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Varie ipotesi su Monti

20 Dicembre 2012

(da “Dagospia”, 20 settembre 2012)

1. DAGOREPORT
Monti 1-2-x. Si candida direttamente, mettendo la faccia sulla scheda oppure si limiterà a scodellare l’Agenda Monti? Ieri sera abbiamo pronosticato il no di Supermario; stamattina i giornaloni si sono spaccati: il Corriere (voce di Montimer) titola “Niente candidatura diretta ma sostegno pieno al centro. Farà campagna Tv”)”. Altro giro: La Repubblica (voce di Bersani) tuona invece – al fine di stanarlo – “Monti sarà candidato premier”. Vai con la giostra di carta: Il Messaggero (voce di Casini) la candidatura è data per “probabile ma non certa”.

Perché Dagospia ha sparato il flash delle 19.16 con l’annuncia che Monti non si candiderà? E al 99 per cento sarà così? E’ successo che lunedì scorso Montimer abbia incontrato Giuliano Amato per riferirgli la sua intenzione di scendere direttamente in pista. Amato gira la notizia al suo primo sponsor Re Giorgio Napolitano che convoca il Superbone di Varese e gli fa, in parole grevi, il seguente ragionamento: se ti metti alla guida di una coalizione Casini-Montezemolo non riuscirai mai a incassare più voti del Pd e sappi che l’incarico lo conferisco al leader che prenderà più voti. E tu resterai fuori pure da una eventuale salita al Colle supremo. Ti conviene?
Ecco perché ci siamo lanciati a pronosticare ieri sera il no di Monti alla candidatura diretta. Non è meglio, caro Mario, di starsene fuori dai coglioni e vedere come finiscono le elezioni più 1-2-x della storia? Magari, è probabile, che il populismo anti-tasse e anti-Europeo di Berlusconi faccia breccia e al Senato, dove non c’è il premio di maggioranza come alla Camera, venga fuori una situazione di pareggio. In quel caso, davanti a uno stato di ingovernabilità, ti assicuro che ti conferirò l’incarico. Altrimenti, hai sempre un viale asfaltato che ti porta al Quirinale.

2. MONTI SARí€ CANDIDATO PREMIER DOMENICA L’ANNUNCIO ROAD MAP PER IL GOVERNO
Francesco Bei

Nel vertice di ieri con i centristi, Riccardi e Montezemolo, nella telefonata successiva con Gianfranco Fini, nelle riunioni che si sono susseguite a palazzo Chigi con i ministri Passera, Grilli, Giarda e Moavero, il premier ha mantenuto ferma questa decisione. Il suo silenzio non è dunque dovuto a tentennamenti, soltanto al riserbo che ancora il ruolo di premier super partes gli impone. Ma tra quarantott’ore – approvata la legge di stabilità e date le dimissioni nelle mani del capo dello Stato – la riserva sarà sciolta e l’annuncio sarà pubblico.

L’accusa del presidente del Copasir, quella di «immoralità » se avesse deciso di candidarsi contro il Pd che l’ha fin qui sostenuto, Monti non l’ha ancora digerita e non è tipo da dimenticare facilmente. Ancora ieri l’hanno sentito ripetere proprio ai leader di Udc e di ItaliaFutura che «non intende farsi dare ordini » da D’Alema. Questo freddo con l’ex ministro degli Esteri non significa comunque che il premier abbia ora in mente di partire lancia in resta contro il Pd. Tutt’altro. Gli obiettivi polemici della campagnaPignolo e attento ai dettagli anche minimi, Monti dunque parlerà, ma non durante la conferenza stampa di fine anno (ancora da decidere se farla sabato sera o, più probabilmente, domenica mattina). Ai giornalisti che glielo chiederanno non darà risposte. Poi, terminate le domande e dichiarata chiusa la fase istituzionale della conferenza
stampa, sarà egli stesso a svelare quanto ha in mente. Con un appello finale in cui verrà lanciata la candidatura. Quella dell’impegno diretto «è la strada moralmente migliore », ha spiegato ai suoi sponsor dentro e fuori palazzo Chigi, usando come una clava quell’avverbio che Massimo D’Alema gli aveva scagliato addosso due giorni fa.

