PITTURA: I MAESTRI: Jacques Callot17 Aprile 2014 di Dino Buzzati Ancora prima della guer ra mi presi una cotta per Jacques Callot (Nancy, 1593-1635) di cui il Gabi netto delle stampe degli Uffìzi aveva allestito una mostra (e che adesso il Museo teatrale della Scala presenta in un ricco cam pionario proveniente dal museo di Ginevra). Ne rimasi fulmineamen te stregato, e per vari an ni lo frequentai, andando dagli antiquari e dai mer canti di grafica a caccia delle sue meravigliose ac quetarti (allora se ne tro vavano ancora abbastan za) ma imbattendomi per più in copie, talora an che abilissime. Che cosa aveva il mae stro lorenese, che imparò mestiere a Roma e ri velò il suo genio a Firen ze, dal 1611 al 1621, per incantarmi cosi? E’ un problema che mi sono po sto molte volte, tanto più che io non ero affatto un patito di incisioni. C’è, prima di tutto, la singolarissima personalità dell’artista, che si distacca stranamente da tutti gli altri, precedenti e succes sivi, così da costituire un fenomeno unico e irripe tibile (Stefano della Bella, suo imitatore, al paragone fa pena). Nessuno come lui ha saputo fotografare, esaltandone i connotati e lo spirito, i cavalieri, le dame, i soldati, i bravi, i guitti, i barboni, i teppisti, i poveracci del Seicento, ha saputo raccontare, di allo ra, le folle, le battaglie, le sagre, i mercati, le fe ste, i cortei e gli spetta coli di corte (e di qui l’in teressamento da parte del Museo della Scala). E’ consueto dire che la sua maestria, per quanto mirabile, è piuttosto su perficiale, nel senso che il pittoresco, l’elegante, l’a neddotico erano il suo for te ma che il dramma e la tragedia non erano fatti per lui; tanto è vero che i supplizi del tempo de scritti nella famosa acqua forte sono stati definiti da taluni degli sport elettriz zanti e niente più. Io non sono dello stesso avviso. Proprio il senso del crudele (vedi le Miserie della guerra, il Martirio degli Apostoli e gli stessi Bulli di Sfessania) mi sembra una delle compo nenti dello spirito callottiano. Soprattutto il lore- nese è ineffabile nel ren dere l’improntitudine scel lerata di certi tipacci, fos sero maschere della com media dell’arte o lanziche necchi intenti al saccheggio. Ma il grande segreto di Callot, è quello di rivelar vi in pochi centimetri qua drati, dietro le figure in primo piano, siano signo ri, ufficiali, popolani, fra ti, zingari, soldataglia, di rivelarvi laggiù in fondo, a perdita d’occhio, la vita segreta delle genti di allo ra; come se vi offrisse, da un’alta terrazza di Firen ze, un binocolo a 40 in grandimenti per poter sor prendere, a distanza di centinaia di metri, le con versazioni, i litigi, gli amo ri, le beffe, i delitti, senza che quelli neppur lontana mente sospettino di essere osservati. La meraviglia sta infatti nella prodigiosa perfezio ne, vitalità e verità di quelle figurine, uomini, ca valli, cani, alti non più di due tre millimetri, ch’egli riusciva a realizzare gra zie a una mano infallibile, a un occhio da orologiaio, e alla vernice dura da liu tai, che consentiva dei trat ti incredibilmente sottili. Perciò consiglio, se an date alla mostra, di por tarvi una lente, se non ad dirittura un contafili. At traverso il cui cristallo ve drete i microscopici mo nchini tramutarsi in spa valdi signorotti, in elegan tissime dame, in sbirri sca tenati. Peccato solo che il mu seo chiuda alle sei. Perché ad alta notte, e l’ho con statato io stesso in stam pe di buono stato, formi chine e microbi di Callot si mettono in moto da soli, inscenando balletti e ker messe, impegnando duelli e sterminate battaglie (che durano fino all’alba). (d. b.) Letto 1290 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||