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Di cosa si discute quando si affronta il caso Boffo?

9 Febbraio 2010

Tutto  il gran chiasso che si sta facendo sul cosiddetto caso Boffo rischia di farci perdere di vista il vero motivo per cui, secondo me, le dimissioni di Dino Boffo, l’ex direttore di Avvenire, erano dovute.

Feltri rischia, per quella serie di articoli accusatori,  addirittura la radiazione dall’Albo dei giornalisti, notoriamente pronto a cogliere tutte le occasioni favorevoli per “punire” chi osa prendere le difese di questo governo, ed in modo particolare di Silvio Berlusconi. Ne sa qualcosa Emilio Fede, che l’Ordine dei giornalisti vede come il fumo negli occhi.

Il caso Boffo, lo si sta abilmente spostando e riducendo tutto a quella nota anonima che Feltri stesso, qualche settimana fa, ha riconosciuto falsa, ma che aveva pubblicato convinto che fosse vera, poiché affidatagli da una fonte insospettabile.

Questa parziale ammissione di colpa (infatti, soltanto uno dei due documenti pubblicati è risultato falso)  ha scatenato le varie ipotesi del complotto che  avrebbe le sue radici nelle divisioni presenti all’interno della Chiesa, e si fanno perfino i nomi dei complottardi.

Così oggi non si discute d’altro, e si santifica Boffo, vittima di una tale congiura. Lo si fa diventare un martire.
Siamo all’ipocrisia, ma soprattutto ci troviamo in presenza di un tentativo nemmeno tanto sotterraneo di nascondere   il motivo più importante per cui le dimissioni di Boffo erano dovute.

Allora bisogna che ci decidiamo a ricordarlo affinché non si prendano lucciole per lanterne e ci si convinca che le dimissioni di Boffo non sono state affatto uno scandalo.

Può anche darsi che Boffo abbia avuto sentore di un eventuale complotto che si stava  organizzando contro di lui, e questo può aver accelerato la sua decisione, ma quest’ultima ha a che fare non con il complotto, bensì con un altro motivo che, a mio parere, è assai più grave.

In quel periodo era sotto tiro il premier Berlusconi per le sue frequentazioni femminili. Veronica Lario aveva recitato la sua parte e lo scandalo aveva assunto dimensioni mondiali.

Anche il direttore di Avvenire si era unito al coro denigratorio contro Berlusconi con alcuni articoli in cui, da cattolico morigerato quale si reputava, impartiva una specie di lezione morale a Berlusconi.

E qui  cascò l’asino. La colpa di Boffo, infatti,  è stata quella di non essersi ricordato delle parole del vangelo – proprio lui, il direttore del  quotidiano dei vescovi italiani – che invitano ciascuno di noi a  fare un esame di coscienza  prima di scagliare la prima pietra. Boffo è in questo peccato di orgoglio che ha inciampato.

Chi si permette di dare lezioni di moralità deve assicurarsi di essere al di sopra di ogni sospetto. Altrimenti deve avere il buon gusto di tacere.

Era già cominciato in quei giorni il tiro al piccione. C’erano state insinuazione su Fini, su D’Alema, poi abbiamo visto il caso Marrazzo e così via.

Ebbene, a Vittorio Feltri,  trasferitosi fresco fresco da Libero alla direzione de Il Giornale, deve essere passato per la mente di fare una piccola indagine su questo collega che sembrava parlare dalla cattedra di san Pietro e di non avere alcuna pietà per i peccatori.

E così dall’armadio è uscito un piccolo scheletro,  un documento che oggi si fa finta di ignorare (lo ha ricordato ieri sera a L’Infedele Vittorio Messori):  il decreto penale del Tribunale di Terni n. 241 del 2004 che ha condannò Boffo per molestie telefoniche ad una donna. Questo documento fu accompagnato da Feltri da una nota anonima che gli era stata consegnata come vera da una fonte affidabile.

Si tratta della nota risultata poi falsa per la  cui pubblicazione Feltri ha chiesto scusa e sarà processato dall’Ordine dei giornalisti, mi pare il 22 febbraio.

Ma non è assolutamente falsa la condanna inflitta a Boffo dal Tribunale di Terni. Boffo si è giustificato col dire che quelle telefonate moleste furono fatte da un tossicodipendente da lui assistito (ed oggi morto), che aveva inteso coprire.

Il Tribunale, attraverso i riscontri testimoniali, non gli credette ed emise il decreto di condanna, poi patteggiata da Boffo e ridotta ad una ammenda.

Perciò, secondo  la sentenza, Boffo fece quelle telefonate e quelle telefonate erano moleste e rivolte a una donna.
Questi sono i fatti di cui Boffo è colpevole, e non sono affatto di poco conto.

A  prescindere dalla lieve condanna che la legge commina a chi viola l’art. 660 del codice penale, il reato di molestia, commesso per telefono o quant’altro, soprattutto se rivolto ai danni di una donna, è tra i più squallidi e viscidi che si possano perpetrare. Lo stesso articolo parla di “biasimevole motivo”.

Chi li ha compiuti (o che comunque per simili reati ha subito una sentenza di condanna) non può dirigere, secondo me, un giornale cattolico.

Il presunto complotto ordito in seno alla gerarchia vaticana ha senza dubbio una rilevanza da non sottovalutare, ma per un cattolico la rilevanza maggiore è quella della ambiguità morale di coloro che scagliano la prima pietra senza fare prima i conti con la  propria coscienza.

