Quella tomba che guarda all’Italia18 Gennaio 2010 Nel decennale della morte, che sarà celebrato anche in parlamento il prossimo 19 gennaio, dai dibattiti che si stanno tenendo un po’ dappertutto su Bettino Craxi, emerge la sua figura di statista. Si citano la sua preveggenza e le sue molte azioni che dettero all’Italia anche un prestigio e un riconoscimento internazionali. Tuttavia, io ritengo che la sua operazione politica più importante è racchiusa in quella tomba che guarda, oltre il mare, l’Italia. Sulla tomba sta scritto: “La mia libertà equivale alla mia vita”. E’ un monito, ed anche l’affermazione di un valore che ciascuno deve saper difendere fino alla morte. Craxi si dichiarò sempre innocente, nonostante la condanna subita, e un perseguitato politico. Rifiutava la definizione che gli veniva cucita addosso dai suoi detrattori di latitante e la sostituiva con quella di esiliato politico. Aveva ragione? La Storia sta già lavorando per illuminarci. Sono trascorsi 10 anni dalla sua morte ed ormai sono rimasti in pochi coloro che non vedono nell’azione di Mani Pulite un’operazione finalizzata ad eliminare dalla scena politica l’uomo forte che impediva agli ex comunisti di salire al potere. E’ pari pari la stessa operazione che taluni magistrati stanno ripetendo oggi con Silvio Berlusconi. Contro di lui si è intenzionati a vincere la battaglia, questa volta. Solo che, per loro sfortuna, il precedente di Craxi ormai ha reso scoperto il piano e i cittadini si sono resi perfettamente conto che con Berlusconi si vuol fare la stessa operazione tentata con Craxi. Del resto, l’ex magistrato Luigi De Michelis, dell’Idv, non a caso ha dichiarato recentemente che gli avrebbe pagato volentieri il biglietto aereo di solo andata affinché si trasferisse all’estero. Ma Craxi fu davvero colpevole? Quando ci troviamo di fronte a sentenze definitive di condanna la risposta parrebbe scontata: Certo che lo fu. Ma se riandiamo a quegli anni e riascoltiamo le parole pronunciate dallo stesso Craxi sia in parlamento che in numerose interviste rilasciate anche dal suo rifugio tunisino, sappiamo che questo finanziamento ai partiti, “irregolare e illegale” (sono aggettivi usati da Craxi anche nella sua deposizione davanti al Di Pietro magistrato), erano la norma e riguardavano tutti i partiti. Alzi una mano, aveva detto in parlamento, chi non ne ha usufruito e la Storia si incaricherà di dichiararlo spergiuro. Nella trasmissione andata in onda ieri sera, Speciale Tg1, a Sergio Cusani, condannato da Mani Pulite, è stato fatto notare che quei suoi reati oggi, intervenuta la legge sui finanziamenti ai partiti, non sarebbero più tali. Dunque, è accertato: i partiti campavano in quel modo, sin dalla nascita della nostra Repubblica (portavo i pantaloni alla zuava e già sapevo anch’io che i partiti si finanziavano in questo modo, ha detto più volte Craxi). La Storia ci pone, allora, alcune domande: – Se questo era il sistema, e il sistema era noto a tutti, e anche alla magistratura, fu davvero una colpa così grave quella commessa da Craxi? – E perché la magistratura si mosse soltanto quando sulla scena politica italiana si stava affermando (ed anche sulla scena internazionale) una personalità forte qual era quella di Craxi? – A chi dava fastidio Craxi? – E perché non agì che superficialmente (di facciata) con il vecchio Pci? Martelli ieri sera ha affermato che quando sulla scena politica appaiono personaggi dalla forte personalità , si avvia sempre un’operazione tesa ad abbatterli. Non abbiamo bisogno di andare lontano per averne conferma, visto che la vicenda patita dall’attuale presidente del consiglio è la copia esatta di quella vissuta da Craxi, e gli italiani, che a quel tempo si lasciarono illudere e forse anche confondere, oggi hanno la possibilità , per valutare la vicenda Berlusconi, di fare il confronto con il suo precedente più illustre: la vicenda, appunto, di Bettino Craxi. Craxi reagì alla persecuzione politica perché ne capì il disegno. Capì che una parte politica (il vecchio Pci) ne era stata risparmiata scientemente, sebbene tutti sapessero, magistrati compresi, che anch’esso aveva usufruito dello stesso tipo di finanziamento ricevuto dagli altri partiti, salvo il Msi, che