PITTURA: I MAESTRI Guardi: Scritti suoi e dei contemporanei22 Novembre 2016 a cura di Luigina Rossi Bortolatto Per dare un’idea di come sia impossibile mantenere alla parola ‘fortuna’ un senso letterale, volendola ap Âplicare ai documenti e alla tradizione, oltre che ai commenti critici su Francesco Guardi, si è preso in esame un gruppo di scritti che vanno dal 1750, quan Âdo l’artista ha treni otto anni, sino al 1855., poco più di mezzo secolo dalla sua morte. Nel periodo in que Âstione, avvenimenti interni alla famiglia dei Guardi e avvenimenti esterni, culturali storici politici, hanno considerevolmente influito sugli scritti stessi, siano do Âcumenti vergati di pugno da Francesco, siano giudizi sulla sua figura e sulla sua pittura. Iniziamo con due lettere del pittore, o almeno ri Âtenute tali, in quanto oggi scomparse, edite da Simonson (1904), che le studiò nella raccolta del vene Âziano Luigi Artelli. Lettere che hanno fatto supporre a qualche critico di appartenere a Gianantonio Guar Âdi, fratello maggiore di Francesco; il che sembra da escludere se non altro per l’inutilità da parte dell’edi Âtore di esumare una firma allora ignota. Il nome di Gianantonio infatti compare nella vicenda critica più tardi, allorché il Fogolari (1913) diffonde la notizia che un altro Guardi godeva considerazione ai suoi tempi, visto che nel 1756 veniva accolto dalla neonata Accademia di Pittura, mentre Francesco fu invitato nel consesso soltanto nel 1784. Le due lettere sono di Ârette all’avvocato Carlo Cordellina, proprietario della villa di Montecchio Maggiore presso Vicenza, affre Âscata da Giambattista Tiepolo, cognato di France Âsco, nel 1743. Al Cordelina, Vicenza, Montecchio. Illust.mo Sig. Padron Colen.mo In risposta al di lei riverito Foglio segnato 25 corren Âte le dico, come io o scritto a Sua ecelenza il Sig.r Grimani, che se puole atendere sino il tempo della paschua ventura io sarò pronto a fare quanto mi co Âmanda. Egli cortesemente mi rispose che dovesse per ordine del magistrato ribasare il prezzo delle pitture e lo ribasai. Ora da questo si può vedere quanto sia la mia onestà nel ribasare il prezzo. Ora mi resta di attendere l’ordinaccione aciò siano pronti al tempo sudeto. Intanto mi darà gracia delli miei rispeti alla famiglia e di non credere che io sia trascurato nelli miei vantagi e nelle sue grazie. Et umilmente rivedendola mi dichiaro Di V.S. Ill.ma Umiliss.o et devot. servitore Francesco de Guardi Venezia,  18 setembre 1750 Ill.mo Sig.r Padron, da molto tempo che io l’inviai la mia suplica contenente a l’afare delli miei sfor Âtunati modelli, insisterei ancora; più non ebbi novità alcuna, ora la suplico come cortesemente ella si esibì favorirmi dopo il S. Martino prossimo scaduto, anzi mi vado lusingandomi del favore e s’acerti che tratta con persona onesta et onorata. La suplico quanto pos Âso darmene un qualche aviso per la mia quiete e pace. Etc. Venezia 26 novembre 1750 Dalle missive possiamo ricavare una considerazione circa le “ordinaccioni” assunte dall’artista, che le re Âputa “sfortunati modelli”, lasciando adito a due ipo Âtesi: la prima si riferisce ai committenti (solo ecce Âzionalmente Francesco Guardi porta a compimento lavori per veneziani, e vediamo in questo caso come anche fuori della città le commissioni fossero difficol Âtose poiché gli viene ingiunto dal magistrato, una volta presentati i “modelli”, di ribassare i prezzi pri Âma di procedere al lavoro nelle dimensioni definiti Âve) ; l’altra è relativa ai “modelli” stessi, che sono for Âse le copie di dipinti altrui â— la bottega dei Guardi ne eseguì anche per il maresciallo Schulenburg e per i Giovannelli â—, comunque opere dì figura di cui Francesco tratta la fornitura in via diretta e autono Âma; ciò che sembra rivestire un valore speciale nella dibattuta questione circa la più volte