Da cattolico io ho già perdonato Boffo, però non sono disposto a riconoscerlo innocente, e addirittura a santificarlo, come si sta cercando di fare.

Articoli correlati

“Boffo, il Vaticano: “Campagna contro il Papa”. Qui. Da cui estraggo:

“Feltri: mai scritto su Vian. “Non ho mai scritto una riga sul direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, se non per dire che non lo conosco. La stessa cosa riguardo il cardinal Bertone che non conosco”. Lo chiarisce il direttore del Giornale, Vittorio Feltri: “Ho scritto invece a suo tempo su Boffo – ha ribadito Feltri – dicendo che era stato condannato per molestie e che queste molestie era a sfondo omosessuale. Ci siamo poi corretti quando l’avvocato del direttore dell’Avvenire ci ha mostrato le carte nelle quali non si parlava di omosessualità. Ma solo di molestie per le quali c’è stata anche una condanna. Per questo, ripeto ci siamo corretti. Anche le carte sono state secretate. Per quanto mi riguarda la storia finisce qui. Sono altri che oggi hanno parlato”.”

“Caso Boffo, c’è il primo indagato”. Qui.

“Boffo, lo dice anche il Pm: pubblicato dal Giornale documento autentico” di Luca Fazzo. Qui.

Mario Sechi sul caso Boffo. Qui e qui.

“Boffonchiando” di Marco Travaglio. Qui.


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40 Comments

  1. Commento by giuliomozzi — 9 Febbraio 2010 @ 10:29

    Scusa, Bart, perché continui a dare del cretino a Vittorio Feltri?

    Visto che anche un cretino si sarebbe accorto subito che il famoso foglio senza firma, senza intestazione, senza data, senza destinatario, puzzava di falso lontano un miglio.

    Tu scrivi che Feltri era “convinto” che quel foglio fosse autentico. Certo, lui dice che ne era convinto. Ma anche se lo avesse pubblicato consapevole della sua falsità, oggi avrebbe convenienza a sostenere che era “convinto” della sua autenticità. Non ti pare?

    Devi scegliere, Bart: o ritieni che Feltri sia sincero quando dice che era convinto che quel documento fosse autentico, e quindi ritieni che Feltri sia un cretino; o ritieni che Feltri menta quando dice che era convinot che quel documento fosse autentico, e allora puoi ammettere che Feltri sia intelligente.

    Domanda: una persona che ha commesso un reato, e ha scontata la pena, deve portarsi addosso questo reato per tutta la vita?

    Il signor Matteo, che da buon esattore delle tasse aveva fatto la cresta a tutto per tutta la vita, non è forse stato chiamato tra i dodici apostoli?

  2. Commento by Cesare Pastorino — 9 Febbraio 2010 @ 10:31

    Bart, fai quest’esperimento mentale: se domani Feltri pubblicasse su nove colonne, in prima pagina de Il Giornale, un documento falso su di te dove sta scritto che sei un delinquente, magari un maniaco, magari un torturatore di bambini, e si scusasse dicendo che quel documento l’ha pubblicato senza controllare, perche’ glielo aveva passato una persona importantissima e credibilissima, saresti ancora cosi’ tenero? Diresti ancora   che l’ordine dei giornalisti “punisce” Feltri perche’ e’ uno che “osa prendere le difese di questo governo”? Tu dimmi di si’, che lo faresti, e allora io ti daro’ ragione.

  3. Commento by Felice Muolo — 9 Febbraio 2010 @ 10:54

    Boffo, come   Matteo, è stato perdonato. Da Bart.

  4. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Febbraio 2010 @ 11:31

    @Giulio

    – Come mi insegni tu, Giulio, io non faccio il processo alle intenzioni. E non considero Feltri né cretino né intelligente. Posso dire che scrive bene, ed è una delle migliori penne del giornalismo nostrano. Qualche volta – come accade ai giornalisti – prende anche delle cantonate.
    Io sto a quanto racconta Feltri. Probabilmente molto presto uscirà il nome di chi gli ha consegnato la nota falsa. Se la fonte  era davvero così autorevole, non capisco perché Feltri non dovesse darne notizia, ovviamente dal suo punto di vista di giornalista.

    Voglio precisare che io sono contrario a questo tipo di giornalismo e concordo con quanto scrisse Mario Giordano lasciando la direzione de Il Giornale.

    Nel mio blog (non ho tempo per cercarlo) c’è un articolo in cui prevedevo, ai tempi del caso Noemi, che esso  avrebbe dato la stura a “rivelazioni” (vere o false) di questa specie.

    In ogni caso, vista la condanna subita da Boffo da parte del Tribunale di Terni, la nota vi si poteva amalgamare. Il fatto che fosse anonima veniva superato da Feltri in forza della autorevolezza della sua fonte.

    Su questo punto ha fatto autocritica, comunque (qualunque ne siano le reali ragioni, che solo lui conosce e sulle quali io non ho nessun diritto di avanzare ipotesi).

