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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

Mai un passo indietro

29 Marzo 2010

Lo dice il giudice Silvia Conti abbracciando il corpo del commissario Corrado Cattani, da poco ucciso dalla mafia. Lo sceneggiato è celebre, lo ricorderanno in tanti: La piovra.  

L’attacco di questi mesi alla governabilità del Paese è stato ed è ancora feroce e dissennato. Ieri e ancora oggi c’è la possibilità di non fare un passo indietro, di affrontare la minaccia per sconfiggerla. Ce lo permette l’atto più importante in una democrazia, il diritto di voto. Si è tentato di violare anche quello, senza alcuna vergogna, con un’azione arrogante e prevaricatrice, che ha visto coinvolti molti poteri forti. Un cumulo di Espinosa, Salimbeni e Tano Cariddi.  

Sanno lavorare bene, sanno indossare il doppiopetto, sanno mentire ed ingannare. Tra di loro non ci sono poveri operai, dei quali si interessano sempre meno. Non creano posti di lavoro, non vanno a lavorare alle cinque del mattino, non fanno i turni di notte. Quando Bersani si reca ai cancelli della Fiat e si alza presto per stare con loro, finge, la sua è una messa in scena. Bersani non sa cosa significhino i turni di notte, cosa significhi alzarsi presto la mattina, salire su di un treno e farsi un’ora di viaggio per recarsi al lavoro. Non sa i sacrifici che si devono sopportare per arrivare alla fine del mese. Bersani sa solo fare chiacchiere. I posti di lavoro non li sa creare, non sa nemmeno da che parte si debba incominciare. Sa solo raccontarla ai gonzi. Quando segretario del Pd era il portatore d’odio Franceschini, speravo che l’avvento di Bersani portasse un po’ di buon senso nel partito di opposizione; invece Franceschini è stato sostituito da uno che si è battuto addirittura perché una parte di elettorato non avesse la possibilità di esprimersi. Un errore che la dice lunga sulla democrazia a cui tende quest’uomo.  

Chi alla democrazia tiene veramente non può disertare il voto per fare largo a questi paladini di una democrazia fasulla e ingannevole. Chi diserta il voto oggi è semplicemente un vigliacco. Non ci sono attenuanti.      

Non si deve aver paura delle parole. Tutte le cose hanno un nome, e quel nome non dobbiamo nascondercelo. L’astensionismo oggi equivale a vigliaccheria.  

Ho letto che, al termine della prima giornata di voto, la percentuale dei votanti è scesa di circa 9 punti. Le urne non sono chiuse. Oggi si vota fino alle 15 e c’è tempo per recuperare.  

Però una cosa va detta. Nessuno può accampare l’attenuante che della politica si è schifato.  

Significherebbe cadere nel gioco dell’opposizione che tutto questo ha organizzato abilmente per tempo, muovendo tutti i suoi burattini, certa magistratura compresa.  

Il puparo ha cercato di inondare il Paese di repulsione nei confronti della politica: non dobbiamo permettergli di vincere la partita.  

Chi non ha ancora capito che andare a votare è importante per l’avvenire del Paese, e soprattutto per l’avvio delle riforme, o è uno stupido o è un vigliacco. E siccome tutto gli è stato spiattellato per filo e per segno, non è uno stupido ma è un vigliacco.  

Nella mia vita ho fatto tante battaglie, e molte le ho vinte, e ho sempre disprezzato coloro che, mentre noi ci battevamo, stavano alla finestra a guardare, non disdegnando poi di spartirsi il bottino della vittoria.  

Li ho sempre considerati i parassiti della società. Persone abominevoli. Vigliacchi, appunto, una delle specie peggiori.  

C’è un proverbio antico: meglio un giorno da leone che cento da pecore. Viene da una saggezza lontana.  

Non ho peli sulla lingua: chi non va a votare è un cittadino indegno. È uno che si nasconde, che non vuole esporsi, che la sua bandiera la tiene rinchiusa a chiave nel cassetto, pronto a salire sul carro del vincitore.  