asserita dipen Âdenza di bottega â— sia pure dal solo lato commercia Âle â— di Francesco nei confronti del più anziano fra Âtello Gianantonio. Nel 1782 Pietro Edwards, ispettore delle pubbli Âche pitture in Venezia, incarica Francesco Guardi, da parte della Serenissima, di eseguire quattro quadri per commemorare la venuta di Pio VI, “Adì 21 mag Âgio” dello stesso anno, redigendo una ricevuta il pit Âtore asserisce fra l’altro: … dovranno essere rappresentate quattro funzioni re Âlative alla dimora di S. Santità Pio VI in questa Do Âminante con l’obbligo di prendere le vedute dei siti sopralluogo, e di dipendere dalla direzione del sud.o Sig. Edwards in quanto riguarda la disposizione e collocazione delle figurine rappresentanti le funzioni medesime, le quali saranno qui appresso indicate: il tutto per lo stabilito prezzo di zecchini Veneti n. die Âci dico 10, per ogni quadro; sono in tutto zecchini Veneti n. quaranta, e le funzioni da rappresentarsi saranno le seguenti: 1. Arrivo di S. Santità a S. Giorgio in Alga, ed in Âcontro col Serenissimo. 2. Pontificale nella chiesa dei S. Giovanni e Paolo. 3. Sua Santità in attesa di scendere dal Trono nella Sala d’udienza per incontrare il Serenissimo nell’ulti Âma visita di congedo. 4. La Benedizione al Popolo nella finta loggia alla Scuola di S. Marco… Successivamente, in altra ricevuta, del 24 dicem Âbre dello stesso anno, l’artista dichiara, a opera com Âpiuta, di aver ricevuto i quaranta zecchini e in più altri otto: …ch’egli [il “Sig. Edwards”] gratuitamente mi rega Âla per soprappiù del confermato contratto, per li re Âtroscritti quadri, sopra di quali mi obbligo di esegui Âre le piccole ulteriori alterazioni desiderate da esso Sig. Edwards… Il documento, conservato nella Biblioteca del Se Âminario Patriarcale a Venezia (cod. 961-52), appare significativo qualora si vogliano cogliere la serietà e l’impegno del pittore, anche se Edwards più tardi (1804), in una lettera al Canova, non si dimostrerà molto tenero nei confronti delle sue opere. Nei Notatori di Pietro Gradenigo (Venezia, Mu Âseo Civico, cod. n. 67, voi. XI, e. 80) si legge: 25 aprile 1764 â— Francesco Guardi pittore della con Âtrada dei SS. Apostoli sule Fondamente Nove, buon scolaro del rinomato Canaleto, essendo molto riuscito, per via della camera ottica, di pingere sopra due non piccole tele ordinate da un forestiere inglese, le vedute della Piazza S. Marco verso la Chiesa e l’Oro Âlogio e del ponte di Rialto e sinistre fabbriche verso Cannaregio, oggi le rese esposte sui laterali delle Procuratazie con universale applauso. È la prima notizia ‘esterna’ riguardante l’attività artistica del pittore e conviene sottolineare come nel 1764 egli sia considerato “buon scolaro del rinomato Canaleto”; il che, se si rivela poco oculato nei con Âfronti della tipologia del vedutismo di Francesco in quel momento e per nulla atto a coglierne i valori profondi, attesta comunque in modo non equivocabile la sua operosità in tale à mbito. D’altra parte po Âco prima (1762) Alessandro Longhi, nel Compendio delle vite dei pittori veneziani isterici più rinomati, non fa menzione di Francesco; ma il Canaletto vive ancora, il Guardi è poco noto e la sua produzione di vedutista viene considerata di un “genere minore”. Un apprezzamento positivo sull’opera dell’artista è contenuto nel Catalogo di quadri esistenti in casa del Sig. Don Giovanni Dr. Vianelli (Venezia, Carlo Pa Âlese, 1790, pag. 42); dove, dopo la descrizione di tre suoi paesaggi (“Capricci”), il loro autore è definito spiritoso nell’inventare, sperto nell’architettura, nel contraffare i terreni, nell’espressione dell’aria e del Âl’orizzonte. Inoltre ci si lagna che nessuno ne dia notizia comecché egli, nel far di vedute ne sia stimato non poco, e lo meriti tanto più che se ne veggono alcune in istampa. Lavora eziandio