    – Boffo ha scontato, almeno su questa terra, con la condanna del Tribunale di Terni e con la piccola ammenda (moralmente, il peccato, anche su questa terra, è ben più grave, come ho scritto nel post, almeno dal mio punto di vista).
    Ciò  che rimprovero a Boffo è l’aver voluto dare lui lezioni di moralità, dimenticando che non poteva scagliare la prima pietra.
    Lo avrei capito (ma non giustificato) se la lezione fosse venuta dal direttore di un altro giornale, ma non dal direttore di  un giornale non solo cattolico, ma espressione della Conferenza episcopale.

    – Come ti risponde Muolo, anch’io ho perdonato (con i miei limiti) Boffo, ma allo stesso modo che per Matteo, non si può dire che egli non sia senza macchia, e nel caso specifico che non sia stato riconosciuto colpevole di reato che il codice penale qualifica come biasimevole, e che io giudico tra “i più squallidi e viscidi che si possano perpetrare.” Ci si potrebbe scrivere un trattato su questo argomento.

    @Cesare

    Purtroppo devo dirti che dal punto di vista giornalistico, se la fonte fosse autorevole, io non potrei rimproverare nulla a Feltri. Magari potrei chidergli il risarcimento dei danni e la smentita con lo stesso rilievo dell’articolo che mi avesse incriminato.
    Qualche danno comunque mi resterebbe addosso, e  non potrei farci nulla.

    Non mi piace questa società per tanti motivi. Uno di questi è il desiderio di ficcare il naso nella vita privata del prossimo. Solo i tribunali vi possono entrare (anche se oggi la magistratura è traballante), ma solo se  l’imputato abbia commesso reato.

    Mi domando quale battaglia immane si dovrebbe combattere per sanare una tale piaga?

    @Felice
    Poche  parole stringate, le tue, ma di ottima sintesi.

  5. Commento by Cesare Pastorino — 9 Febbraio 2010 @ 12:01

    Bart, come sarebbe a dire che dal punto di vista giornalistico non potresti rimproverare nulla? Feltri ha pubblicato un documento falso senza verificare. E non gli rimproveri nulla? Questo e’ giornalismo? Fare da passacarte di documenti falsi? Non insultare la mia e la tua intelligenza.

    Il CDR dell’Avvenire, dopo la patetica smentita di Feltri, scrisse: “Un buon giornalista avrebbe verificato la notizia prima di pubblicarla”. E’ davvero tutto qui. Un buon giornalista avrebbe verificato la notizia prima di pubblicarla.

  6. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Febbraio 2010 @ 12:55

    Dimentichi quanto ha scritto Feltri, e che ho ricordato. La sua fonte era autorevole e gli ha creduto.
    E’ questo il punto: la fonte. Si può anche sbagliare. Pensa ai magistrati che accusano sulla base delle dichiarazioni dei pentiti (le loro fonti autorevoli!), che spesso li inducono all’errore (e che errore!)

    Ti porto il mio esempio. Ho sostenuto una discussione qui con un certo Giorgio Valenti.
    Avevo tratto le mie informazioni da una fonte autorevole (la dichiarazione di Cicchitto alla Camera). Mi si è detto che dichiaravo il falso.
    Poteva anche essere, ma la mia fonte era autorevole, e infatti si è dimostrata corretta.
    Feltri non ha dubitato di quella fonte, come io non ho dubitato della mia.
    Solo che la sua è risultata falsa e la mia no.
    Entrambi ci siamo basati su fonti autorevoli.
    Feltri, forse, rispetto a me, poteva passare a verifiche più incisive. Non lo ha fatto. Si è prestato al gioco politico? Non posso dirlo in mancanza di prove.

    Tuttavia, il punto di forza del mio ragionamento è che la notizia si è basata su di una fonte autorevole. E il giornalismo nostrano (non forse quello anglosassone) funziona così, e male. Penso che ci sarebbero caduti anche altri direttori in presenza della stessa fonte.

    Che vorresti che ti dicessi? Che si renderebbe necessario fare un corso di deontologia a tutto il giornalismo italiano (e non solo)?

    Ma te l’ho lasciato già intendere quando ho scritto:
    “Mi domando quale battaglia immane si dovrebbe combattere per sanare una tale piaga?”

  7. Commento by Cesare Pastorino — 9 Febbraio 2010 @ 13:18

    Bart, il caso dei pentiti e’ perfetto, perche’ infatti i magistrati non possono accusare soltanto in base alla dichiarazione dei pentiti, ma devono trovare riscontri a quelle dichiarazioni. Nessuno puo’ essere condannato soltanto in base a un ‘si dice’. Neppure se quel si dice viene dalla persona piu’ autorevole di questo mondo.

    Qui si parla di diffamazione, avvallata da un direttore di giornale, da parte di una persona che intede restare anonima. E non e’ vero che il giornalismo nostrano funziona cosi’, che tanto “sono tutti uguali”. Fammi degli esempi analoghi a quelli di Boffo e Feltri, se ne hai.

  8. Commento by Ambra Biagioni — 9 Febbraio 2010 @ 13:36

    Articoli correlati :

    Socci 3 feb.09

    Nuzzi 9 feb.09

  9. Commento by giuliomozzi — 9 Febbraio 2010 @ 15:05

    Bart, scrivi: “Io sto a quanto racconta Feltri”.

    E, di Boffo, scrivi: “Non si può dire che egli non sia senza macchia”.

    Feltri è un giornalista che già ammise di aver pubblicato notizie false sapendo che erano false. (Promemoria: qui).

    Non si può dire, dunque, che egli sia senza macchia.

  10. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Febbraio 2010 @ 15:30

    @Cesare

    Il soccorso di Ambra con i suoi due link, ti dà una dimostrazione concreta del giornalismo nostrano.   Penso che sia più che sufficiente. Si va avanti addirittura nemmeno con carte fasulle; si va avanti con supposizione, ipotesi, congetture, arzigogolii e si tirano in ballo le persone (si fanno nomi e cognoni) senza uno straccio di prova.

    Riguardo ai pentiti, ho fatto l’esempio perché non è affatto vero che si facciano i riscontri necessari. Spesso i riscontri sono affidati alle dichiarazioni di altri pentiti. Si viaggia sulle chiacchiere, senza che ci siano fatti concreti.
    I giudici emettono delle sentenze di condanna addirittura basandosi su riscontri del tipo: ho saputo dal tale pentito che ha saputo dal tale pentito che ha saputo dal talaltro pentito e così via. Ma fatti: zero.

    @Giulio
    Sto a quanto scrive Feltri, ossia che la sua fonte è autorevole. I link offerti da Ambra possono servire anche a te, Giulio, se avrai voglia di leggerli.

    Riguardo agli errori di Feltri, io stesso ne ho scritto qui. Non è senza macchia. Dove hai letto che sostengo che è senza macchia?
    Solo che Feltri non è Boffo, e al cattolico  Boffo, direttore del giornale dei vescovi,  lezioni di moralità non possono essere consentite se egli non è il primo ad avere la coscienza a posto. E’ lui che deve essere senza macchia, e non Feltri (meglio se anche lui lo fosse), che può limitarsi ad essere solo giornalista e direttore di quotidiani.

    Quello che sostengo, ad esempio nei confronti di Cesare Pastorino, è che non vedo così assurdo che il direttore di un quotidiano pubblichi un decreto di condanna accompagnato da una nota anonima, però consegnatagli da una fonte autorevole. Poi il fatto che la fonte ha invece consegnato un falso, servirà a Feltri a riclassificare la fonte. Le scuse le ha chieste.
    Ti ricordo che il decreto di condanna contro Boffo recitava:
    “perché, effettuando ripetute chiamate sulle sue utenze telefoniche nel corso delle quali la ingiuriava anche  alludendo ai rapporti sessuali con il suo compagno   (condotta di reato per la quale è stata presentata remissione di querela) per petulanza e biasimevoli motivi recava molestia a (omissis)”.

    La nota si amalgamava con tale decreto penale di condanna e quindi poteva indurre all’errore.

    Su Di Pietro ci sono troppe ombre. Aspetto che tutto si chiarisca, e si chiarirà, ci vuole solo pazienza.

     

  11. Commento by Felice Muolo — 9 Febbraio 2010 @ 16:51

    Grazie, Bart. Sei una persona molto attenta, con una  educazione pregevole, carente  di questi tempi,  possiedi un  equilibrio invidiabile e sei altruista. Attaccarti è come schiaffeggiare un neonato. Per carità, tutti possiamo sbagliare ma tu sei sempre in buona fede, mai prevenuto per partito preso,  calcolo o convenienza: è l’esperienza disarmante di una lunga vita che ti guida. Ovunque ti porti.

  12. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Febbraio 2010 @ 16:55

    Grazie, Felice.

  13. Commento by giuliomozzi — 9 Febbraio 2010 @ 19:33

    Ho capito, Bart. Feltri è un mentitore, però può dare lezioni di moralità; e quando dice qualcosa gli si crede, anche se non esibisce prove di ciò che dice (parla di una “fonte autorevole”, ma nessuno sa che “fonte” sia) o esibisce prove palesemente false (la famosa nota senza firma, senza data, senza intestazione e senza destinatario). Giusto?

     

     

  14. Commento by Ambra Biagioni — 9 Febbraio 2010 @ 20:18

    Questo dall’Osservatore Romano, ma non mi pare che qualcuno abbia mai negato la condanna subita da Boffo.

  15. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Febbraio 2010 @ 20:26

    @Giulio

    Feltri non ha dato lezioni di moralità. Ha solo ripreso  chi questa lezione di moralità voleva dare a Berlusconi (e a tutti), dalla sua posizione di direttore del maggiore quotidiano cattolico italiano, organo della Cei, denunciando le magagne del suo passato.

  16. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Febbraio 2010 @ 20:28

    Qualcuno, Ambra, non se la ricorda mai, quando si discute del caso Boffo. Si parla di complotti, ma non si dice quasi mai che Boffo ha subito una condanna per molestie telefoniche rivolte ad una donna. Che è il fatto che io biasimo fortemente.

  17. Commento by giuliomozzi — 9 Febbraio 2010 @ 21:13

    E io ricordo che Feltri, per evitare una condanna (anzi: 35 condanne), ha pubblicamente ammesso di aver pubblicato nel “Giornale” articoli che dicevano il falso. Faccio male a ricordarmi di questo? Faccio male a prendere con le pinze ciò che Feltri sostiene?

    Ho pubblicato qualche giorno fa in vibrisse un articolo (qui) nel quale mostro (nelle prime righe) come il quotidiano La Repubblica “dimentichi” che Boffo è stato condannato per molestie.

    Scrivo questo, tanto per non essere arruolato d’ufficio tra queli che “non dicono”, eccetera.

