ROMANZO: Tosca Pagliari: “Nivek, il Segreto dell’Erba Tagliata” #4/611 Marzo 2010 (parte quarta)  Nivek emerse e riprese fiato. – Ho avuto paura che ti fossi annegato! Gridò Miagola infuriato e proseguì: – Com’è che a voi umani piace così tanto stare nell’acqua? – Non lo so. So solo che i Chiukeri dai piedi rossi non mi hanno rubato le visioni, ce le ho ancora. – Meno male. Il gatto cominciò a camminare. – Dove andiamo? – Fai sempre la stessa inutile domanda. Di certo è che non si può stare fermi. Una lucertola uscì all’improvviso da una crepa del muro. L’impulso felino fu quello d’inseguirla e cominciò a correrle e saltarle dietro. Finì tra i cespugli nei pressi di un alto salice e Nivek ad un tratto lo vide penzolare a mezz’aria. – Mi hanno preso, mi hanno preso! Gridava il felino. – Chi ti ha preso? – I Chiulukki! Scappa, scappa! Allontanati! Presto, presto o ti cattureranno! – Non voglio perderti, non voglio star solo! Che farò? – Vai e scopri cosa c’è nell’odore dell’erba tagliata. Vai e trova lo Specchio del Vero. Io in qualche modo me la caverò. Gli esseri verdi portarono via Miagola tra il groviglio dei rami. Nivek si ritrovò solo, tremendamente solo perché anche il Chimerante si era perso di vista. Desolato si sedette in uno spazio erboso. Nessun odore svelava i segreti, non riusciva ad avere alcuna visione. Doveva pensare, ma non sapeva cosa. Forse doveva piangere. Si appoggiò le mani sugli occhi e lo schermo si riaccese. Il ragazzo era sdraiato con gli occhi fissi al soffitto. Il cellulare vibrando ruppe la quiete tra il caos degli innumerevoli oggetti che ingombravano il comodino. Il ragazzo non allungò la mano per rispondere. Dopo un po’ un suono svelto ed insistente annunciò l’arrivo di un messaggio: “In ospedale da sola. Paura. Vieni presto.†Nivek si tolse le mani dagli occhi e tutto sparì. Ve le riappoggiò più strette che mai e altre immagini comparvero. Il ragazzo usciva dalla stanza di fretta. In un angolo restava appoggiato il casco rosso. Tra le mani gli tintinnavano le chiavi della moto. Una voce di donna, improvvisa, imperiosa e penetrante, scaturì da dietro le sue spalle e neutralizzò qualsiasi altro rumore. – Dove vai così di fretta e con questa espressione da matto. – Un bambino è in pericolo. – Non dire scemenze e prendi il casco se vai con la moto. Il ragazzo era già in sella al motore e la donna stava ancora gridando qualcosa, ma adesso il rombo della partenza accelerata copriva tutto il resto. Il ragazzo non aveva mai avuto tanta fretta in tutta la sua vita, non ne ebbe mai più di così tanta. Andava coi biondi capelli al vento, i muscoli delle braccia contratti sul manubrio, la schiena protesa in avanti ed abbassata fino all’impossibile. Andava e nessuno avrebbe potuto fermarlo, solo l’asfalto caldo riuscì a farlo accogliendolo di schianto senza una goccia di sangue. Nivek si tolse le mani dagli occhi di scatto, sentiva il battito del suo cuore affannato, aveva paura, ma la voglia di continuare a vedere era più forte. Tirò un grosso respiro e cautamente riappoggiò le mani sugli occhi. La ragazza era irrequieta, guardava l’orologio, guardava oltre il vetro della porta d’ingresso, si guardava le mani, si guardava il ventre, guardava la porta chiusa della sala medica, guardava due ragazze attonite sedute di fronte a lei. Poi smise di guardare e si alzò di scatto. Aprì la porta e uscì. Un passo dopo l’altro camminava, forse andava in direzione di casa o forse no. La portavano i suoi piedi , ma era comunque vigile e prestava attenzione a tutti gli ostacoli, attraversava con cautela, preferiva i marciapiedi e quando s’interrompevano andava radente agli edifici. Provava una nuova consapevolezza della vita adesso che aveva preso una nuova decisione. Non era né felice né triste, né pavida né coraggiosa, andava soltanto un passo dopo l’altro. Qualcosa urtò la sua scarpa. Si chinò meccanicamente a raccogliere il cellulare. Lì intorno non c’era nessuno, sembrava che tutti si fossero radunati più avanti in una gran confusione. Non aveva voglia di finire in tutta quella calca, stava per riappoggiare il cellulare a terra, invece quasi automaticamente  se lo mise in borsa, poi avrebbe guardato e ci avrebbe pensato. Si sentiva leggera e piena di dolcezza e solo di quella sensazione al momento aveva voglia. Tutta la dolcezza del mondo sembrava avvolgere Nivek, che