Sono stato censurato
24 Aprile 2009
Non mi era mai capitato di essere censurato. E’ proprio vero che finché c’è vita c’è speranza.
E’ successo qui (si vada in fondo nello spazio riservato ai commenti).
Il censore è un sacerdote, don Fabrizio Centofanti, con cui me la presi qualche tempo fa, nella discussione se un prete possa votare per un partito comunista,  che trovate qui.
Non ebbi mai una risposta chiara.
Purtroppo non ho copia del commento censurato, che sarà stato distrutto da don Fabrizio (Fabry); se lo avesse, lo pregherei di postarlo nei commenti (l’ho avvertito, per correttezza, sul suo sito LPELS, di questo mio sfogo, mettendo il link al mio blog, se non che ha censurato anche quello secondo quel detto: quando ci si fa prendere dalla mano, spesso ci si perde anche la testa…); ma ho l’e-mail che inviai a Felice Muolo, che aveva diritto ad una risposta alla sua domanda, che era questa:  “Grazie ancora per la cortese ospitalità , Bart. Non è bene riferire che l’operazione attualmente si sta ripetendo con una serie di racconti?”.
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Questa è l’email che ieri ho indirizzato a Felice Muolo, per una risposta da me dovuta, e che esprime in sostanza quanto avevo scritto nel commento:
“Al tuo ultimo commento ho risposto, ma vedo che dopo una prima apparizione, ora non c’è più.
In esso oltre a farti di nuovo i migliori auguri, raccontavo che ieri Stefano Bernazzani, vincitore del Premio Chianti 2009, mi ringraziava per la mia recensione del 2007 al suo romanzo aggiungendo: “Devi sapere infatti che la tua recensione è stata letta e apprezzata da parecchi giurati del premio, gente preparatissima che si documenta in vista dell’incontro con ogni singolo autore.”
Entrato nella cinquina con altri quattro autori del calibro di Susanna Agnello Hornby, Paolo Albani, Marco Malvaldi e Michele Mari, Stefano Bernazzani, con il libro “L’inverno che non dimenticheremo†si è aggiudicato il prestigioso Premio Chianti 2009. Tra i vincitori delle edizioni passate figurano scrittori come Giovanni Mariotti, Paola Mastrocola e Andrea Camilleri. I complimenti della rivista all’autore.
Spero che il mio commento appaia e non sia stato censurato. Sarebbe fatto gravissimo.”
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Nel commento ricordo di aver detto che anche i racconti di Felice Muolo che stiamo pubblicando su Parliamone avranno successo, come lo ha avuto il suo romanzo “Il ruolo dei gatti”; e che la rivista Parliamone deve portare fortuna, visto che l’ha portata sia a Muolo che a Bernazzani.
Ebbene, quanto sopra è stato giudicato da Fabry “uno spottone inaccettabile.”
Mostrare un po’ di orgoglio e di soddisfazione per il lavoro che si svolge tramite una rivista d’arte non mi pare proprio “uno spottone inaccettabile”. Anzi, se ci fosse quel sentimento altruista che nell’arte fa spesso difetto – fa difetto certamente a Fabry – non si dovrebbero censurare commenti che valorizzano una rivista e le sue scelte, anzi si dovrebbe contribuire – ove non ci siano sotterranee perverse ragioni – a farla conoscere.
Venga pure Fabrizio Centofanti a parlare della sua rivista La poesia e lo spirito da noi a Parliamone, non lo censureremo e non consideremo il suo contributo “uno spottone inaccettabile.”
Per non dire che Centofanti spesso parla del suo lavoro (fa il prete a Roma tra i poveri, mi sembra) e ne parla sempre con passione e orgoglio. Perché non posso allora parlare anch’io della mia rivista ed esserne orgoglioso? Perché censurarmi se ne parlo in casa sua? Di cosa ha paura? Fa paura sapere che abbiamo valorizzato e stiamo valorizzando autori prima sconosciuti?
E lui, don Fabrizio, che ha messo su un sito come La poesia e lo spirito, non è forse andato in cerca di attenzione? Non c’è in questo un po’ di vanità e di presunzione?
Non siamo tutti san Francesco e se in me albergano un po’ di vanità e di orgoglio per il mio lavoro, altrettanta vanità e orgoglio albergano nel prete don Fabrizio. Non si è colpevoli per questo, a meno che non si cerchi a tutti i costi la pagliuzza nell’occhio dell’altro e non si scorga la trave nel proprio. Ci sono tanti preti, sia in Italia che fuori, che fanno più di ciò che don Fabrizio fa tra i poveri di Roma, e non lo raccontano né istituendo un proprio sito né scrivendo libri, ma lavorando in silenzio. Questi sono i preti che preferisco. Quelli come don Fabrizio mi fanno paura, nonostante la facciata rassicurante che presentano al prossimo. Mi paiono sepolcri imbiancati, tutti tesi a mostrarsi esternamente, ma restii all’umiltà , alla comprensione, a indagare dentro di sé. Guasti nell’anima.
Noi non ci conosciamo. Forse ci accusiamo ingiustamente. Ma la censura, e una censura di questo tipo nel campo dell’arte, è un atto autoritario che non può avere alcuna giustificazione, assai significativo del modo di pensare, e potrei aggiungere, al prete che non mi ha mai risposto sul quesito se un prete possa votare un partito comunista, che la censura che è stata usata nei miei confronti è, non solo abominevole, ma tipicamente stalinista (o fascista, che è la stessa cosa), da Kgb insomma, che censurava per colpe inesistenti come potete vedere dal link (o da Miniculp, fascistume della stessa specie). Si critica Berlusconi… poi non ci si pensa un secondo a fare peggio di lui, quando ci cade la maschera e ci sfugge di mano la nostra vera natura.
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Commento by utentecattolico — 30 Aprile 2009 @ 14:09
bisogna pregare per questi cattivi pastori affinchè non disperdano il gregge
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 30 Aprile 2009 @ 17:48
Si possono censurare certe volgarità e certi insulti: questo posso capirlo. Ma non perché ho accennato alla mia rivista Parliamone e ho parlato delle soddisfazioni che mi sta dando.
La censura è grave, nel mio caso, perché assolutamente ingiustificata, e frutto di cattiveria pura. Venendo da un prete la cosa è peggiore, perché rivela un prete fasullo, un tarlo nel fianco della Chiesa apostolica e missionaria, bello a vedersi, tutto perbenismo ed esteriorità (io faccio qui, io faccio là per i poveri) e sporco dentro. Un sepolcro imbiancato. Essendo cattolico, da un prete non mi aspettavo una tale cattiveria, ma comprensione, magari tolleranza rispetto a qualche mio difetto di eccessività , e sempre comunque affetto.