Quando ho incontrato persone di questa specie non mi sono mai trattenuto dal dichiarare loro il mio disprezzo.  

Nella vita bisogna sempre metterci la nostra faccia, il nostro nome e cognome. Non avere paura di nulla. Essere pronti alla sconfitta, subirla con rabbia, ma con dignità, nella consapevolezza di avere fatto di tutto per vincere.  

Noi non possiamo, nel nostro piccolo, cambiare la Storia, ma una mano per segnarne la rotta, sì che la possiamo dare.  

Sarà bello affrontare il proprio futuro sapendo che lo abbiamo fatto.

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“Un errore chiamarsi fuori” di Mario Calabresi. Qui.


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2 Comments

  1. Commento by Ambra Biagioni — 29 Marzo 2010 @ 10:36

    Dal Legno

    Caro Bartolomeo, il tuo articolo così accorato mi ha fatto venire il groppo alla gola. Quante volte, nel mio piccolo, ho seguito il tuo esempio, quante volte ho svolto la mia opera di insegnante cercando di dare ai miei ragazzi questo senso civico di responsabilità personale…
    e l’ho fatto nell’assoluta convinzione che votare fosse giusto, non importava per chi e per quale parte, non solo, ma quando spiegavo il perché fosse giusta la segretezza del voto, non mi rifiutavo di dichiarare con semplicità come sarebbe stato il mio, eppure ho operato per moltissimi anni in zone rosso sangue, ma ne ho ricevuto solo rispetto e affetto.
    Oggi non si respira che odio, perché si è smarrita la lealtà.

  2. Commento by Mario Di Monaco — 29 Marzo 2010 @ 19:31

    Cara Ambra, rispondo qui anche al tuo commento postato nell’articolo precedente.

     

    Quello che mi sembra di capire dalle prime proiezioni, è che i cittadini si sono dati una mossa ed hanno confermato la fiducia all’attuale maggioranza di governo.

    La strategia di Di Pietro di convincere la gente che senza di lui in questo paese non si può governare, credo sia definitivamente fallita.

    Molti credono, ancora oggi, che la sua discesa in campo sia motivata dal suo odio personale per Berlusconi e dall’intenzione di battersi contro una paventata   minaccia ai valori della nostra democrazia.

    Può anche darsi che all’inizio sia stato così. Ma, come si dice, l’appetito vien mangiando, e dopo qualche manovra andata a segno, tesa ad indebolire l’avversario, ha capito che poteva alzare il tiro ed aspirare ad un obiettivo assai più ambizioso.

    Coinvolgere nel suo progetto la sinistra non è stato un problema. Del resto, anche quando i carri sovietici invasero l’Ungheria per sovvertire la volontà popolare, Napolitano ed i suoi compagni non  si resero conto della gravità di ciò che stava accadendo.

    La sua iniziava  nei confronti di una parte della maggioranza e di Casini, ha richiesto invece interventi più arguti ed articolati che si sono basati soprattutto nell’ostacolare e addirittura impedire con ogni mezzo l’azione di governo per poi, paradossalmente, attribuire a Berlusconi e alla sua maggioranza di non occuparsi dei problemi del paese. Come si è visto qualcuno ha abboccato, ma per fortuna la maggioranza degli elettori ha sonoramente bocciato tale progetto.

    Con Berlusconi, tutti i cittadini, di ogni convinzione politica, sono ben consapevoli, al di là di ciò   che vogliono fra credere le manifestazioni strumentali organizzate dagli adepti di Di Pietro, che le libertà e i diritti di coloro che non condividono le sue idee politiche non corrono alcun pericolo, sia perciò che pensano e sia per ciò che esprimono. Anzi, direi quasi, che da noi accade l’opposto.

    C’è solo da sperare che anche la sinistra e gli amici di Fini e Casini   aprano gli occhi e si decidano finalmente a collaborare con la maggioranza per varare quelle riforme indispensabili ad evitare rischi simili in futuro.

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