    (Il comunicato della Segreteria di Stato vaticana è, in sostanza, una smentita di quanto Feltri ha lasciato intendere).

  18. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Febbraio 2010 @ 21:58

    Ti ho ricordato con il link più sopra, Giulio, le mie riserve su Feltri rispetto al caso Mesiano. Dirò di più, a Feltri ho anche scritto, in qualche modo rimproverando il suo silenzio, senza ricevere risposta.
    Quindi io non difendo Feltri. Dico solo che l’errore che ha commesso, dal punto di vista giornalistico è comprensibile, considerata la fonte (quante bufale sono state pubblicate dai giornali!). E comunque uno dei due documenti era autentico, al quale si cerca di dare poca importanza. Ho letto (e commentato positivamente) il tuo articolo su vibrisse.

    Quale sia questa fonte di Feltri, dopo la smentita della Segreteria di Stato, resta ancora un mistero. Del resto, Feltri non l’hai mai rivelata esplicitamente.
    Non so se lo si saprà mai. Ma io confido sempre nel tempo, che è dispensatore di giustizia e di verità. Il 22 febbraio Feltri è convocato presso l’Ordine dei giornalisti. Dovrà difendersi (avrei da ridire comunque su questo astruso processo) e può essere che il nome esca fuori.

  19. Commento by Ambra Biagioni — 9 Febbraio 2010 @ 23:30

    Raccolgo dal Foglio questa documentazione sul caso Vaticano-Feltri-Boffo, credo di far cosa gradita allegandola in copia.

  20. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 10 Febbraio 2010 @ 00:22

    Grazie, Ambra, del bel lavoro.

    Al momento devo credere a questa dichiarazione di Feltri rilasciata al Foglio, che estraggo da uno degli articoli contenuti nel tuo link:

    ““Avrei voluto vedere chi, al posto mio, non si sarebbe fidato di questa persona”. Perché? “Perché ci si doveva fidare direi istituzionalmente” dice, calcando parecchio su quell’avverbio: “Istituzionalmente”. E ancora: “Non ho dubitato neppure per un attimo di questa persona perché non si poteva dubitare di lei. E’ come se io, che sono il direttore del Giornale, venissi da lei e le facessi due racconti/retroscena sul giornale che dirigo: lei ci crede a quanto le dico oppure no? Sono o non sono ai suoi occhi affidabile? Direi assolutamente di sì”.

    Feltri spiega ancora: “L’emissario inviato da questa personalità arrivò da me per portarmi la fotocopia del casellario giudiziale dove si leggeva che Boffo era stato condannato e aveva pagato una pena pecuniaria per molestie. Prima di andarsene mi lasciò anche un foglietto, quello che poi tutti hanno chiamato ‘velina informativa’, che in realtà altro non era che un riassunto degli atti processuali: almeno questo a me è stato detto. In questa velina si diceva che chi aveva fatto questa molestia era un omosessuale. Così, fidandomi del fatto che la ‘velina’ altro non era che un riassunto degli atti processuali (allora secretati) decido di scrivere quanto sapete e il giorno dopo tutti i giornali danno grande enfasi alla cosa”.”

     

  21. Commento by giuliomozzi — 10 Febbraio 2010 @ 07:42

    Bart, scrivi: “Quindi io non difendo Feltri. Dico solo che l’errore che ha commesso, dal punto di vista giornalistico è comprensibile, considerata la fonte”. Ma della “fonte” tu stesso noti che “Feltri non l’hai mai rivelata esplicitamente” e ammetti: “Non so se lo si saprà mai”.

    Quindi la tua frase potrebbe essere così tradotta: “Dico solo che l’errore che ha commesso Feltri, dal punto di vista giornalistico è comprensibile, considerato qualcosa di cui non sappiamo nulla e che forse non sapremo mai”.

  22. Commento by Ambra Biagioni — 10 Febbraio 2010 @ 10:24

    Da Libero 10 feb.09 sul caso Boffo

  23. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 10 Febbraio 2010 @ 10:52

    @Giulio

    Non so come tu faccia a tirare quella conclusione.
    Io mi riferisco al diritto  di tutelare la fonte che fa capo ai giornalisti.
    Certo che Feltri sa chi è la sua fonte, al punto che dice che è autorevole, come ti ho riportato prima.
    Scrive Belpietro (vedi il link di Ambra):
    “Non c’è infatti motivo di dubitare delle parole di Vittorio Feltri, il quale pur senza fare il nome dell’informatore, ha detto chiaro e tondo che la soap opera ha origine nei palazzi vaticani.”

    Dico che non so se si saprà mai, perché non conosco se Feltri possa essere costretto a rivelare il nome della fonte.

    Il mio discorso è semplice, e la tua conclusione è priva di una sua logicità.
    A meno che tu non voglia sostenere che Feltri si  sia inventato tutto.
    Ma dagli articoli apparsi sulla stampa questa ipotesi non è sfiorata. Oltre al link offerto a tutti noi da Ambra (sopra), ti metto questo del Corriere della Sera, qui.

    Ma io non vorrei che tu spostassi la questione che ho affrontato con il mio articolo. Ossia, la colpevolezza di Boffo sanzionata da una condanna di tribunale e il fatto che non è da quel pulpito che può venire una lezione di moralità.