dormiva raggomitolato sul prato umido e respirava l’odore intenso dell’erba attaccata alle radici. Era così solo e al tempo stesso insieme all’intero universo. Desiderava restare a quel modo per sempre. Se voleva poteva farlo. Più il bambino dormiva e sognava, più il Chimerante diventava imponente ed irradiava luci spettacolari illuminando di colori nuovi i giorni e le notti che si susseguivano stupiti della serena immobilità d’una creatura tanto giovane. La mente di Nivek però rimaneva accesa e vedeva … vedeva … Il ragazzo dormiva collegato a tubi e tubicini. Stupendo nella giovane perfezione, come una statua plasmata da un mirabile artista. La donna gli teneva una  mano, bella come lui, ma allampanata e stravolta. Una voce dal tono distaccato diceva cose senza senso: – Non possiamo avanzare alcuna diagnosi futura. Allo stato dei fatti il coma potrebbe rivelarsi irreversibile, ma al momento non abbiamo ancora abbastanza elementi per una certezza assoluta. Faremo altri esami, ma spesso pare che dipenda persino da una volontà interiore del paziente, qualcosa che va al di là di ogni previsione medica … Solo parole che andavano a sbattere dappertutto, violentemente, senza nessuna direzione come una pallina di gomma che si schianta a caso contro una parete colpendo quel che capita senza controllo. La voce continuava: – Bisognerebbe che ascoltasse delle voci, che riuscisse a percepire della emozioni. L’affetto dei familiari, in questi casi, può compiere miracoli … Adesso la pallina, con un ultimo balzo, pareva aver colpito il cuore, essere scivolata sul ventre e lì aver fermato la sua disordinata carambola. Il display del cellulare era stato acceso, mille e mille volte, sempre sul solito messaggio salvato in “bozze†e mai inviato: Teniamo il bambino. T.V.T.B. La ragazza lo teneva tra le mani, pronta a premere di nuovo il tasto tutte le volte che la luce si spegneva. E nella sua mente gridava: – Perché non me lo hai inviato? Perché non hai risposto alle mie chiamate? Volevi dirmelo a voce? Svegliati o non lo saprò mai! E’ un maschio. Lo chiamerò come te. Lo farò piangere accanto a te finché non ti sveglierai! Dovrà strillare, dovrà strillare fino a riscuoterti. Dovrà strillare, dovrà strillare … La ragazza dimenava la testa pensando, andava avanti da ore con quel monotono gesto. Oltre alla sua voce interiore, ad un tratto, sentì anche quella della donna grassa che le appoggiava le  mani sulle spalle. – Figlia mia, così impazzirai. E’ questo che vuoi? Un bambino senza padre e con una madre pazza? Allora sembrò riscuotersi e gridò rabbiosa: – Ce l’avrà un padre! Si sveglierà ! Troverò il modo. Nivek si svegliò a forza di leccate sugli occhi. Era incredulo. – Miagola! Sei tornato! Ho creduto d’averti perso, di non rivederti mai più. – Un gatto non si perde, magari si smarrisce e poi si ritrova e poi  cos’è questo “mai, mai, mai …†Voi umani avete un gusto innato ad usare questo termine, lo stesso che provo io a dire “miao, miao, miao …†In fondo emettiamo quasi lo stesso suono. Sappi che non si può mai dire mai, lo so che è una frase già usata, ma posso far finta che sia nuova, sono un gatto, posso permettermi di tutto. Per di più sono un gatto bello fresco, ho appena rinnovato una delle mie molteplici vite. Tu invece quanto hai dormito? Tutto tempo sprecato e te lo dice uno che lo fa sempre con un occhio solo. – Non è tempo sprecato se si può sognare. – Su questo hai ragione, è meglio morire sognando che vivere senza sogni. I sogni sono il motore dell’esistenza, ci  danno la spinta per andare avanti. Che sognavi di così interessante? – Non lo so veramente se sognavo o se avevo le visioni. Come faccio a capirlo? – Bella domanda, si sogna in tanti modi: ad occhi aperti, ad occhi chiusi, intorpiditi dal sonno o ben desti. Ci sono sogni nitidi e sogni sfuocati. Alcuni sogni svelano, altri confondono. Una cosa è certa, non ci sono sogni impossibili. – Davvero? – Parola di gatto. Ma non è facile perseguire un sogno. Ci vuole fiducia, caparbietà , coraggio, pazienza … – Oh, ma allora è difficile! – Tutte le cose migliori non sono facili. – Dove sei stato? – Preferisco non pensarci. – Adesso che si fa? – Continuiamo ad andare avanti, sempre dritto, seguiamo il Chimerante. Anzi lasciamo che ci trasporti! Il Chimerante, fulgente più che mai, sbattè le sue impalpabili ali, s’abbassò toccando col ventre il suolo e lasciò che il bambino salisse sul suo dorso tenendo in braccio il gatto. Mentre volavano Miagola chiese: – Hai scoperto qualcosa mentre io non c’ero? – Sì, ho scoperto l’odore dell’erba attaccata alle radici. – E di che sa? – Sa di origini, di abbracci, di certezze, di legami, di conforto … – Bravo, ma devi ancora scoprire il segreto dell’odore dell’erba tagliata. – Ho paura, ho come la sensazione che farà male. – Capita anche che il male sia un passaggio obbligato verso il bene. – Davvero capita anche questo? – Sì che capita.  