nella età sua senile in Venezia, ch’ebbe per Patria fortunatamente. Interessante anzitutto il giudizio, non ancora in Âfirmato dal gusto neoclassico; da notare inoltre la precisa allusione alle stampe dell’artista che già cir Âcolano dopo la concessione fatta a Gabriele Marchiò, nel 1788, da un ‘ducale’ di Alvise Mocenigo, di riprodurne all’incisione alcune vedute di Venezia. Poco dopo la morte di Francesco tuttavia â— come si accenna qui sopra â— proprio l’Edwards, che prece Âdentemente ha commissionato all’artista alcuni dipin Âti, incaricato da Antonio Canova di trovare opere per la sua raccolta, facendogli notare la difficoltà di re Âperire dipinti del Canaletto, Bellotto, Maneschi e Tiepolo, così scrive il 23 giugno 1804 all’ormai celebre scultore: …Restano le cose del Guardi scorrette quanto mai, ma spiritosissime, e di queste vi è adesso molta ricer Âca, forse perché non si trova di meglio. Ella sa però che questo Pittore lavorava per la pagnotta giornalie Âra; comprava le telaccie di scarto con imprimiture scelleratissime; e per tirar avanti il lavoro usava co Âlori molto ogliosi, e dipingeva bene spesso alla prima. Chi acquista dei suoi quadri deve rassegnarsi a per Âderli in poco tempo; ed io non mi farei mallevadore della loro durata per altri dieci anni. Sulla scoperta fattane dal Sig.r Tomoli trattai l’acquisto di due di tai quadretti per S. V., ma non ci siamo potuti aggiu Âstare col venditore. Erano graziosetti, e nient’altro. Il Sig.r Orsetti procurò alle mie istanze di farmene vedere alcuni altri di terza persona, tutta roba da bot Âtega, anzi di rifiuto. Feci indagare se più esistevano quelli altra volta posseduti dal N. H. Battaglia, e dei quali avevo una qualche vantaggiosa reminiscenza; ma seppi che furono venduti. Io continuerò a star in traccia senza posa, e forse sbuccherà fuori qualche pezzo di nostra soddisfazione. Gran peccato! anche questo ramo del nostro albero pittorico si va seccan Âdo in Venezia; non ci sono più pittori vedutisti di buon nome … Il giudizio sul Guardi non risulta di sicuro positi Âvo, sollecitato come dalle nuove estetiche; per di più considera dell’artista un unico aspetto, quello relativo al vedutismo topografico o di fantasia ; infine sottoli Ânea la sua scarsa fortuna ( “lavorava per la pagnotta giornaliera”) e l’uso infelice di “telaccie di scarto con imprimiture scelleratissime “. Tralasciando il più antico giudizio critico su Fran Âcesco Guardi, quello del Lonzi (Storia pittorica del Âl’Italia, Bassano 1795), che segue di poco la morte del pittore ed è pure negativo per una condiscenden Âza al gusto imperante eccezionale nel suo formulatore, trascriviamo dalla Necrologia letteraria per gli anni 1793-94 di Francesco Aglietti (Giornale, 1798) il se Âguente “ricordo “: Guardi Vincenzo [sic]. Morto in Venezia nel 1793 in età di anni 81. Dipintor valoroso. Nel dipingere d’Architettura, che fu la precipua sua professione, andò sulle traccie del famo Âso Antonio Canal pur Veneto, appellato comunemen Âte il Canaletto, il quale mancò di vita or sono trent’anni, ed era stato la delizia del chiarissimo Co. Algarotto, che molto si compiacque di arricchire di lavori di lui la celebre sua galleria. Non è piccolo onore del Guardi ch’ei fosse, come fu realmente, re Âputato un altro Canaletto. L’illustre sig. Ab. Lanzi però, Giudice maggiore di qualunque eccezione, nella sua bellissima Storia Pittorica d’Italia ne fa osservare che nella esattezza delle proporzioni, e nella ragion dell’arte non può stare a confronto del mentovato suo Maestro. Del resto le sue Vedute di Venezia hanno svegliato in Italia e oltramonti la ammirazione di tutti coloro che, senza guardar troppo addentro, si lasciano vincere gradevolmente dal brio, dal gusto e dall’effetto vivace che spirano le sue dipinture. Le considerazioni che possono scaturire dal necro