PITTURA: I MAESTRI: Goya: senza odio né pietà26 Aprile 2013 di Raffaele Carrieri Nel 1800 Goya ha cinquantaquattro anni. E’ stato tutto quello che un pittore di genio immagina di essere. Felino, ha amato i riconoscimenti ufficiali. Ava ro, ha amato il lusso degli altri. Ha sposato una bor ghese ma è stato l’amante di una duchessa. S’è piegato alla corte, all’accademia, al committente, al clero. S’è piegato come un istrione ma poi ha fatto quello che doveva. Ha fatto del re un borghese ventruto. Non una vendetta ma un ritratto, un ritratto dove la maggior po tenza sta nel dipinto. Dei rossi più esplosivi di un at tentato. Ha fatto dei princi pi e delle principesse altret tanti ritratti. E’ andato a fondo di ognuno senza odio ma anche senza pietà: irri ducibile. Della società ci ha lasciato una galleria. Ha intro dotto nell’arte dell’arazzo i focosi giochi del popolano aragonese. Ha dipinto santi col chiaroscuro di una rissa notturna. E’ stato leggero e profondo, inquietante. Ha trattato con lo stesso genio soggetti sacri e profani, pae saggio, nudo, natura morta. Ha infuso vita terrestre ai gioielli. Ha dipinto raso e velluto come nessuno prima li aveva dipinti. Ha mescola to la processione del Vener dì Santo e le scene dell’In quisizione, il tribunale al carnevale. E’ stato povero. E’ stato ricco. E’ stato ge neroso e avaro. Ha avuto carrozze e cavalli. Ha vinto concorsi e riscosso medaglie e pensioni. E’ stato accade mico. Ha diretto la real fab brica di arazzi. Non c’è sta to nobile spagnolo che non sia stato suo committente. Un altro a cinquantaquat tro anni conclude una carriera e tira le somme. Ha lavorato come venti spagno li messi insieme. Ha mietuto tutto quello che c’era da mietere. Le sue rendite sor passano quelle di un conte e la sua gloria è senza con trasti. Piuttosto massiccio, tozzo, corto di gambe e di collo, con una faccia da mangiatore di fuoco e dei modi irritati e tempestosi Goya ha colto uno dei più rari e stravaganti fiori del l’antica corte: la duchessa D’Alba. E a 54 anni il fiore è fresco al suo occhiello. L’inizio del secolo è apportatore di disgrazie. Nel 1800 muore la duches sa e nel 1811 Josefa, la con sorte. Tra l’una morte e l’altra il terribile 1808, l’ini zio della guerra civile, la caduta di Carlo IV, la cac ciata dei mamalucchi delle armate napoleoniche, il ba gno di sangue di cui è som mersa Madrid per ordine del generale Murat, il mancato riconoscimento di Ferdinan do al trono da parte dei francesi, la rivoluzione civi le in tutta la Spagna. In mezzo a questo fuoco e a questo sangue, tra fucila zioni ed impiccagioni il vecchio Goya, a più di ses sant’anni, ritrova la giovinezza del suo genio. E’ ve dovo di due donne, è sordo, ha lasciato agi e ambizioni e vive come un eremita nei dintorni di Madrid. Non ha lavorato mai tanto, lui che ha dipinto più re principi e regine di Velasquez, il ritrattista dei nobili, l’autore del la Maya nuda ora non di pinge che visioni, massacri, streghe che spogliano gli impiccati, scene di crapula; sono i disegni e le incisioni del Disastri della guerra le fucilazioni del 12 maggio. E’ una rivoluzione in piaz za ma è anche una rivolu zione nella sua pittura. Una maggiore intensità e larghez za, un’irruenza di forme, di tonalità, una condensazione di motivi epici e drammati ci che si susseguono uno do po l’altro come in un cielo meraviglioso e boccheggian te. Dipinge quello che vede. Dipinge quello che im magina. Dipinge tele e di pinge muri. Le pareti del suo studio e della sua casa di campagna â— la villa del Sordo la chiamano â—. E’ il ritratto della Spagna in lutto. Un autoritratto multi plo, gremito. La Spagna è Goya. La Spagna è il suo sanguaccio aragonese. E’ quest’osso del cranio. Sono le sue mani e il suo occhio, quest’occhio che entra nel nostro come un chiodo. E dove poggia fa un buco. Nella villa del Sordo su una parete ha dipinto il Pellegrinaggio a Santo Isidoro e la Visione fantastica, due capolavori; e non sono i soli. Tele e telai non basta no. Goya si avventa sulle pareti e dipinge dalla mat tina alla sera l’odore di que sto sangue, e il canto della civetta in mezzo ai morti. Vedove scarmigliate e urlan ti che si dibattono tra piedi freddi. Goya è vedovo del la Spagna. Letto 4810 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||