    Per quanto riguarda il complotto, io registro quanto riporta la stampa, ma sono il meno adatto a sviscerarli.
    Mi affido alla saggezza del tempo.

    Per riassumere il contenuto del mio articolo, ripeto che:

    Feltri pubblicò due documenti. Uno autentico, che si riferisce ad una condanna penale, il secondo risultato fasullo.
    Per quest’ultimo ha chiesto scusa, rivelando che proviene da fonte autorevole.

    Ma resta  l’altro documento, quello della condanna penale, che io considero molto importante. E’ in presenza di questa condanna di un comportamento che considero squallido e viscido, che ritengo le dimissioni di Boffo dovute. E ho spiegato abbondantemente il perché.

     

  24. Commento by giuliomozzi — 10 Febbraio 2010 @ 10:52

    E’ curioso che “Libero” dica che fu “Il Foglio”, negli ultimi giorni, a fare il nome di Vian. Lo aveva già fatto “Il Giornale”, il 19 settembre 2009.   Vedi qui.

  25. Commento by giuliomozzi — 10 Febbraio 2010 @ 11:48

    Mi sono permesso una piccola riflessione sull’autorevolezza delle fonti, in vibrisse, qui.

  26. Commento by Ambra Biagioni — 10 Febbraio 2010 @ 19:27

    Aggiungo anche questo articolo di Tornielli che non mi pare sia stato citato.

  27. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 10 Febbraio 2010 @ 19:48

    Sono senza linea adsl (ne avrò per qualche giorno) e scrivo dal pc di mio fratello.

    Ti ho risposto là. Grazie del tuo contributo.

  28. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 10 Febbraio 2010 @ 19:52

    E’ un guazzabuglio che prima o poi verrà sciolto. Ci vuole pazienza.
    Dell’articolo che hai linkato sottoscrivo questa parte (lasciando indietro il complotto):
    “Invece la questione sollevata dal Giornale aveva tutt’altro aspetto, e certo non secondario per i credenti: l’idoneità morale – qui non si discute quella professionale – del direttore di Avvenire a rappresentare il mondo cattolico. Una faccenda ben più scottante, per chi frequenta i sacramenti, che non le notti allegre di Silvio Berlusconi.”

  29. Commento by giuliomozzi — 10 Febbraio 2010 @ 19:54

    Mi pare che l’articolo di Andrea Tornielli non contenga alcuna notizia. Riepiloga ciò che tutti sanno, fa il riassunto di articoli e programmi televisivi, eccetera. E conclude:

    “L’immagine del Vaticano e più in generale della Chiesa che è emersa in queste settimane è stata desolante, soprattutto per i semplici fedeli”.

    A me pare piuttosto “desolante” la “immagine” di chi pubblica documenti falsi (sapendo che sono falsi, e allora è un mascalzone; o non accorgendosi che sono falsi, e allora è un cretino) e si appella a fonti autorevoli che si guarda bene dal nominare.

  30. Commento by Ambra Biagioni — 10 Febbraio 2010 @ 20:14

    Una sola cosa vorrei far notare al Signor Mozzi : c’è una legge che permette ai giornalisti di tenere segrete le fonti delle informatori.

    Feltri non è disonesto né cretino, è un giornalista, ma prima di tutto è un Uomo e come tale rientra nel verso di Dante “Umano sei, non giusto”.

  31. Commento by giuliomozzi — 10 Febbraio 2010 @ 22:35

    Certo, Ambra. Quando ero giornalista (cioè ero iscritto all’Ordine), negli anni Ottanta e Novanta, leggevo i saggi di etica professionale di Carlo Gessa (questo, ad esempio). Gessa spiegava molto bene che il segreto professionale, per i giornalisti, è prima di tutto un «istituto di etica professionale, imposto dai doveri di correttezza prima che dalla legge, che vieta ai professionisti di diffondere notizie acquisite nella qualità fiduciaria e relative a persone, beni e interessi loro affidati ». «Lo scopo del cosiddetto segreto giornalistico è di agevolare la conoscenza dei fatti di interesse per l’opinione pubblica che diversamente, per tema di ritorsione, potrebbero restare celati se le fonti dell’informazione non fossero protette. Il segreto giornalistico è al servizio della maggiore diffusione possibile e non, viceversa, della restrizione dell’informazione ».

  32. Commento by Ambra Biagioni — 10 Febbraio 2010 @ 22:50

    E dunque perché sollecita lo svelarsi della fonte cui si riferisce Feltri ?

    “A me pare piuttosto “desolante” la “immagine” di chi pubblica documenti falsi (sapendo che sono falsi, e allora è un mascalzone; o non accorgendosi che sono falsi, e allora è un cretino) e si appella a fonti autorevoli che si guarda bene dal nominare”

    E dov’è poi tutta questa falsità ? Non voglio scrivere oltre per spiegare che in effetti le falsità stanno nei modi e non nella sostanza e che tutto questo agitarsi è poi solo una grande ipocrisia.

  33. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 11 Febbraio 2010 @ 10:49

    Sono ancora senza linea, Giulio, e sono passato da mio fratello e approfitto della sua cortesia. Ritornerò da mio fratello stasera per rispondere a qualche commento.

    Stai spostando, secondo me,  la  questione Feltri su due ipotesi soltanto: 1 – che egli sia un mascalzone, perché sapeva che il documento era falso; 2 – che egli sia un cretino perché il documento puzzava di bufala da mille miglia lontano.
    Non dai la terza ipotesi che, fino a prova contraria, Feltri merita, come ciascuno di noi. Ossia, che mettendo insieme il documento  di condanna inflitta a Boffo e la nota anonima, egli abbia creduto alla attendibilità della notizia, stante anche la fonte che egli definisce autorevole.
    Credo che Feltri non potrà mantenere il segreto a lungo, e quindi sapremo se è stato un mascalzone, se è stato un cretino, o sia caduto in uno dei tanti errori in cui cadono i giornalisti, e i direttori di giornali.

    Ricordo che per il caso Noemi alcuni giornali (Repubblica, ad esempio) fecero passare l’idea che Berlusconi se la intendesse sessualmente con ragazze minorenni. Noemi ne fu infangata (come Boffo a riguardo della presunta omosessualità).

    Queste insinuazioni, a mio avviso, erano molto più gravi, della pubblicazione della nota anonima, la quale, proprio perché pubblicata tale e quale è, consentiva ad un più attento lettore di valutare che   – essendo anonima – poteva anche essere una bufala.

    Insomma, il lettore avrebbe potuto fare un raffronto tra il testo dell’articolo che accennava all’omosessualità e il documento su cui quell’accenno si basava, che era anonimo.

    Per Noemi questa possibilità non c’è stata. L’unico documento che  ha circolato  era una documento innocente: la foto di quella cena.  Mentre delle nottate passate con Berlusconi – stante alle insinuazioni (non mi dire ora che queste insinuazioni non ci sono state, perché basta che tu interroghi su ciò il primo passante che incontri per strada) non ci sono foto a suo carico.  
    Eppure il sospetto è passato. E la colpa non è certo di Noemi, ma del giornale.

    Nessuno, ad esempio,  ha chiamato a risponderne il direttore e il giornalista di Repubblica.

    La mia impressione è che, avendo fatto questo errore Feltri, i suoi nemici si accaniscono contro di lui e vogliono trovare un pretesto per addirittura radiarlo (così si legge da qualche parte) dall’Albo. Una assurdità, che se si realizzasse griderebbe vendetta.
    Sarebbe un po’ come il caso Craxi. Tutti colpevoli, ma solo pochi quelli condannati.
    Dobbiamo stare attenti che non ci sia una giustizia, anche tra i giornalisti, monodirezionale.

    Peccato che questa discussione mi colga in un momento di difficoltà tecnologica!

  34. Commento by Cesare Pastorino — 11 Febbraio 2010 @ 12:24

    Bart, sul caso Noemi Letizia, tu parli di insinuazioni. In realta’ si tratta di una quantita’   di dichiarazioni e interviste da parte della ragazza (il caso parti’ quando lei rilascio’ un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno/Corriere della Sera), dell’ex-findanzato, della zia della ragazza, etc.. Tutte queste dichiarazioni/interviste sono documentabili e sono state rilasciate da persone che hanno un nome e cognome. Prendi quest’esempio, un’intervista alla zia della ragazza:

    http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-3/zia-di-noemi/zia-di-noemi.html

    E’ chiaro che, in un caso del genere, se   le dichiarazioni dell’intervistato sono riportate con fedelta’, un giornalista non ha proprio nulla di cui rispondere. Altrettanto se basa un suo commento su tali dichiarazioni, vere e riscontrabili.

    Ti faccio un altro esempio, l’inchiesta dell’Espresso sul G8 alla Maddalena. I documenti che trovi in questa pagina

    http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Scandalo-Formato-G8/2054079

    e che indicano che i lavoratori di certe imprese a cui sono stati appaltati i lavori venivano pagati in nero, sono veri o falsi? Perche’ se sono falsi, quelle imprese hanno tutto il diritto a querelare i giornalisti e a chiedere danni stratosferici. Ma se sono veri, forse bisognera’ credere ai giornalisti.

    Quindi non diciamo che tutti pubblicano interviste false, o documenti falsi, perche’ non e’ vero.

  35. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 11 Febbraio 2010 @ 18:18

    Non ho detto mica, Cesare, che tutti pubblicano notizie false. Ci mancherebbe. Ho detto che il giornalismo è pieno di bufale. Non solo, ma che Feltri non è isolato in fatto di insinuazioni, ed ho riportato l’esempio di Noemi, che è un classico. Si faceva capire (specie da Repubblica) che tra Noemi, minorenne, e Berlusconi ci fossero stati rapporti sessuali.
    L’intervista che mi richiami è emblematica dello stupore e dell’imbarazzo della zia e della famiglia riguardo proprio a tali insinuazioni.
    Riporto la parte che interessa:

    “Che idea si è fatta della conoscenza tra Berlusconi e Noemi?
    “So soltanto quel che mi ha raccontato Anna, mia cognata, la madre di Noemi. Anna sosteneva che il presidente del Consiglio aveva per mia nipote l’affetto di un padre. Ricordo l’espressione: “l’ha presa a cuore”. Io non ne dubitai. Noemi è sempre stata una brava ragazza, dolce, buona. Con un grande sogno: fare la ballerina, l’attrice o la showgirl. Ricordo che in famiglia si diceva: “Magari così, Noemi entrerà dalla porta principale”. Si intendeva dalla porta principale nel mondo dello spettacolo. E d’altronde la stessa Noemi – ho letto – lo ha già detto in un’intervista. Come peraltro Anna. Nelle primissime interviste, mia nipote e mia cognata sono state sincere e hanno raccontato in pubblico ciò che dicevano a noi in privato. E stato dopo che ho visto troppe cose confondersi”.

