MUSICA: I MAESTRI: Bach organista tra Weimar e Lipsia14 Settembre 2012 di Lionello Cammarota Giovanni Sebastiano Bach contava appena diciotto anni quando nel 1703 eb be ad Arnstadt il suo primo impiego. Il contratto lo invi tava a svolgere le mansioni di organista nella Chiesa Nuova, risorta appena da vent’anni sul le rovine della secolare chie sa di S. Bonifacio, e continua va in questi termini: «… avre te buona, cura dello strumento conservandolo con ogni dili genza, avvisando subito di qual siasi difetto avesse, rammen tando subito ogni necessaria ri parazione, proibendo a chiun que di sonare su di esso sen za previa licenza del signor Sopraintendente; e adopererete ogni migliore diligenza vo stra per preservarlo da ogni danno e per tenerlo in buono stato e ordine… ». L’organo per il quale le autorità chiedevano tanta cura era da poco uscito dalle mani del costruttore Wender, ed è attualmente conser vato integro presso il museo di Arnstadt, con manuali, pe dali e registri disposti così co me erano al tempo di quel con tratto con Bach. Comunque, già prima di que sto impiego, Bach se n’era qua si assicurato uno simile a Sangershausen, dove era deceduto da circa un anno l’organista Grafenhayn; ma a causa del l’età troppo giovane gli fu pre ferito un certo Giovanni Ago stino Kobelius. Sia a Sangershausen e sia ad Arnstadt Gio vanni Sebastiano turbò profon damente l’uditorio, allorché dette mostra delle proprie ec cellenti qualità tecniche, e da r ei momenti il diffondersi della sua fama, quale insupe rabile organista, andò sempre aumentando. Gli anni di Wei mar, quelli di Köthen e di Lip sia, non faranno poi che im porlo fra i contemporanei an che al di fuori della Turingia e della Sassonia. Ma tanta notorietà in vita, accentrata sulle sole doti di virtuoso del l’organo, fu nociva per il Bach compositore, e ne offuscherà la grandezza anche dopo la morte. Era necessaria questa pre messa per poter comprendere di quale entità sia stata l’in clinazione di Giovanni Seba stiano verso la tastiera dell’or gano, e per porre tutta la pro duzione bachiana nella sua più vera e più semplice luce: un monumentale edificio scaturi to dalle esperienze organisti che. Allorché egli si rivolga al le voci o agli strumenti di una orchestra, si ha sempre una visione architettonica struttu ralmente derivata dalla compa gine dell’organo; si potrebbe parlare addirittura di proiezio ne di medesimi elementi su piani diversi. Ecco che, pur ri manendo comunque capolavori le cantate, gli oratorii, i con certi e ogni altra composizio ne nata da quell’ingegno, sarà sempre la musica organistica a doversi considerare al di so pra di tutto, in quanto più di retto e più puro mezzo di co noscenza del genio di Bach. E’ sull’organo che gli si con centrano tutte le complesse e svariate tendenze che hanno costituito il movimento storico a lui antecedente; i filoni cul turali che vi convergono si fon dono in nuova sintesi dando vita a una nuova sorgente d’ar te. Dalle maniere di J. J. Froberger, di J. K. Kerll, di J. Pachelbel attingerà il gusto del la variazione e della coloritu ra; dai maestri del Nord, cioè da D. Buxtehude, da J. A. Reinken e da G. Boehm ricaverà invece lo spirito della libera elaborazione contrappuntistica e della meditazione religiosa. La tecnica di Giovanni Seba stiano, pur nella ricchezza de gli espedienti costruttivi, degli schemi formali, degli sviluppi diatonici e cromatici e fin nel la più complicata tessitura, non tradisce mai il principio della essenzialità: ogni ele mento, il più piccolo, vive la sua esistenza in rapporto agli altri, necessario e indispensa bile, mai superfluo, natural mente concepito e risponden te a una precisa logica. Ma non si tratta solo di equilibrio formale: il tutto vibra intensa mente di espressione dramma tica; sono accenti ispirati e fre menti, interpreti di un sentire profondo che si concreta in immagini di monumentale grandezza. Il concerto dell’organista Mi chael Schneider, alla Sala di via dei Greci dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia, è sta to fra i migliori avutisi nel l’anno in corso. Le qualità tec niche e interpretative dello Schneider sono risultate eccel lenti sotto ogni aspetto, e han no pienamente rievocato l’in confondibile spiritualità di Bach. Ha aperto il programma la « Fantasia e Fuga in sol minore », fatta ascoltare secon do lo Spitta al Reinken nella Katharinen-Kirche di Ambur go dallo stesso autore nel 1720; quindi si è aggiunta la « II So nata in do minore », che fa parte, con la « VI Sonata » pu re eseguita, delle Sechs Sona ten dedicate al primo figlio Wilhelm Friedemann, composizioni queste ove è palese la de rivazione dalla struttura della sonata da chiesa italiana, e nel le quali vi sono in embrione gli elementi di’ ciò che realiz zeranno poco più tardi Piatti e Haydn. Altra cosa eccelsa sono le un dici variazioni sul corale « Sei gegrüsset, Jesu gütig », deno minate come « Partite diver se ». Dopo il « Preludio e Fuga in re maggiore », che mostra un’accentuata somiglianza con altri lavori dello stesso Bach e del Pachelbel, il concerto ha avuto la sua conclusione con la celeberrima « Toccata e Fu ga in re minore ». Peccato che una così alta manifestazione non sia stata adeguatamente accompagnata dalle note illu strative del programma: alla più che autorevole introduzio ne del Pannain segue una più che scadente guida ai pezzi eseguiti. E’ cosa, questa, spes so denunciata anche da altra stampa, alla quale l’Accade mia non crede di porre riparo. Peggio è poi l’aver dovuto leggere sui manifesti affissi in ogni angolo della città « Par tita sul corale » invece di « Par tite diverse sul corale », a pro posito delle variazioni sopra « Sei gegrüsset, Jesu gütig », il cui equivoco è dato dall’ignorare che con Partita s’intende Suite, mentre con Partite Diverse s’intende Variazioni (vedi le edizioni della Herausgegeben von der Bach-Gesellschaft, oppure le tavole tematiche dello Schmieder, o ancora il trattato di G. Bas sulle forme musicali, pagg. 187 e 222). E queste sono cose inammissibili. Letto 2907 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. 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