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PITTURA: Il Decadentismo: La “Femme Fatale”

23 Ottobre 2010

di Francesco Pieraccini  

Nel clima culturale Europeo degli ultimi decenni dell’ 800 e del primo decennio del ‘900,   si afferma la corrente artistica del “Decadentismo”.

L’intellettuale decadente è colui che, dall’alto della sua superiorità culturale, guarda con disprezzo la società contemporanea, criticandone apertamente la decadenza(appunto), mascherata per di più da un falso moralismo, dei costumi, assumendo atteggiamenti controcorrente e spesso volutamente eccentrici.

Caratteristico atteggiamento di questa corrente è la rivalutazione dell’ Estetismo: l’artista trova il fine della sua opera in se stessa e nella sua bellezza, al di là dei valori simbolici che possa possedere; anche questo è un atteggiamento di forte critica al pensiero convenzionale, che tende a dare dignità all’arte per il suo valore pedagogico o filosofico mettendo in secondo piano l’aspetto puramente esteriore.

Non bisogna però cadere nell’errore di considerare la corrente estetista come una poetica superficiale, i decadenti non rinunciano ad esprimere nelle opere il loro dissenso verso i contemporanei, pensiamo ad esempio ai Racconti di Wilde (“Il Principe Felice e Altre Storie”, “La Casa dei Melograni” ecc…), ma semplicemente non rinunciano al piacere esteriore che un’ opera d’arte ha il diritto di suscitare e che diventa un elemento fondamentale per ogni artista.

In questo clima di aperto disprezzo del pensiero contemporaneo, viene rovesciata anche la concezione classica della figura femminile: dalla donna angelicata, incarnazione dell’amore platonico e allegoria delle virtù, dalla Venere, rappresentazione dell’amore vero e della passione onesta,  si passa alla “Donna Fatale”, simbolo della passione perversa e sfrenata che porta alla rovina intellettuale e fisica di chi viene ghermito dalla sua voluttà.

La donna fatale per eccellenza è Salomè, figura biblica del tutto accessoria ,abilmente rielaborata in chiave decadente da artisti del calibro di Moreau, Wilde e Klimt.

Nel vangelo Salomè è la figlia di Erodiade, amante di Erode, spinta da sua madre a danzare di fronte al re biblico così da affascinarlo per soddisfare il suo desiderio di vendetta verso Giovanni Battista. Erode infatti, rimasto colpito dalla sensualità di Salomè, chiede alla ragazza cosa desideri come ricompensa della danza, ed essa, dopo aver chiesto alla madre cosa rispondere, esprime il desiderio di avere la testa del Battista. La Salomè biblica è dunque una figura totalmente marginale, uno strumento nelle mani della madre vendicativa.

 Salomè decadente è invece una donna volitiva, che esige la testa del prigioniero solo per soddisfare la sua personale perversione, in grado di piegare Erode al suo volere utilizzando solo la propria sensualità.

Uno dei primi pittori a dare una tale interpretazione di tale personaggio è Gustave Moreau, in un ciclo pittorico interamente dedicato alla perversa danzatrice.

In “Salomè danza davanti a Erode”, il pittore mostra il momento iniziale della danza: la donna fatale è riccamente vestita e procede in modo deciso,ma molto delicato verso il re, in mano porta un giglio, che, insieme al pallore della pelle che traspare attraverso i veli, rimanda ad una purezza del tutto ipotetica e fasulla, Erode intanto osserva catturato la scena, accanto ad esso si staglia una figura che brandisce una sciabola verso la quale Salomè tende la mano , rimando esplicito allo scopo della danza. La cosa che più risalta è il raffinato decorativismo che pervade tutto il dipinto, ogni figura, ogni elemento architettonico, ogni soggetto, e in particolare la protagonista, sono ricchi di affascinanti decorazioni, elaborate dal pittore dopo una preliminare stesura del colore.

Ma l’opera più celebre del ciclo pittorico è sicuramente “L’apparizione”: qui è descritto uno dei momenti culminanti della danza; la volontà di Erode è ormai completamente annullata di fronte ad una bellissima Salomè seminuda, a cui si staglia di fronte l’apparizione della testa mozzata del Battista, verso cui la donna si protende come attratta da un’insana depravazione.

A queste opere si ispireranno grandi scrittori del periodo, come Wilde, che autore del  dramma “Salomè”  illustrato da Beardsley , e soprattutto Joris-Karl Huysmans, che nel suo    romanzo      “A’ rebours” (“Controcorrente”)  ci donerà una delle più belle trasposizioni letterarie di un opera pittorica. Huysmans finge che il protagonista del suo romanzo, che si trova in possesso delle opere di Moreau, immagini di assistere alla scena della danza di Salomè: “E’ quasi nuda; nell’ardore della danza i veli si sono sciolti, i broccati son caduti; ormai è vestita solo di oreficerie e di minerali lucidi[…] Erode è sconvolto di fronte a quella nudità di donna impregnata di sentori selvatici, rotolata nei balsami, affumicata negli incensi e nelle mirre […] diveniva in qualche modo la divinità simbolica dell’ indistruttibile Lussuria,   la dea dell’immortale Isteria, la Bellezza maledetta, scelta fra tutte dalla catalessia che le irrigidisce le carni e le indurisce i muscoli, la Bestia mostruosa, indifferente,irresponsabile, insensibile, che avvelena, come l’ Elena antica, tutto ciò che l’avvicina, tutto ciò che la vede, tutto ciò che tocca.”.