L’accusa del presidente del Copasir, quella di «immoralità » se avesse deciso di candidarsi contro il Pd che l’ha fin qui sostenuto, Monti non l’ha ancora digerita e non è tipo da dimenticare facilmente. Ancora ieri l’hanno sentito ripetere proprio ai leader di Udc e di ItaliaFutura che «non intende farsi dare ordini » da D’Alema. Questo freddo con l’ex ministro degli Esteri non significa comunque che il premier abbia ora in mente di partire lancia in resta contro il Pd. Tutt’altro. Gli obiettivi polemici della campagna montiana saranno altri, in primis Renato Brunetta – considerato l’ideologo della nuova fase populista di Berlusconi – e poi Nichi Vendola.

La “formula” dell’impegno pubblico sarà quella di una dichiarazione rivolta al futuro. Un appello in cui il premier farà il punto sull’agenda del governo e indicherà gli altri obiettivi da raggiungere. Un appello rivolto formalmente a tutti, a chi è interessato che quanto fatto finora non vada buttato, e in questo senso – ha spiegato agli alleati metterà se stesso a disposizione del progetto politico. Con Bersani invece il premier coltiva un buon rapporto, ricambiato.
«Con Monti ci capiamo », conferma il segretario del Pd nelle sue conversazioni private. I due si sentono “complementari”. Sanno bene entrambi che Bersani a palazzo Chigi e Monti al Quirinale sarebbe il ticket perfetto per tranquillizzare i mercati e l’Europa, la Cgil e la sinistra. Ma al momento il Professore ha altri piani in mente.

Certo Monti non ha intenzione di riempire i teatri o fare comizi. Non è nel suo stile e la natura non si può violentare. Lascerà che siano altri a farlo per lui. «Di Berlusconi ce ne occuperemo noi », gli hanno assicurato battaglieri sia Casini che Montezemolo. Proprio il leader di Italia Futura, che negli ultimi giorni ha tenuto un profilo basso, è in procinto di lanciare da lunedì un’offensiva in piena regola proprio contro il Cavaliere. Bruciandosi così tutti i ponti alle spalle.

Non è un mistero infatti che, fino all’ultimo, il leader del Pdl abbia cercato di portarlo dalla sua parte offrendogli di tutto. Anche la candidatura a premier. L’ultimo tentativo c’è stato questa settimana. A chiamarlo è stato una vecchia conoscenza, Gianni Letta, tentando di convincerlo a non sostenere Monti: «Luca, stai facendo un errore. Quella compagnia… Casini e Fini… ma tu che c’entri? Non è casa tua. Ci dobbiamo vedere ». L’appuntamento non è mai stato fissato, la telefonata di Letta è stata l’ultimo contatto con la cerchia berlusconiana.

Adesso tutti sono in ballo.
Certo, anche tra i montiani resta un problema aperto. Sarà una lista unica a sostenere Monti? Una federazione di partiti? Tre liste (la terza sarebbe quella  degli “esodati” del Pdl)? La riunione di ieri mattina con Casini, Cesa, Galletti, Riccardi, Montezemolo e gli altri non è servita ancora a sciogliere il nodo. Da qui la preoccupazione generale, soprattutto del leader Udc: «Bisogna fare presto, Berlusconi occupando la tv ha già preso tre punti in una settimana. Io lo conosco bene, non lo dovete sottovalutare ». La lista unica “per Monti”, sia al Senato (dove di fatto è una scelta obbligata per via dello sbarramento all’otto per cento), sia alla Camera, è la scelta che i “politici” – da Casini a Fini – preferirebbero. Montezemolo e Riccardi, al contrario, hanno in mente di presentarsi per conto loro. Non per snobismo ma per un calcolo di marketing politico: «La nostra forza, il nostro brand, è la novità. Converrebbe a tutti ».