    Vuole darci la sua opinione su questa storia?
    “Sono molto preoccupata per la mia famiglia. Se mi espongo così, lo faccio perché siamo una famiglia di gente semplice e per bene. Parlo dei fratelli di Anna, dei suoi genitori, degli altri cognati, dei nostri figli e nipoti, tutti ragazzi sani. Tutti trascinati, dalla mancanza di chiarezza e sincerità, in una situazione che ci imbarazza moltissimo”. “

  36. Commento by Cesare Pastorino — 12 Febbraio 2010 @ 14:50

    Bart, due cose e poi la finisco: mi fa piacere che tu non pensi che tutti pubblichino notizie false. Pero’ e’ quanto lasciavi intendere nel commento n. 6, dove affermavi che tutti, nel “giornalismo nostrano”, avrebbero fatto proprio come Feltri: vale a dire avrebbero pubblicato il documento senza controllarne l’autenticita’. Ma vedo che ora dici di no.

    Seconda cosa. I contatti, le telefonate e le visite tra Berlusconi e Noemi Letizia, vale a dire tra un presidente del consiglio settantatreenne e una ragazza all’epoca diciassettenne, non sono insinuazioni, ma fatti documentati. E’ la stessa Noemi Letizia ad averli rivelati a noi tutti nella sua prima intervista al Corriere. Io mi chiedo dell’opportunita’ di simili frequentazioni. Penso sia logico e consentito farlo, visto la carica pubblica che Berlusconi occupa. Fine della discussione.

  37. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 12 Febbraio 2010 @ 15:31

    Ho guardato, Cesare, il punto 6.
    Non trovo ciò che mi attribuisci (se l’avessi scritto, avrei sbagliato, infatti).
    Trovo scritto questo:
    “Penso che ci sarebbero caduti anche altri direttori in presenza della stessa fonte. Che vorresti che ti dicessi? Che si renderebbe necessario fare un corso di deontologia a tutto il giornalismo italiano (e non solo)?” Parlo non di tutti i direttori, ma di alcuni. Il corso di deontologia, invece, non sarebbe male che fosse fatto per tutti, quelli che verificano e quelli che non verificano. Ci sono tante cose deontologiche che il giornalismo nostrano ha dimenticato.

    Sui fatti riscontrati su Noemi non c’è quello, però, secondo il quale è andata a letto con Berlusconi. Ed è questa insinuazione che ha pesato di più, e che è servita a Veronica Lario per fare quella denuncia pubblica.

    Sono d’accordo anch’io che possiamo dire chiusa la discussione. Mi pare ci siamo detti tutto.

  38. Commento by Carlo Capone — 12 Febbraio 2010 @ 17:16

    Il grande giornalista controlla sempre la fonte. L’ho sperimentato in prima persona. Tanti anni fa, credo fosse il 91,  scrissi una lettera di contenuto politico sociale a Giampaolo Pansa, allora vice Direttore di Repubblica.   La scrissi da perfetto sconosciuto. Gli piacque talmente, bontà sua, che una mattina di Maggio alle 7  e 30 squillò il telefono nel mio studio. Sollevo e dall’altra parte c’era   lui. Si assicurò innanzitutto che l’autore fosse io, si complimentò eccetera, e poi mi chiese il permesso di pubblicarne il testo in un suo libro, in uscita  il Settembre successivo.   Naturalmente acconsentii, specie perchè    a quel punto desideravo che quei contenuti dventassero pubblici. Quando acquistai il libro la lettera era lì, corredata di n0me e cognome.
    Un grande professionista, Pansa.

  39. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 12 Febbraio 2010 @ 20:09

    Così, Carlo, ci si dovrebbe comportare. Fra l’altro Pansa oggi è accusato dalla sinistra di scrivere libri un po’ fantasiosi sul passato recente della nostra Storia. Devo dedurne invece che anche in queste sue nuove inchieste egli abbia mantenuto la serietà di cui gli fai giustamente omaggio.

  40. Commento by Carlo Capone — 13 Febbraio 2010 @ 12:47

    Pansa ha affrontato il racconto  della guerra civile ( che per me  resterà  sempre partigiana) con un accurato e obiettivo controllo di fonti e documenti. Da bravo scrittore, oltre che grandissimo gioranalista, ha inteso la letteratura come  lampo di    luce su zone oscure. Non so quanto valga il Pansa letterario ma l’approccio giornalistico è più che corretto.   Da notare che l’importanza del   tema   lo percepì    in tempi non sospetti. Il Gladio e l’alloro è infatti il primo libro in cui si occupa dell’esercito dei vinti, e data anch’esso 1991 .

    Questa intensa produzione ha suscitato  accuse di revisionismo  ma risulta inattaccabile dal punto di vista giornalistico. Accanto al necessario racconto di fantasia ( come nel caso, ad esempio, di Via col vento)   c’è la descrizione di fatti   documentati e testimoniati. Che è quanto desidero porre in risalto in questa sede.  Lo    specifico della  guerra partigiana o civile   attiene a tutt’altro discorso.

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