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PITTURA: I MAESTRI: Afro

6 Ottobre 2012

di Leonardo Sinisgalli
[dal “Corriere della Sera”, domenica 18 gennaio 1970]

La fama di Afro cresce. A Nuova York, a Berlino ci sono amatori che scommet ­tono su un suo rilancio sen ­sazionale imminente. Le bonnes bouches, vale a dire gli intenditori per vocazione o per mestiere, si accaparrano le sue opere. Toninelli mi di ­ce che lui e Afro hanno pro ­grammato le vendite per non fare il giuoco del mercato: qualche diecina di tele al ­l’anno e non più. Così il pit ­tore può permettersi il lusso di esporre centinaia di opere inedite, prima nientemeno nel museo progettato da Mies Van der Rohe a Berlino, e poi nella mostra antologica aperta al Palazzo dei Dia ­manti di Ferrara.

Pochi artisti hanno saputo dosare e amministrare la pro ­pria fortuna meglio di lui. Per riuscirci bisognava mettere al bando la vanità e la rapacità. Afro vive a Roma isolatissimo in un quartiere protetto dagli alberi e dalla rarefazio ­ne urbanistica. Per un paio di mesi, l’estate, se ne torna nel Friuli natio, nel castello di Prampero che ha fatto re ­staurare, e dove soltanto qual ­che intimo può raggiungerlo.

Rimasto vedovo in età gio ­vanile, Afro ha via via rinun ­ciato, o perlomeno ha ridotto al minimo i suoi impegni mondani. Una diecina di anni addietro lo si poteva incon ­trare nelle ore di notte in qualche gaia comitiva ele ­gante. Ma da tanto non lo si vede più: so che va e viene in America, che ha passione per la caccia; tanto lui che Burri erano fino a ieri assi ­dui del tiro al piattello. Ma di cani, di fucili, di cartucce ho l’impressione che egli, a differenza di Burri, non ami neppure discorrere. La sua passione è teorica, arriva fino a sparare in aria su un di ­schetto di metallo. So anche che gli piacciono le macchine belle, di buona marca, e che le cambia spesso.

Può darsi pure che sul Natisone si sia fatto convincere qualche volta a tentare la cattura della famosa trota di cento chili, una specie di Moby Dick d’acqua dolce, che divora tutte le trote giovani.

E’ difficile farlo cantare; Afro è riservatissimo, non ama le confidenze e tanto meno le effusioni. Ma intorno a lui, certo, ci dev’essere qual ­cuno oltre naturalmente la vantata governante di cui parlano con boria tutti i no ­stri amici scapoli. Ho pensato a qualche donna, non un’ami ­ca o un’amante vincolata al training dell’amicizia, del ­l’amore o dell’assistenza, a una donna soprannaturale, a quella che si chiamavala Musa, ma splendida, uno spi ­rito in belle sembianze come forse soltanto Poe tra i mo ­derni ha saputo inventare: « I denti di Berenice erano delle idee ». Oppure un amico d’infanzia, che fa tutt’altro mestiere, anzi non ne fa nes ­suno, e si contenta di vivere con noi come un’ombra, al ­leggerendo la nostra vita di tutte le rogne, e non chieden ­doci altro che una compa ­gnia distratta, contentandosi di dormire dove capita e dove è possibile, anche sotto il let ­to. Un minimo romanzo, un romanzo d’avventura di gran ­de autore però, un autore mi ­sterioso, Stevenson, Hawthorne, Greene, bisogna immagi ­narlo intorno a lui; se no ve ­ramente dobbiamo credere che si tratti di un mostro, troppo diverso da noi.

La sua opera, quella che comincia dopo la fine della guerra, dà pochi appigli alle chiacchiere. Le stesse dichia ­razioni dell’autore sono rare e sibilline. Afro parla di me ­moria, parla di musica. Pre ­senta i suoi quadri senza ti ­toli, come fanno certi poeti con le loro poesie: ma in questo caso si presume che il titolo possa essere assunto dal primo verso.

Vengono fuori quei titoli so ­spesi, bellissimi, che starebbe ­ro bene anche dietro i qua ­dri di Afro: Appena vivo per un fischio, oppure Per anni mi soccorse la tua vista, o ancora Splende il tuo lume tetro, eccetera. Un segreto struggente è nel cuore, nella radice della pittura di Afro, nella sua espressione fuggi ­tiva. Avevo detto all’improv ­viso anni fa ch’egli correva col vento (e mi riferivo al ­l’unico disegno di lui che pos ­siedo, comprato dal povero Gastone Novelli: « Ragazzo dietro il volo d’un uccello ») e mi accorgo davvero che i suoi quadri, la sua mano, partono sempre da sinistra, da occi ­dente, verso destra, l’oriente. Camminano i suoi grovigli come nuvole verso l’aurora.


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