Ma la discussione è ferma a questo punto, anche se prevale quella delle tre liste. C’è poi la questione del ruolo di Corrado Passera. Montezemolo e Casini frenano. Il ministro dello Sviluppo, concordano da Italia Futura e Udc, «vuole sempre il posto di capotavola. E pure quando lo ottiene deve comunque allargare i gomiti ». L’unica decisione presa è invece quella di presentarsi anche alle regionali. Ci saranno liste Monti sia in Lombardia (con Albertini) che nel Lazio.

2. CORRIERE DELLA SERA: IL PROFESSORE GIí€ PRONTO PER LA CAMPAGNA IN TV
Marco Galluzzo per Il  Corriere della Sera

La scrittura del programma, del manifesto, o per usare un lessico gradito a Palazzo Chigi, dell’agenda Monti per un Monti bis, è a buon punto. È la scrittura di una traccia che diventerà discorso, sabato o domenica, nella conferenza stampa di fine anno. Sono stati richiesti e sono arrivati anche contributi da parte dei ministeri, con qualche imprevisto: in alcuni casi gli elaborati degli uffici legislativi, tracce tecniche, giudicate di scarso valore, sono stati rispediti al mittente.Mentre i suoi uomini, la sua segreteria, il suo ufficio di gabinetto, i suoi collaboratori, partecipano in modo attivo alla formazione delle liste, o della lista, richiamando il principio che il Professore ha chiesto di osservare (massimo riserbo e meno politici possibili, un via libera di massima sui nomi decretato da lui stesso, quasi un’ultima parola), mentre succede tutto questo, con interlocutori come Casini, Montezemolo, Cesa, Olivero, Riccardi, lui, il presidente del Consiglio, quando può, quando ha tempo, scrive.
Usando le parole del ministro Riccardi: «Monti sente che l’opera di cambiamento è incompiuta. Parlerà della sua agenda, di quello che considera un programma necessario di riforma della vita del paese, perché altrimenti dalla crisi non si esce ». Usando una battuta che a Palazzo Chigi si faceva ieri sera: «Il nostro governo ha fatto trivellazioni sino a trenta metri, le necessità del Paese richiedono scavi sino a 300 metri ».Lui, a chi gli ha parlato, descrive così i contenuti di un’agenda che darebbe da sottoscrivere alla lista o alle liste che lo sosterranno come candidato premier: al Paese occorrono «riforme epocali », tanto profonde da considerare minime quelle approvate negli ultimi dodici mesi; occorrono anche riforme costituzionali, perché ormai la macchina dello Stato ha bisogno di essere messa al passo dei tempi; c’è da riformare un’articolazione delle amministrazioni in cui si decida finalmente «chi fa che cosa »; ci sono da introdurre liberalizzazioni molto più incisive di quelle finora immaginate.

In sintesi, per tornare realmente a crescere in modo sostenuto, per restare nella fascia di primo livello dei Paesi sviluppati, Monti avverte che solo con la ricostituzione di forte centro moderato, che abbia la forza di proporre agli italiani un discorso di verità sullo stato delle cose, e sulle necessità di cambiamento, l’Italia possa costruire un futuro solido e prospero.
Le fasi dell’impegno nuovo del capo del governo, come venivano descritte ieri nel suo staff prevedono due step iniziali: prima la presentazione di un manifesto programmatico, intorno al quale raggruppare partiti, movimenti e personalità politiche che sostengono Mario Monti; successivamente sciogliere il nodo sulle modalità della discesa in campo: lista unica o federazione.È un modello, se non alternativo, diverso da quello che propone il Pd, dove «l’azione di governo ancora fa confusione fra i concetti di dialogo e concertazione sociale »: e qui a Palazzo Chigi toccano forse uno dei nodi della scelta di campo che il Professore sarebbe pronto a fare, ovvero l’assenza, a suo giudizio, al momento attuale, di un’adeguata rappresentanza politica in grado di modernizzare il Paese.
Mentre non c’è traccia dei dubbi, che pure serpeggiano fra alcuni membri del governo, sulla figura di un premier dimissionario che da Palazzo Chigi si ripropone al Paese: sarebbe legittimo? Esporrebbe una carica dello Stato a delle obiezioni fondate? Né al Quirinale, né intorno a Monti, al momento, sembra che il tema si proponga come un problema.La scelta di una lista unica, almeno secondo alcuni studi condivisi ieri mattina con Casini, potrebbe avere degli effetti virtuosi in termini di consenso, «sino al 10% in più dei voti che riscuoterebbero liste separate ».
In questa cornice appare scontato aggiungere che Monti farà campagna elettorale, ovviamente anche in tv, con la partecipazione a talk show politici.
Mentre su una riserva che ufficialmente è ancora da sciogliere basta notare che l’incontro con Casini e Montezemolo, ieri mattina, a Palazzo Chigi, è stata in fondo la prima riunione politica di un ex premier tecnico. Nessuno si è preoccupato di tenerla riservata.