Âlogio riguardano il nome dell’artista, confuso â— a po Âchissima distanza dalla morte â— con quello del figlio don Vincenzo, suddiacono della chiesa della Madon Âna delle ‘Grazie a San Canciano, presso il quale Fran Âcesco morì, e il fatto che il pittore doveva conside Ârarsi onorato di esser “reputato un altro Canaletto”. Evidentemente manca il tentativo di un’indagine cri Âtica; cosicché il noto medico, scienziato e buongustaio si limita ad ammannire un giudizio che sarà ripreso anche dal Moschini (Della letteratura veneziana del secolo XVIII, Venezia 1806): … In questi ultimi anni fu riguardato qual altro Ca Ânaletto Francesco Guardi, morto in Venezia sua pa Âtria nel 1793 d’anni ottantuno, e di cui si parla nel giornale del dottore Aglietti, più volte da noi con lode ricordato. Le vedute da lui fatte di Venezia de Âstarono ammirazione e dentro e fuori dell’Italia. Ciò per altro avvenne presso di coloro, i quali s’appagano del gusto, del brio e di quel bell’effetto, che fu sem Âpre da lui cercato, non potendo egli con il maestro competere nella esattezza delle proporzioni e nella ra Âgione dell’arte. Molte cose egli fece, poiché amava di trarre dalla sua arte grande profitto; e molte delle più bell’opere di lui si possedevano dal più volte nominato D. Gia Âcomo dalla Lena.. Dallo scritto che segue (V. Mìssaglia, Bibliogra Âfia XXVI, Venezia 1826) ricaviamo altre notizie, ol-tre a quella ormai tradizionale su Francesco alunno di Canaletto: riguardano la qualità “seducente” ma precaria delle opere del Guardi, le precisazioni sulle stampe del Sandi e del Valesi da esse desunte, unav alutazione di gusto discutibile sulla frenetica attività del pittore dovuta al fatto che “piaceagli accumulare denaro”: … Francesco Guardi, nativo di Venezia, dove morì ot Âtuagenario nell’anno 1793, fu pittore di prospettiva. Egli era contemporaneo ad Antonio Canai, conosciu-to con il nome di Canaletto, e ne camminava sulle tracce; ma non aveva né la dottrina del disegno, né la ragione dell’arte, le quali erano somme nell’intel Âletto e nella mano del maestro. Questi talvolta gli clava disegnata alcuna tela al fine che gliela coloris Âse, serbando per sé il darle quegli ultimi tocchi, per cui non potesse venire dubbio circa l’autore. Non negheremo per altro che le vedute del Guardi non abbiano magìa di effetto: anzi è ciò così vero che quelle sono ricercate e pregiate sì dentro e sì fuori d’Italia. Non però si potranno mai confondere con le opere del Canaletto; questi appaga l’occhio, Guardi lo seduce. Costui ha lavorato moltissimo, giacché piaceagli ac Âcumulare denaro. Era sì spedito e nel concepire e nel condurre le sue opere, che talora non passavano tre dì dal commettergliela al riceverla. Chi non aven Âdo veduto opera del Guardi volesse giudicarne del merito dalle stampe che se ne ha di alcune, non lo faccia mai il suo giudizio da quelle del Sandi: costui guastò il carattere di quattro vedute che ne ha bellissime la galleria Manfredini; bensì può giudicare le altre stampe di opere di lui che ne diede il Valesi, per le quali sembra avere sotto gli occhi i quadri: tanto ne tolse nello spirito e nella maniera. lacopo figliuolo di Francesco vive in Venezia, ove esercita l’arte del padre… Spunti interessanti per quanto attiene agli aspetti della poetica di Francesco provengono da un ulteriore scritto (F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840), che rileva il modo “prodigioso” di colorire e l’attrazione esercitata da un “magico effetto”, ben Âché i “professori” non siano del medesimo avviso. Ci si rende conto che la fortuna critica di Guardi incomincia non fra gli “addetti ai lavori”, ma presso il pubblico, soprattutto straniero. Chi lascia da parte il concetto della “verosimiglianza aggettiva” riesce ad accostarsi sentimentalmente al Guardi, scoprendone la rapinosa suggestione proprio per un’inafferrabile forma e colore: …Guardi (Francesco), pittore, nato a Venezia, nel 1712; si diede a dipingere prospettive e corse sulle tracce del Canaletto, benché non avesse la sua profon Âda dottrina. Ma era prodigioso nel colorire; le sue vedute attraggono per un tale magico effetto che quantunque i professori dicessero e dicano ancora che le sue opere non resistono, giudicate dietro le ragioni dell’arte, italiani e stranieri ne rimangono innamorati. Talvolta coloriva i disegni del Canaletto, e allora le sue opere si confondono con l’opere di questo. Aveva una facilità straordinaria di operare, eguale fecondità d’invenzione, per cui in tre o quattro giorni immagi Ânava, disegnava e coloriva un quadro. E siccome piacevagli guadagnare, approfittava di queste sue doti. Molte opere del Guardi sono in Inghilterra; quattro bellissime esistono nella galleria Manfrin di Venezia…. Anche Girolamo Dandolo (La caduta della re Âpubblica di Venezia, 1855), dopo aver ricordato Fran Âcesco Guardi quale pittore fecondissimo nell’inven Âtare, facile nell’eseguire, e prodigioso nel colorare, os Âservava con ironia che i suoi dipinti, meno dotti di quelli del Canaletto, erano ricercatissimi tutto che i professori andassero ricantando che essi non potevano sempre lodarsi da chi volesse giudicarli secondo le ragioni dell’arte. Concludiamo l’excursus con un ragguaglio sulla famiglia Guardi stralciato dal “Giornale agrario dei Distreti Trentini e Roveretani” del 1846: La famiglia Guardi di Mastellina in Val di Sole col Âtivò la pittura per più di un secolo, ed ottenne una italica celebrità . Il primo fu Domenico Guardi, il quale per amore dell’arte sua si trasferì in Venezia verso il principio del secolo decorso. Due de’ suoi figli Nicolò e Francesco furono egualmente educati alla pittura, ed acquistarono un posto distinto, in partico Âlare nel genere di prospettiva e di paesaggio, in guisa che i loro lavori sono assai ricercati e tenuti in gran Âdissimo pregio, e non la cedono a quelli del Canaletto, anzi con questo vengono facilmente scambiati. Ultimo fu un Giacomo Guardi figlio di Nicolò, ed anch’egli conservò la fama de’ suoi predecessori. Molti de’ lor dipinti e con predilezione quelli di Francesco Guardi furono incisi anche ultimamente nel 1833 per opera di Angelo Barbini veneziano. Di questa nobile ed il Âlustre famiglia anche un diploma del 1643 riconobbe la sua nobiltà . Essa ebbe un Marò Antonio Guardi Generale al servizio della Baviera morto in Ingolstad, un Stefano Guardi Tenente Colonnello, un Tommaso Guardi Governatore della città bavarese di Donauwerth, ed un Pietro Antonio Guardi autore di un’ope Âra teologica, e molti altri personaggi graduati e pre Âbendati ed in Vienna ed in Salisburgo. Il ramo di Mastellina e di Venezia si estinse nel 1825, ed ora esiste sol quello di Almazzago nella stessa Pieve di Ossana, discendente dal comune progenitore Guardo dei Guardi. Nel brano risultano evidenti due fatti: la nobiltà e la fama acquisite dai Guardi, specie nell’ambiente austriaco, e soprattutto la mancanza del nome di Gianantonio tra i pittori citati della famiglia, un’omis Âsione perlomeno curiosa. Qui dunque si arresta la no Âstra indagine sullo scarso materiale riguardante da vicino la figura e l’opera di Francesco. Quali dedu Âzioni trarne? Francesco è in contatto diretto con An Âtonio Canal, si dedica alla vedutistica fin dagli inizi della carriera, pratica la figura (sollecitato forse dal fratello Gianantonio). Tali deduzioni â— le sole sicure allo stato odierno delle nozioni storiche â— hanno orien Âtato la stesura della presente monografia, rivelandosi peraltro in accordo con quanto ci è sembrato emer Âgere, sul piano stilistico, dall’esame delle opere che di questo libro costituiscono la materia prima.
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