Scelto lo scontro frontale19 Aprile 2013 Scrivevo ieri che l’elezione di Marini, se fosse riuscita, avrebbe aperto la strada alla fine dell’antiberlusconismo, chiudendo una parentesi nefasta per la democrazia, che tanti cattivi frutti ha recato al nostro Paese. Una democrazia è tale se gli avversari si riconoscono tra di loro, pur avendo differenti obiettivi. Non si può considerare mai l’avversario indecente o impresentabile, come pure non si possono mai dividere gli elettori tra intelligenti e cretini. Ma, si risponde,  i due partiti di massa, il Pd e il Pdl, si riconoscerebbero e si rispetterebbero se alla guida di uno dei due, il Pdl, non ci fosse Silvio Berlusconi, del quale è odiata ogni mossa. Sbagliato. Le recenti elezioni politiche hanno dimostrato che non esiste competitore politico dell’attuale Pd, se il Pdl non fosse guidato da Silvio Berlusconi. Un partito che stava riducendosi ai minimi termini, e che ormai era dato per spacciato, ha improvvisamente invertito la rotta non appena Silvio Berlusconi ha deciso di riprenderne il timone. È grazie a lui che sono mancate poche migliaia di voti per agguantare una vittoria che solo un paio di mesi prima era data per impossibile. Pensate: per una manciata di voti il Pdl si trova a subire del tutto la situazione, mentre avrebbe potuto essere il centrodestra e in particolare il Pdl a reggere il timone per l’elezione del nuovo capo di Stato. Tutto si sarebbe rovesciato e sarebbe stato il centrosinistra a scegliere tra una rosa di nomi proposti dal centrodestra. Dunque, non vi è dubbio che una consistente fetta di elettorato non è tanto con il Pdl, bensì con Berlusconi. E questo elettorato non può essere qualificato cretino e l’altro intelligente. La democrazia non lo prevede, mentre lo prevede l’ideologia totalitaria, e bisogna ricordare che quella comunista lo è sempre stata. Non ho mai smesso di diffidare dei partiti che nel loro nome hanno voluto scrivere gli aggettivi democratico oppure popolare. La bocciatura di Marini ha significato, almeno per me, una avvisaglia di più aspra incomunicabilità che potrebbe caratterizzare la nuova legislatura. E ciò non può che essere un male per il Paese, in cui si ha bisogno di lavorare contando sul rispetto reciproco onde procedere al risanamento e alla modernizzazione delle istituzioni. Stamani leggo che il Pd propone compattamente il nome di Romano Prodi a partire dalla terza votazione, abbandonando definitivamente Franco Marini. Il Pd lo ha scelto sapendo bene che il Pdl, per averlo dichiarato fino alla nausea, non accetterà mai come presidente della repubblica Romano Prodi, e che la sua elezione aprirebbe una fase di scontro forse senza precedenti. In questa terribile prospettiva sarebbe difficile immaginare un governo durevole (il M5Stelle ne potrebbe decidere la fine in ogni momento), e dunque si aprirebbe la strada a nuove elezioni combattute con una campagna che lascerebbe sul campo ferite forse insanabili perlomeno fino alla conclusione del mandato presidenziale di Prodi. Non so per quale disegno perfido prevalso all’interno del Pd, che ha sempre rimproverato al Pdl la mancanza di senso dello Stato, si sia affermata la scelta di Romano Prodi. Ossia la scelta più invisa all’avversario politico, quando sappiamo tutti che il capo dello Stato dovrebbe essere quantomeno condiviso o tollerato, come accadde al centrodestra per Napolitano. Vedremo nelle prossime ore se effettivamente il Pd, al di là delle dichiarazioni formali, punti veramente all’elezione di Prodi, o se invece questa seconda fase apra la strada alla candidatura e alla elezione di Massimo D’Alema, che il Pdl considererebbe assai più condivisibile. Letto 1202 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||