perduta di Damasceno Monteiro, 1997, Feltrinelli); mentre l’ingrandimento della foto è preso da “Le bave del diavolo” di Cortàzar (I racconti, pag. 272, Einaudi Gallimard); La tecnica narrativa ( di “sostenere”) in “Sostiene Pereira” viene copiata dal racconto di Thomas Bernhard: “Il Loden”, edizioni Theoria in traduzione italiana. Anche i titoli dei racconti e l’argomento sono plagiati.
    In “Donna di Porto Pin”, pag 89, “Una balena vede gli uomini”, COPIATA dalla poesia di Carlos Drummond De Andrade (Sentimento del Mondo, Traduzione Tabucchi, Einaudi: “Un bove vede gli uomini”); Il titolo del racconto in “Piccoli equivoci senza importanza”: Il rancore e le nuvole” dalla poesia, sempre di Drummond de Andrade in “Sentimento del mondo”: “Conclusione”: “(…) se il poeta è un rancoroso, e il resto è nuvole?” pag. 95); In “L’angelo Nero” il racconto: “Notte, mare o distanza” COPIATO dalla poesia di Drummond De Andrade (Sentimento del Mondo, Einaudi, cit., pag. 29).
    La GRANDISSIMA plagiatura da altri autori compare negli ultimi libri. In “Si sta facendo sempre più tardi”, 2001, Feltrinelli, la lettera “Mia donna cara”, pag. 207, è la trascrizione in prosa della poesia di Carlos Drummond de Andrade “Lettera” comparsa in “Sentimento del Mondo”, Einaudi 1987, pag. 89, tradotta da Tabucchi. Altri brani per le lettere di “Si sta facendo sempre più tardi” sono presi a destra e a manca. Altre lettere tabucchiane potrebbero esser state copiate dal Drummond non tradotto in italiano. Nel dettaglio:   Tabucchi in “Si sta facendo sempre più tardi” ha plagiato Drummond De Andrade (Sentimento del Mondo – Einaudi ’87) da lui tradotto.  Drummond: pag 89: “”Vorrei scriverla proprio con parole…frementi della passione… E attraversando gli oscuri strati di argilla…si sta facendo il tempo stranamente lungo via via che si accorcia… cavallo dirompente…” – Tabucchi, pag 207: Vorrei proprio scriverti una lettera…. seppure frementi della  passione di un tempo. E attraversando gli oscuri strati di argilla…cavallo al galoppo…”   Il libro “Autobiografie altrui” sulle poetiche a posteriori utilizza una poesia di Vasco Graí§a Moura (L’ombra delle figure, Fondazione Piazzolla, 1992) “Le poetiche a posteriori”, pag. 115, a cura della moglie di A.T. Rintracciabile in librerie dell’usato. I lettori del nuovo libro di Tabucchi: “Il tempo invecchia in fretta” devono essere informati su quanto la CRITICA LETTERARIA-CASTA-TACE!. (Odisseo77)

     

     

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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart