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Nei discorsi di fine anno ha vinto l’ipocrisia

2 Gennaio 2013

Ogni volta la chiamo ipocrisia, ma dovrei dire qualcosa di peggio, che so, menzogna, spudoratezza, presa in giro, e forse scendere ancora più in basso.

Ma limitiamoci a ipocrisia. Cominciamo con Monti. Pure lui, sapendo bene in che pasticci ha messo il nostro Paese, ed essendosi calato in politica, comincia ad impararne il mestiere, e così ha cominciato a canticchiare il ritornello della riduzione almeno di un punto della pressione fiscale.

Napolitano non è stato da meno, e pure lui chiede alla politica che si tutelino le fasce più deboli.

Il lettore avrà già capito che sono gli obiettivi che la politica si dà da sempre, ma che da sempre non realizza mai. Perché? Darsi questi obiettivi migliora, anche se di poco ormai, gli indici di popolarità e di consenso. Non mantenerli è questione talmente consolidata da non stupire più. Nel frattempo, fra il dire e il fare, ci si è seduti sulla poltrona che si desiderava occupare. Napolitano, per esempio, che sta per lasciare il suo incarico per sedersi in parlamento da senatore a vita, vuol lasciare di sé il ricordo di un uomo che ha sempre avuto a cuore i più deboli e per essi si è battuto (ma quando?).
Tutte le volte che si alzerà dal suo scranno auspicherà che chi lo ascolta sussurri: Quello è il politico che ha a cuore i più deboli.

Ma i fatti li smentiscono entrambi. Monti perché sa che ha oberato a tal punto le classi più deboli e il ceto medio che una promessa di tal genere si insemina in un corpo morto, non solo, ma egli non avrà nemmeno responsabilità di governo tali da poter giocare un ruolo in tale direzione.
Napolitano è in politica da una vita, e da un certo tempo ha tenuto in mano (è stato anche presidente della camera) un potere enorme. Eppure le classi più deboli non solo sono rimaste tali ma si sono moltiplicate.

Dunque, a chi si rivolgono? Ai disperati. Ai nuovi strati sociali da essi creati, ai quali non è rimasta altra scelta che quella della fede e della illusione.
È questa l’Italia a cui possono rivolgersi i nostri due presidenti. Un’Italia di cui conoscono l’enorme capacità di assorbimento di menzogne e ipocrisie.
L’altra Italia non li crede più e non li ascolta. Li considera la nere veste del loro degrado e della loro umiliazione.

La cosa migliore che dovrebbe accadere nel nuovo anno che si è appena avviato è che scomparissero della ribalta, oppressi dalla loro incapacità.
Salvo prima aiutare i più deboli destinando loro l’enorme liquidità che la politica ha loro consentito di accumulare.

Lo stipendio di Napolitano, percepito per 7 anni, consentirebbe a molte famiglie di arrivare alla fine del mese. Senza dire degli enormi risparmi che potrebbero derivare dal ridimensionamento di una struttura quale quella quirinalizia che è la più costosa al mondo, per essere destinati ai più deboli. Ma Napolitano, che chiede sempre agli altri, si è ben guardato dall’agire in questa direzione.

Insomma, nessuno dei due – suppongo (se sbaglio chiedo scusa) – ha mai pensato concretamente ai più deboli. Solo a parole, secondo la migliore scuola della ipocrisia, una scuola che ha la sua maligna centrale proprio in Italia.


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