PITTURA: I MAESTRI: Il padre di Pasternak, pittore7 Aprile 2018 di Alberico Sala Pochi giorni fa, a Mosca, una mostra d’arte è sta ta chiusa d’autorità, dopo soli trentacinque minuti di apertura, perché il pittore, Oleg Tselkov, non è iscritto all’Unione di categoria, e fa una pittura « non realista ». La colpa dell’intervento po liziesco è stata ancora una volta addossata ai circoli oc cidentali, accusati di « spe culare » sull’episodio. Il par tito comunista sovietico te me, soprattutto, le ripercus sioni all’estero; e infatti, non espone, in Occidente, che stereotipe conferme del l’arte intonata al realismo socialista. Dopo la metà di giugno s’aprirà, a Venezia, la Bien nale d’arte: il padiglione russo, il più prossimo alla laguna, un po’ tetro con pesanti porte di legno, co me d’abitudine, sarà uno de gli ultimi a rivelarsi. Ogni due anni, lo si visita nel l’attesa di sorprendere un qualche segno dei fermenti che, indubbiamente, lavora no l’intelligenza russa; ma sempre bisogna arrendersi alla ripetizione di miti sim boli celebrazioni rettorica nazionalista, che l’apparato burocratico vi ha allestito. Si immagina la voce di Majakowski, in un discorso del febbraio del 1925, ad una assemblea: « Ho visto di re cente l’esposizione della pit tura sovietica e vorrei porvi una domanda: avete il corag gio di chiamare ciò cultura? Ho guardato il quadro del compagno Brodski ‘La sessio ne del Komintern’ e sono ri masto inorridito nel consta tare a quale bassezza, a qua le cattivo gusto, a quale or rore può arrivare un pittore comunista. Scusatemi tanto, compagni, ma io non vedo alcuna differenza tra le fi gure dei membri del Con siglio di Stato come le faceva Repin e questi ritratti dei capi del nostro Komintern ». Queste occasioni ripropon gono il problema di fondo, dei rapporti fra arte, liber tà e verità, che è stato sof ferto, si direbbe allo stato eroico, da Boris Pasternak, com’è dimostrato nel suo vo lume La reazione di Wasserman (saggi e materiali sull’arte), introdotti da Ce sare G. De Michelis. La rac colta di scritti di Paster nak, pubblicata da Marsilio editori, è indomitamente percorsa dalla fede nell’ar te libera, dal rifiuto della « sottomissione della voce della poesia all’attualità ». Pasternak, «non ha biso gno di dimostrare l’autono mia o l’essenza dell’arte, neppure col linguaggio scal tro e malizioso dei forma listi; egli vive delle ragioni dell’arte, e tutto il resto â— vita, storia, rivoluzione â— può essere premessa, giustifi cazione, argomento. L’esteti ca non esiste, proclama nel le sue Posizioni del 1922: e di questa convinzione (non paradosso!) sono segreta mente pervase tutte le sue proposizioni sull’Arte ». Al giornalista tedesco Gerd Ruge, nel 1957, (gli rima nevano tre anni di vita: quindi, è il primo decenna le della sua morte, nella dacia di Peredelkino, nel paesaggio di betulle, di pi ni, di faggi), Pasternak di chiarava: «Non sono dive nuto un realista socialista. No davvero. Ma sono dive nuto realista ». Il realismo era per lui il limite massi mo cui potesse tendere un artista. Nell’importante volume di documenti, messo insieme, con sottigliezza e precisione da De Michelis, si rinven gono, anche se gli interessi prevalenti sono letterari e drammatici (da Rilke, Verlaine a Shakespeare), nume rosi pensieri buoni per l’arte: « Le correnti contemporanee hanno immaginato l’arte co me una fontana, mentre es sa è una spugna… La vita non si è mossa adesso. L’ar te non ha mai avuto ini zio. E’ sempre stata dispo nibile, fino al momento in cui non viene fermata… La poesia rimarrà sempre egua le a se stessa, più alta di ogni Alpe d’altezza celebra ta: essa giace nell’erba… sa rà sempre troppo semplice perché se ne possa discute re nelle assemblee… ». Alle pareti della dacia di Peredelkino sono appesi i disegni del padre, per Re surrezione di Tolstoi. Leonid Pasternak è stato rivaluta to, l’estate scorsa, in Inghil terra, dopo una mostra alla Ely House. Era nato ad Odessa nel 1862, morì a Oxford nel 1945: sul caval letto, in camera da letto, fu trovato, incompiuto, un ri tratto di Lenin. Aveva la sciato, con la moglie, e le figlie, la Russia, nel 1921, stabilendosi a Berlino. Gli esperimenti di quegli anni non lo influenzarono. Kandinsky non lo impressionò. In Inghilterra dove si rifu giò, dopo l’avvento del na zismo, viveva di ricordi (la campagna russa, i boschi di Yasnaya Polyana, dove vi sitava l’amico Tolstoi; e Rachmaninof, Scialiapin, Pushkin, lo zar che aveva criticato un suo manifesto di propaganda per la guer ra, che venne, infatti, sfrut tato poi, dai comunisti). Era rimasto un classico; e il figlio, ad un suo tradut tore, nel 1957, prefigurava un’arte « endo-atomica », che «liberata dai piccoli cram pi nervosi dei più recenti periodi » avrebbe rimboccato «la strada provvisoriamente abbandonata dei grandi temi secolari, che aspettano una continuazione ». All’inaugurazione della mostra di Leonid Paster nak, uno studioso disse che « il genio e l’integrità del fi glio furono per certo arric chiti dall’esempio del padre ». Nell’Autobiografia dell’auto re del Dottor Zivago, vi so no pagine bellissime, sullo stupore infantile di Boris di fronte ai disegni paterni, per i testi di Tolstoi. Lavo rava in cucina, fissava i di segni con colla da falegna me su cartoni, e spediva per ferrovia. « Tolstoi si teneva a lun go le bozze e le rimaneggia va completamente. Così c’era anche il pericolo che i dise gni preparati per il testo originario non fossero più adatti alle variazioni succes sive. Ma mio padre esegui va i suoi schizzi là dove lo scrittore attingeva le sue osservazioni, in tribunale, nella prigione di transito, in campagna, sulla strada ferrata. L’accumulazione di particolari tratti dal vivo e un identico senso realistico lo salvavano dal pericolo di non trovarsi d’accordo col testo ». Affiora dal ricordo infan tile la prima radice di quel sentimento della realtà che avrebbe sempre guidato Pa sternak per i prati della vi ta, dove non si secca l’erba della poesia.
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