non faceva parte del famoso arco costituzionale ed era stato lasciato fuori dalla succulenta spartizione. L’aver lasciato fuori il Pci corrispondeva ad un preciso disegno che egli non ci mise molto a capire, un disegno che veniva da lontano, dai tempi della Resistenza, quello di conquistare il potere. Non si sentì, perciò, colpevole, giacché era stato strumentalizzato e colpito ai fini di un disegno eversivo, e proprio a questo scopo la magistratura aveva considerato innocente la dirigenza del Pci. Questo è il sistema in cui da sempre vivono i partiti, aveva lasciato intendere: tutti i partiti, anche il vecchio Pci. Sta proprio qui il vulnus di Mani Pulite. La sua parzialità , finalizzata al raggiungimento di un risultato politico, diventava eversiva nello stesso momento in cui escludeva dalla colpevolezza la dirigenza del vecchio Pci. Con ciò, senza rendersene conto, Mani Pulite riconosceva nei fatti e contro le stesse sue sentenze di condanna (visto che la legge è uguale per tutti) l’innocenza di Craxi. Tutte le volte che Craxi ha proclamato la sua innocenza era a questo che si riferiva. E in ciò aveva ragione. Quella tomba che guarda all’Italia resterà sempre un simbolo di testimonianza e di condanna di una magistratura che ha fatto del suo potere uno strumento politico ed eversivo. Essa rappresenta e rappresenterà un monito per quei magistrati che ancora oggi si avvalgono del loro potere per decidere chi debba governare l’Italia. Quella fuga di Craxi non può essere più considerata la fuga di un uomo che non voleva sottomettersi alla magistratura, ma la fuga di un uomo politico che, come tale, voleva difendere la sua libertà e la sua dignità da una magistratura che aveva esorbitato dai suoi ambiti e aveva deciso di scorrazzare nell’agone politico per scegliersi i governanti. I vari Borrelli, D’Ambrosio, Colombo, Davigo, Di Pietro e tanti loro emuli dei giorni nostri forse non lo sanno ancora, ma sono posti sotto accusa dalla Storia già da oggi attraverso quella tomba che, di là dal mare mediterraneo, guarda all’Italia. Non potranno più liberarsi di Craxi. Ne saranno ossessionati e schiacciati. Credevano di servire la Storia, ed invece quanto più salirà la figura di Craxi come statista, tanto più quella condanna cercata e voluta nei suoi confronti, e non cercata e voluta nei confronti della dirigenza del Pci, sarà letta come una delle pagine più nere del nostro Paese. Articoli correlatiLa lettera di Napolitano alla vedova Anna Craxi. Qui e qui. “Attorno al sistema dei partiti, che aveva svolto un ruolo fondamentale nella costruzione di un nuovo tessuto democratico nell’Italia liberatasi dal fascismo, avevano finito per diffondersi “degenerazioni, corruttele, abusi, illegalità ”, che con quelle parole, senza infingimenti, trovarono la loro più esplicita descrizione nel discorso pronunciato il 3 luglio 1992 proprio dall’on. Craxi alla Camera, nel corso del dibattito sulla fiducia al governo Amato. Ma era ormai in pieno sviluppo la vasta indagine già da mesi avviata dalla Procura di Milano e da altre. E dall’insieme dei partiti e dei loro leader non era venuto tempestivamente un comune pieno riconoscimento delle storture da correggere, né una conseguente svolta rinnovatrice sul piano delle norme, delle regole e del costume. In quel vuoto politico trovò, sempre di più, spazio, sostegno mediatico e consenso l’azione giudiziaria, con un conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia. L’on. Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l’esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona. Né si può peraltro dimenticare che la Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo – nell’esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell’on. Craxi – ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il “diritto ad un processo equo” per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea.” Anna Craxi risponde a Napolitano: Sergio Romano su Craxi. Qui. “Troppo presto, per la storia” di Davide Giacalone. Qui. “La commemorazione in Senato”. Qui, qui e qui. “Mangano e Craxi i loro eroi” di Marco Travaglio. Qui. “Il gesto che Bettino non fece” di Eugenio Scalfari. Qui. “A Scalfari piace l’immunità . Solo quando serve a lui” di Luigi