Da queste considerazioni, risalta un punto fondamentale del Decadentismo: l’arte decadente è una poetica completa; completa nel senso che si esprime con affini canoni in tutti i suoi campi, dalla musica alla letteratura passando per le arti figurative, tanto che gli artisti si imitano e si omaggiano l’un l’altro traendo spunto da opere a loro contemporanee, per poter rendere il loro pensiero sempre più vivo e completo.

Altra prova importante di questa collaborazione tra artisti e tra espressioni artistiche è rappresentata dall’opera di Wilde e Beardsley. Attraverso le sue tavole, quest’ultimo descriverà visivamente il dramma Wildiano   “Salomè”, che come detto sopra era a sua volta ispirato all’opera di Moreau.

Beardsley elabora illustrazioni in bianco e nero, dando vita a scene quasi surreali, caratterizzate da complesse decorazioni basate su sensuali e sinuose linee curve, che però non appesantiscono l’immagine nel suo insieme che è anzi resa con estrema raffinatezza e sobrietà.

 “The climax” ci mostra Salomè al culmine della sua perversione: nelle mani regge la testa di Giovanni Battista, quasi per baciarlo, nello sfondo è descritto un ambiente irreale, che lascia spazio al senso di depravazione comunicato dalla scena.

Anche Klimt sarà attratto dal tema della “Femme Fatale” e dipingerà due importanti tele: “Giuditta I” e “Giuditta II” .

In “Giuditta I”, la donna fatale assume quasi un carattere positivo: Giuditta infatti è un eroe biblico, che usa la sua bellezza per sedurre e uccidere il crudele Oloferne in difesa del suo popolo.La Guiditta di Klimt però, pur volendo  rivestire tale ruolo, non rinuncia ad un incredibile erotismo, culminante oltremodo sensuale del volto,   e accentuata dalla linea curva e leggera con cui l’artista definisce in modo accattivante le forme del soggetto. Erotismo, che, in modo conforme al tema della “Donna Fatale”, è comunque e inesorabilmente legato alla morte, richiamata dalla testa del generale che Giuditta ha tra le mani.

Per quanto riguarda “Giuditta II” o “Salomè”, nome di sicuro più calzante, ogni aspetto positivo legato a tale figura è completamente abbandonato.

 Nel dipinto infatti se ne esalta l’aspetto crudele e dissoluto, l’espressione del volto della donna assume un accento inquietante, e le mani stringono avidamente la testa decapitata. Inoltre la tela è dominata da un forte senso di tensione e inquietudine comunicato attraverso due linee verticali che corrono lungo il dipinto in verso opposto: una, tracciata dal corpo di Giuditta, diretta verso l’alto, l’altra, suggerita da due strisce bianche curvilinee del vestito e dalla testa di Oloferne, diretta verso il basso.

Come ultimo interprete della corrente, vorrei citare Franz Von Stuck.
La sua “Donna Fatale” assume una carattere più universale e meno velato.
L’artista darà infatti alla sua donna il nome di “Peccato”: il quadro è interamente dominato da una figura femminile che si staglia su uno sfondo oscuro. La donna è avvolta nell’oscurità che lascia scoperto ,con spiccata sensualità, il ventre ed il seno, il volto ,inquietante e nascosto nell’ombra, fa acquistare alla figura un tono decisamente lugubre. L’accostamento di questo volto adombrato al corpo sensuale dona un accento decisamente cupo all’erotismo del dipinto .Il tema della morte è esplicitato dal serpente che avvolge la figura e guarda lo spettatore in tono minaccioso.

Questi sono solo alcuni esempi di interpretazione della “Donna Fatale”, figura che ha avuto largo successo in tutto il periodo decadente e che continua a conservare un certo fascino anche in epoca contemporanea .


RIFERIMENTI

Moreau:
Salomè Danza Davanti a Erode

L’ Apparizione

Beardsley:

The Climax

Klimt:

Giuditta I

Giuditta II/Salomè

Von Stuck:

Il Peccato


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2 Comments

  1. Commento by Silvia Filippini — 23 Ottobre 2010 @ 21:07

    Bravissimo Francesco!! Come sempre non deludi mai!!

  2. Commento by daniela — 25 Ottobre 2010 @ 11:05

    Bellissimo articolo; dopo averlo letto mi spiego la diffusione che ebbe “She” di Haggard, del 1887. Mi aveva incuriosito che questo personaggio, creato da uno scrittore di avventura, si fosse insinuato in uno dei sogni di Freud (il sogno della “dissezione anatomica del bacino”). La “femme fatale”  doveva essere davvero  nell’aria in quel periodo e anche Freud non ne fu immune…

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