STORIA: Fascismo reale
2 Aprile 2013
di Costanza Caredio
All’inizio il Fascismo fu un movimento di reduci della guerra 15-18 che avevano sperimentato sulla propria pelle tre anni di trincea, morti, mutilati, pericolo di invasione e di perdita di sovranità , dell’indipendenza, dell’Unità raggiunta da pochi decenni. I governi liberali del dopoguerra si mostrarono inadeguati persino nello stroncare l’eversione comunista manovrata da Mosca. Il Fascismo fu accettato dal Re allo scopo di riprendere il controllo del proprio territorio e ricostituire lo Stato e questo fu il compito che esso svolse per tutto il Ventennio fino a quando, come l’aveva nominato, il Re licenziò il suo Primo Ministro il 25 luglio 1943. I più non erano neppure consapevoli che esistesse una “ideologia fascista”.
Esistevano i monumenti ai caduti, le pensioni alle vedove, l’istruzione obbligatoria con una scuola in ogni villaggio, la cura dell’igiene trascurata dal secolare pauperismo, i presidi sanitari nei Comuni, gratis per i poveri, il rispetto del lavoro e dell’autorità . Nell’Intellighenzia era convinzione comune che il Clericalismo, con l’esaltazione dell’Umiltà e della Rinuncia, avesse fiaccato lo “Spirito della Nazione” e che il Socialismo si fosse dimostrato debole nella difesa del territorio, provocando Caporetto.
Per bilanciare questi scompensi Mussolini fece ricorso in modo spettacolare alle “Radici Romane” ma anche Medievali (La Corona di Ferro) e a una forte propaganda di simboli e organizzazione.
La popolazione accolse con favore il nuovo regime e le sue novità , che erano poi il passaggio dalla vecchia società agricola ad una modernità senza traumi e divisioni insuperabili.
Il risveglio provocato dalla sconfitta del ’45 fu duro, ma al di là degli atteggiamenti di facciata, dettati dalla necessità , la grande e veloce ripresa del dopo guerra mostrò che la fiducia del popolo in se stesso ritrovata nel Ventennio, non era andata perduta.
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