Mascheroni. Qui. “Ve lo racconto io, il vero Craxi” di Francesco Forte. Qui. “Col “metodo Craxi” oggi nessun politico potrebbe candidarsi” di Nicola Porro. Qui. “Craxi e la sera della politica” di Piero Sansonetti. Qui. Da cui estraggo: “Ripensandoci oggi mi viene un po’ di vergogna. Chi stavano linciando? Un ladro o uno statista? Certamente la seconda risposta è più esatta della prima. I processi nei tribunali ci hanno detto che Craxi partecipò al finanziamento illecito dei partiti. I fatti ci hanno detto che Craxi non si arricchì, e quindi non trasse profitto personale dal finanziamento illecito. Voi pensate che finanziare, seppure illecitamente, il proprio partito – per renderlo più forte, per farlo crescere – sia un reato così infamante? Moralmente osceno? Io no. Non ci trovo niente di ignominioso, credo che potrei farlo anch’io, e quindi ritengo che verso Craxi – Craxi persona, non solo Craxi leader – fu commessa una grande ingiustizia. E mi pare giusto – seppure dieci anni dopo – chiederne scusa a Stefania, a Bobo, e alla signora Anna, che non conosco.” “Da Hammamet con furore” di Carmine Fotia. Qui. Letto 1685 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by Felice Muolo — 18 Gennaio 2010 @ 18:16
Caro Bart, Craxi non doveva  andare  in parlamento a dichiarare che  tutti i partiti politici, o quasi,  agivano nella illegalità . Sacrosanta verità . Doveva stroncare l’illegalità prima di andare in parlamento.  Almeno provarci.    Â
Commento by Ambra Biagioni — 18 Gennaio 2010 @ 18:56
E’ mai possibile mangiare mele  a morsi con una bocca senza denti ?
Si sarebbe dovuto aspettare che Craxi si fosse fornito dei denti e poi pretendere che si mangiasse la mela dello scandalo.
E lo avrebbe fatto, per questo lo si doveva togliere di torno alla svelta.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 18 Gennaio 2010 @ 19:22
Craxi si è assuefatto al sistema vigente, questo è vero. Non lo ha combattutto. Forse non lo si poteva nemmeno combattere. Ma è l’operazione eversiva di Mani Pulite che oggi sollecita una lettura diversa della sua vicenda giudiziaria.
Craxi non si è mai sentito colpevole, operando in un sistema che era così e tollerato anche dalla stessa magistratura. Se quest’ultima fosse intervenuta una decina, una ventina di anni prima, tutto sarebbe andato diversamente.
La ribellione di Craxi oggi si configura come la risposta di un uomo che non si è voluto piegare ad un’operazione eversiva che mirava a dare il potere a chi non lo aveva ricevuto per via democratica.
Con il suo comportamento (al di là della corruzione imperante, e che fra l’altro ancora impera) il suo comportamento ha voluto sancire il primato della politica su quello  di certa parte della  magistratura corrotta anch’essa e politicizzata.
Commento by Ambra Biagioni — 18 Gennaio 2010 @ 22:32
Sul Legno anche il commento del solito comunista che avrebbe bisogno di essere rintuzzato con dovizia di argomentazioni.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 19 Gennaio 2010 @ 01:28
Ho risposto, Ambra,  a Maloberti, trattando più ampiamente  il tema.
Commento by Ambra Biagioni — 21 Gennaio 2010 @ 19:43
Un vecchio articolo di Gianni Baget Bozzo
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 22 Gennaio 2010 @ 12:12
Tutto condivisibile. Interessante (perché sostiene la mia tesi che già nel tentativo di appropriarsi della Resistenza sono leggibili  i segni di una volontà di conquistare il potere per via antidemocratica), questo punto:
“Craxi cadde dunque vittima di un colpo di Stato contro i partiti, come era accaduto a Giacomo Matteotti. Ciò perché egli fu l’unica persona che seppe affrontare il problema del finanziamento dei partiti, che avveniva in forma spuria perché, appunto, nel sistema della guerra fredda il successo dell’uno o dell’altro partito incideva sulla linea della politica estera italiana. Il finanziamento ai partiti era un finanziamento di guerra, la guerra civile italiana tra comunisti e anticomunisti che non si era mai conclusa dopo la fine della seconda guerra mondiale, ed era continuata durante la guerra fredda. “
Commento by Marco — 13 Febbraio 2010 @ 18:58
Mamma mia, e voi sareste gli intellettuali di dx???!!! Per quello che non ce ne sono……….per fortuna