C’era solo ghiaccio, ghiaccio da tutte le parti, lì dove atterrò il Chimerante eppure non faceva freddo, ma neanche caldo o tiepido. Era un posto senza alcuna temperatura e senza alcun rumore. – Perché ci ha portato qui? Chiese Nivek. – Non lo so. Penso che non sia una destinazione definitiva, ma solo una tappa. – E’ tutto congelato! – Già chissà perché. Le piume brumose del Chimerante adesso scintillavano come tanti cristalli, attraverso i quali la luce giocava a fare gli arcobaleni, proiettando fasci colorati sulle granitiche pareti di gelo, all’interno della grotta dove i due passeggeri si erano rifugiati. -Vedi, ciò che sembra incolore si presenta invece variopinto se cambia la consistenza di quello che attraversa. – Che vuoi dire? – Solo cosa ti piace capire. Si dice per dire, ma s’intende sempre ciò che si vuole. – Miagola, perché ti diverti a confondermi? – Per schiarirti le idee. Il gioco, apparentemente assurdo, dei contrari è spesso l’unico mezzo per dare il giusto senso a una parte o all’altra. – Sei più strambo del Cappellaio Matto di questa storia. Affermò il bambino tirando fuori il solito libro. – Ce l’hai ancora lì? Che strano non lo abbia perso in mezzo a tutte queste scorribande. – Lo tengo ben incastrato nell’elastico della cintura dei pantaloni e la maglietta me lo ricopre. E’ ben custodito. – Allora lo stai leggendo? – No, dall’altra volta non ci ho più provato, ma come sai, la storia la conosco perché l’ho sentita raccontare. Nivek si guardò intorno seguendo altri pensieri e aggiunse: – Certo che qui di erba non se ne vede proprio. – Una cosa alla volta, adesso prova a guardare nei colori. Lassù, vedi lassù? Cosa c’è nel giallo: – Un ragazzo biondo sotto il sole che abbraccia una ragazza. – E adesso guarda là ! Cosa c’è nel rosso? – Un campo di papaveri attorno ad un ragazzo e una ragazza. – E nel verde? – La chioma di un albero che fa ombra ad una panchina dove una ragazza dai capelli scuri tiene per mano il ragazzo biondo mentre guardano lontano. – Nell’arancione? – Il cielo al tramonto sopra un viale dove le solite figure camminano cingendosi reciprocamente i fianchi. – Nel blu? – L’acqua calma del mare che lambisce la sabbia cancellando le orme di piedi scalzi e messaggi d’amore scritti con le dita. Mani che si schizzano l’acqua addosso e risate cristalline. – Nell’indaco? – Le ombre della sera tra le case che guardano attonite un bacio infinito davanti ad un portone. – Nel violetto? – Una corsa in moto. Lei abbracciata a lui. Il vento tra i capelli, la paura e l’audacia d’andare sempre più forte con i battiti del cuore che accelerano insieme al rombo del motore. – Bravo! Nei colori hai visto l’amore, la passione, la tenerezza, la nostalgia, l’allegria, la tristezza, l’incoscienza. Sono tutte qualità necessarie ai giovani, specialmente, per sentirsi vivi. – Chi sono quei due? Mi appartengono? Il gatto sorrise, sornione come solo lui sapeva fare, tra le lunghe vibrisse sempre ben pronte a percepire in un lampo ciò che agli umani occorre, a volte, una vita intera. – Non mi hai risposto. Si lamentò Nivek. – Ognuno deve saper trovare le proprie risposte. Concluse sbrigativo il gatto. Ad un tratto i colori si spensero. Il Chimerante aveva spiccato il suo volo verso un irraggiungibile oblio. Se ne accorse il bambino, affacciatosi all’ingresso dell’atrio e lo vide sparire lassù, nello stesso nulla da dove era arrivato. – Ritornerà ? – Chissà ? – Non si può far senza. – No, non si può far senza. Concluse il gatto. Nivek sentì una sensazione strana, mai provata prima d’allora: una gran voglia di piangere strillando, ma non ci riusciva. Solo lacrime calde iniziarono a solcargli il viso offuscandogli la vista, ma tra la nebbia dei suoi occhi vedeva. Letto 2486 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||