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Condannato a morte

16 Maggio 2013

di Alessandro Sallusti
(da “il Giornale”, 16 maggio 2013)

Ergastolo. Non potendo chiedere quello fisico, la Boccassini ci prova con quello politico: interdizione perpetua dai pubblici uffici, oltre alla condanna a sei anni, è infatti la richiesta fatta dalla pm milanese nei confronti di Silvio Berlusconi. C’è del marcio in tutto questo, tanta è la sproporzione tra la debolezza degli indizi raccolti a sostegno del teorema accusatorio e la pena richiesta.

Ergastolo politico per due reati (concussione e sfruttamento della prostituzione) che ancora oggi restano senza vittime. Nega di esserlo Ruby («non ho mai avuto rapporti sessuali con Berlusconi »), negano i funzionari della Questura di Milano («non siamo stati condizionati o intimiditi dalla telefonata di Berlusconi la sera dell’arresto di Ruby »).

La Boccassini ieri ha definito Ruby esempio di «furbizia orientale », concentrando in questa frase l’essenza del processo: un pregiudizio geopolitico e un falso, essendo il Marocco, Paese d’origine della ragazza, a Occidente. Pregiudizi e falsi, conditi con intrusioni nelle vite degli altri da fare invidia alle peggiori dittature. Spiare, intercettare non per cercare la prova schiacciante di un reato ma per costruire il reato. Senza approdare a nulla, perché un rapporto sessuale negato dalle parti interessate non potrà mai essere dimostrato anche se avvenuto. Sulle dicerie, sulle vanterie telefoniche o sulle invidie delle amiche si possono scrivere pagine di gossip, non sentenze giudiziarie. Altrimenti mezzo Paese dovrebbe finire al gabbio.

La Boccassini è convinta, direi ossessionata, che ad Arcore si sia fatto del sesso. Non ci sono prove, semmai è stato dimostrato il contrario, ma vado oltre. Credo che anche la signora Ilda abbia fatto e magari faccia tutt’ora sesso a casa sua. Non ci interessa con chi, come e quanto. Non ci interessa se lei o i suoi partner nell’accoppiamento siano sinceri o interessati, quali siano i loro giochini erotici, se al risveglio la signora trovi o no un regalino inaspettato sul comodino, se il suo partner abbia o no commentato le sue performances con amici e colleghi, magari aggiungendo un tocco di fantasia. Ci interessa che se nessuno dei due lamenta abusi o forzature, le loro prodezze erotiche non entrino mai in un’aula di tribunale. A tutela della loro dignità e del nostro buongusto. Dalla guerra alla mafia alla caccia, senza esito, degli spermatozoi di Berlusconi: quella che si vanta di essere allieva di Falcone e Borsellino ha trascinato la giustizia al suo punto più basso e umiliante per tutti. Perché processare uno stile di vita non è l’anticamera del regime. È regime.


Marina Berlusconi: “Ruby? Toghe morbose, vergognose, voyeur”. Ira su De Benedetti, Grillo e Ingroia
di Claudio Brigliadori
(da “Libero”, 16 maggio 2013)

“Il processo Ruby? Quello non è un processo, è una farsa che non doveva neppure cominciare”. E’ furiosa, Marina Berlusconi, e per la prima volta attacca senza badare alle cortesie di maniera i magistrati che indagano sul padre, Silvio Berlusconi. Intervistata dal settimanale Panorama in edicola domani, giovedì 16 maggio, la primogenita del Cavaliere va giù piatta contro le toghe di Milano: “Hanno lavorato per anni, hanno accumulato lo sproposito di 150 mila intercettazioni, hanno raccolto quintali di verbali, hanno vivisezionato in modo morboso e vergognoso la vita di mio padre e tutto per realizzare non un processo, ma una fiction agghiacciante ad uso e consumo di media molto compiacenti”. Di fronte a questo “esercizio di voyeurismo”, assicura Marina, “finirà tutto in una bolla di sapone, come sempre, ma all’associazione della gogna interessa solo la condanna mediatica. E, quando il teorema dell’accusa crollerà, quale interdizione dovrebbe essere chiesta per coloro che hanno costruito questa montatura infernale?”. “L’obiettivo è chiaro – spiega ancora -: colpire una volta di più mio padre, come politico, come imprenditore, ma anche nella sua dignità di uomo”. Pochissima fiducia dice di avere nel Tribunale di Milano, e al riguardo cita le condanne precedenti, dal caso Unipol al processo Mediaset, fino al Lodo Mondadori: (“quell’esproprio da 564 milioni”). E “per chi avesse ancora dei dubbi sull’aria che tira, c’è anche la sentenza sul divorzio di mio padre. La cifra fissata mi pare dimostri come ogni senso della realtà e della misura sia stato ampiamente superato”.

“Destino dell’Italia nelle mani delle toghe” – “E’ mostruoso il solo pensare che il destino del Paese passi per le mani di un gruppo di magistrati spalleggiati da qualche redazione e qualche arruffapopoli”, prosegue Marina Berlusconi. “Sbaglia chi pensa che oggi la questione riguardi solo le vicende giudiziarie di mio padre. No, quello della giustizia malata è un problema che tocca direttamente la vita quotidiana di ciascuno di noi. L’incertezza del diritto può distruggere un Paese”. La figlia del Cav punta il dito non contro tutta la magistratura, ma contro un gruppo ristretto e “politicizzato”: “L’indipendenza della magistratura è un principio costituzionale sacrosanto. Il problema è che è stato usato per cancellare altri principi, altrettanto fondamentali. Si è fatto scempio dei più elementari diritti della persona: il diritto al rispetto della propria dignità, ad una privacy, a non vedersi linciati sui media prima ancora non dico di una sentenza, ma di un processo”.