L’indecoroso spettacolino di Benigni
di Claudio Romiti
(da (L’Occidentale”, 20 dicembre 2012)

Pagato profumatamente con i soldi del canone, Roberto Benigni ha inscenato su Rai1 una sorta di liturgia costituzionalista. Da convinto liberale, debbo dire che lo spettacolo è stato a dir poco indecoroso. Soprattutto sul piano delle semplificazioni e delle approssimazioni storiche, l’apologo del comico toscano ci è sembrato simile ad una pagliacciata.

In particolare, al di là di alcune gravi forzature – come quella di contrapporre la Repubblica alla Monarchia assoluta, dimenticandosi che pure i Savoia regnavano sotto una Costituzione -, ci è sembrato del tutto sganciato con la realtà dei fatti il suo tentativo di far discendere l’evoluzione dell’Italia e dell’Europa dalla presenza di una Carta piena zeppa di propositi edificanti.

A suo parere, infatti, la nostra Costituzione avrebbe influenzato mezzo mondo, contribuendo – tra le altre cose – a mantenere la pace nel Vecchio Continente. Ma è nella premessa iniziale che si è manifestato l’aberrante visione statolatrica del Benigni, unita ad un evidente desiderio di portare acqua al mulino della sua nota parte politica; ossia una sinistra da sempre sostenitrice di un sistema fondato proprio sul primato della medesima politica.

Tant’è che il nostro ha esordito tessendo l’elogio della politica, quindi indirettamente dei partiti, considerandola come il mezzo e il fine di ogni società evoluta. Il presente ed il futuro dei nostri figli, a parere di codesto cantastorie, dipenderebbe esclusivamente dagli uomini che siedono nelle varie stanze dei bottoni della democrazia. Come dei grandi e piccoli taumaturghi, nella religione benignarda, costoro avrebbero l’onere e l’onore di mettere in pratica gli esaltanti principi espressi da una Costituzione di stampo quasi sovietico.

Ma è proprio la pretesa di far discendere la realtà da un atto deliberato della sfera politica, che per Benigni rappresenta una sorta di verità rivelata, che noi liberali contestiano in radice. Noi crediamo, in totale antitesi rispetto al delirio dell’autore de La vita è bella, che gran parte di ciò che esiste al mondo sia il frutto di uno sviluppo spontaneo dell’uomo e delle sue capacità organizzative e che, di coseguenza, la sfera politica dovrebbe essere limitata a pochi e circoscritti aspetti. Non certamente quelli di creare il Paradiso in terra. D’altro canto, pur se molta acqua è passata sotto i ponti dell’Arno, Benigni continua a riproporre, attraverso una aberrante idea di ingegneria sociale, quella visione di uno stato leviatano che ovunque ha creato lutti e sofferenze. Per questo, noi liberali crediamo che molta parte della Costituzione italiana vada completamente riscritta, soprattutto laddove essa pretende di costruire una società nuova. I cambiamenti più profondi, ahinoi, non si raggiungono né per decreto legge e né ascoltando le tele-prediche dei comici politicamente schierati.


Maurizio Belpietro su Benigni, qui.

Da non perdere: Marco Travaglio sui politici. Video.


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Bart