Grillo, Ingroia e De Benedetti nel mirino – L’attacco di Marina è a 360 °. L’ingegnere Carlo De Benedetti, l’uomo che dalla sentenza del Lodo Mondori incasserà un bel gruzzolo, è il primo della lista: “Certo che vederlo dare lezioni di imprenditorialità… Proprio lui, con le macerie industriali che si è lasciato alle spalle… Altro che imprenditore: lui era e resta un inarrivabile prenditore, il numero uno di quel capitalismo cannibale che pensa solo ad arricchirsi senza dare nulla in cambio, anzi, costruisce le sue fortune sulle sfortune altrui”. Tra l’altro, scherza la Berlusconi, il patron di Repubblica fresco sostenitore di Matteo Renzi porta pure jella: “Visto com’è andata a finire per tutti quelli che finora hanno ricevuto l’investitura dell’Ingegnere, fossi in Renzi magari qualche scongiuro lo farei”. “Uno dei più gravi errori della sinistra -allarga il raggio dell’analisi -, che mi pare stia pagando a carissimo prezzo, è stato proprio quello di aver rinunciato a fare politica, ad affrontare l’avversario sul terreno della politica”. Il frutto è aver aperto la strada proprio a quegli “arruffapopolo” sopra citati. “Per Beppe Grillo e i suoi guardiani della rivoluzione parlerei di nullismo, con l’antiberlusconismo e con il loro essere antitutto tentano di mascherare il nulla assoluto di programmi e proposte. La politica avrà mille colpe, ma non può finire nelle mani di un gruppo di dilettanti, o replicanti, allo sbaraglio”. E all’ex pm di Palermo Antonio Ingroia, altro celebre giustizialista anti-Cav, Marina riserva un’amara sorpresa: “Lo citeremo in giudizio, ha definito Finivest una società che ha riciclato capitali mafiosi. E lo fa ignorando, o addirittura manipolando, i risultati dei processi nati dalle sue stesse inchieste, i quali non hanno potuto che dimostrare l’assoluta inconsistenza di ipotesi simili. Negli ultimi vent’anni abbiamo pagato più di 9 miliardi di euro di tasse, ne abbiamo investiti 27, diamo lavoro a quasi 20 mila persone. E’ troppo chiedere un pò di rispetto, che poi non è altro che il semplice rispetto della verità?”.


A Palazzo è sempre Carosello
di Sarina Biraghi
(da “Il Tempo”, 16 maggio 2013)

L’economia non cresce più. Decresce. La politica non ragiona più. Litiga. L’Italia non va avanti. Arretra.
Continua ad esserci una dissonanza tra la drammatica situazione economica del Paese, che peraltro si sta estendendo nel resto d’Europa se la «cugina » Francia è ufficialmente in recessione e la Germania cresce lentissimamente, e la scarsa volontà riformatrice della politica. Andiamo con ordine.

Il Pil, il prodotto interno lordo italiano, è calato per la settima volta consecutiva. La crisi economica continua a frenare il nostro Paese malgrado la politica di austerità imposta da un governo tecnico durato tredici mesi. Nel primo trimestre di quest’anno il Pil è calato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,3% nei confronti del primo trimestre del 2012 e, ricorda l’Istat, un’analoga situazione non si è mai registrata dall’inizio delle serie storiche, nel primo trimestre 1990. L’andamento negativo dell’economia italiana è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nei comparti dell’industria e dei servizi e di un aumento nel settore dell’agricoltura. La variazione acquisita per il 2013 è pari a -1,5%.

Gli ottimisti dicono che guardando bene, la «curva » del Pil mostra una piccola inversione verso l’alto, cioè, nel quarto trimestre dello scorso anno la discesa era stata dello 0,9, da gennaio a marzo 2013 ha recuperato uno 0,4. Potere consolatorio dei decimali… che ieri si è sommato all’approvazione alla Camera (grillini esclusi, chissà poi perché…) del decreto sui pagamenti dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni. Si tratta di quaranta miliardi di euro di disponibilità finanziarie che saranno trasferiti dalle casse del settore pubblico a quelle del settore privato (peraltro così finalmente lo Stato onora i suoi impegni verso le imprese) dopo aver preteso dall’Europa la flessibilità che meritava l’Italia che ha saputo risanare i propri conti e creare le condizioni per uscire dalla procedura per deficit eccessivo.

Un Paese strano che merita fiducia se, sempre ieri malgrado l’Istat, investitori istituzionali hanno destinato i loro soldi (6 miliardi ma le richieste erano per 13) a un Btp che scade tra 30 anni.
Per i comuni mortali, invece, quelli che hanno messo tutti i loro risparmi nella prima, e unica, casa, domani in consiglio dei ministri passerà la sospensione della rata dell’Imu. Poca cosa? Neanche per sogno, se proprio l’imposta municipale insieme alla contrazione della concessione dei mutui hanno fatto crollare il mercato immobiliare e non solo.

E mentre gira questa giostra di numeri impressionanti e soldi mancanti, i nostri politici continuano a pensare alle intercettazioni, ai processi del Cavaliere, al corto circuito giustizia-politica. Ma si rendono conto che gli italiani sono stanchi dei caroselli?


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Bart