STORIA: Giorgio Pisanò: L’arresto di Mussolini
25 Settembre 2021
(da “Giorgio Pisanò: “Storia della guerra civile in Italia 1943-1945)
Vari film hanno illustrato come avvenne la cattura di Benito Mussolini, ma nel libro di Pisanò viene riportato il racconto che ne fece uno dei protagonisti, Urbano Lazzari detto “Bill”.
Quello che pochi sanno è che, fino al momento in cui Mussolini fu trasferito in un automezzo tedesco, indossando gli abiti dei nazisti, egli era stato nascosto in un carro blindato della Brigata nera di Lucca, comandata dal federale di quella citta Idreno Utimberger (poi fucilato a Dongo il 28 aprile 1945). (bdm)
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Ed ecco, a proposito dell’arresto di Mussolini, la versione che ne ha dato sul libro “Dongo ultima azione” il vicecomandante della “52a Garibaldi” Urbano Lazzaro detto “Bill”: « Nel frattempo io, a Dongo, proseguo la operazione di controllo. Il rumore della sparatoria contro l’autoblinda non mi turba. In breve tutto è finito: i fascisti si sono arresi. Due di essi però hanno tentato di fuggire; uno, Paolo Porta, federale fascista di Como e ispettore generale dei Fasci dell’Alta Italia, è stato ripreso subito; l’altro non è stato ancora scovato, essendosi gettato fra i cespugli e le rocce della sponda del lago. Le ricerche continuano.
« Mentre sono intento alla verifica dei documenti dei soldati tedeschi sul secondo camion, e non mi passa neppure in mente l’avvertimento di “Pedro” circa la presenza di Mussolini nella colonna, mi sento chiamare forte e concitatamente:
« “Bill !… Bill !…”.
« Scendo subito dal camion e vado incontro al garibaldino che mi chiama. Ä– Giuseppe
Negri, zoccolaio di Dongo, il quale è stato in carcere per circa tre mesi perchè favoreggiatore dei partigiani, al tempo della cattura e fucilazione del comandante e del commissario della “52a Brigata Garibaldi”, nel mese di dicembre 1944.
«”Oh, ‘Bill’, vieni qui in disparte!”, dice piano emozionatissimo ed eccitato.
« “Bé! che c’è ora ?”, gli domando stupito di vederlo così agitato.
« “Oh! ‘Bill’, ghè chi el ‘Crapun’!”, mi sussurra pianissimo all’orecchio.
« “Va là ! Tu stai sognando!”.
« “No, no ‘Bill’, è proprio Mussolini; l’ho visto con i miei occhi !”.
« “Ma no, hai visto male. Ti sei sbagliato di certo!”.
« “Ma ‘Bill’, ti giuro che l’ho visto, ed è lui !”.
« “E dove l’hai visto ?”.
« “Ä– su un camion qui vicino, vestito da tedesco !”.
« La notizia è troppo straordinaria, troppo entusiasmante, per crederci subito. Non mi riesce infatti a crederci del tutto, ma mi sento eccitato.
« “Guarda che ti sei sbagliato !”, insisto ancora, ma incomincio a non essere più così incredulo.
« “No, no, ‘Bill’, l’ho visto e l’ho subito riconosciuto ! Ti giuro che è proprio lui, proprio Mussolini! L’ho riconosciuto”.
« “Fermati un momento, allora”, gli dico, poiché sta trascinandomi per il braccio verso il camion “e spiegami dove e come l’hai visto”.
« “Sono salito sul camion per controllare i documenti dei tedeschi, come mi avevi ordinato. Giù presso il camion c’era il maresciallo della guardia di Finanza Di Paola, che mi disse di esaminare bene tutti. Uno ad uno esamino i documenti che mi vengono presentati. Ne rimane ancora uno da controllare. È un individuo accucciato presso la cabina di guida, con le spalle appoggiate alla sponda sinistra del camion. Non lo si vede in viso perché tiene il bavero del cappotto rialzato, e l’elmetto tedesco calato sul viso. Mi dirigo verso di lui per chiedergli i documenti, ma i tedeschi del camion mi fermano e mi dicono: camerata ubriaco, camerata ubriaco…!
« “Non do loro retta e mi avvicino all’individuo. Presso di lui vi è un mucchio di coperte, ed una gli copre una spalla. Mi metto
al suo fianco e gli abbasso il bavero del cappotto. Lui sta sempre immobile. Lo vedo solo di profilo, ma lo riconosco immediatamente. ‘Bill’, ti giuro che è Mussolini, l’ho riconosciuto! Allora ho fatto finta di niente e sono sceso a cercarti. Il maresciallo mi ha chiesto cosa succedeva, ma io non gli ho risposto e sono corso da te”.
« Ora gli credo. Ma penso che è bene operare senza troppo rumore e senza apparato di forze. Dico a Negri: “Senti, Negri; tu non devi dire niente a nessuno. Mostrami quale è il camion, e poi vedrò il da farsi. Se i tedeschi si accorgono che abbiamo scovato Mussolini potrebbero fare resistenza. Andiamo ora!”.
« Negri, che è corso davanti a me, si ferma dietro ad una pianta del lungo lago e mi dice:
« “L’hai sorpassato, ‘Bill’! È più indietro!”.
« “Dov’è?”.
« Mi indica il camion dietro di me.
« “Quello?”, domando indicando il camion con il braccio.
« Mi fa cenno di sì.
« Allora guardo e vedo la sagoma dell’individuo accucciato vicino alla cabina, e, avvicìnatomi, la indico a Negri, che mi fa un cenno di conferma.
« Poi, improvvisamente, urla:
« “Fai attenzione, ‘Bill’, i tedeschi sono armati!”.
« Guardo sul camion; i tedeschi fanno finta di nulla, ma mi accorgo che mi sorvegliano attentamente. Osservo l’individuo che volta le spalle. È proprio come me lo ha descritto Negri: indossa il cappotto e l’elmetto tedeschi, e il bavero del cappotto è rialzato. Gli batto su una spalla e lo chiamo:
« “Camerata!”.
« Nessun movimento, nessuna risposta. A me si sono avvicinati il maresciallo Di Paola e l’autista Pirali di Dongo, i quali osservano curiosi la scena.
« Chiamo ancora, sempre battendogli una spalla:
«“Eccellenza!”.
« Non risponde, non si muove. Ed allora, irritato, grido forte:
« “Cavalier Benito Mussolini!”.
« La sagoma ha un sussulto. Guardo i tedeschi che osservano muti la scena. Qualcuno di loro impallidisce. Ora sono certo dell’identità dell’individuo.
Dongo: ore 16,30
« Intanto parecchi garibaldini e molta folla sono corsi verso, il camion. Mi aggrappo alla sponda e vi salgo sopra. Mi avvicino all’uomo sempre immobile e muto. Ha l’elmetto abbassato sulla fronte ed il bavero gli copre interamente il volto. Gli tolgo l’elmetto e vedo il cranio calvo e la sagoma caratteristica del suo capo. Gli tolgo gli occhiali da sole e gli abbasso il bavero del cappotto: è lui, Mussolini!…
« Aiuto Mussolini ad alzarsi.
« “Ha altre armi?” gli domando.
« Non apre bocca, si sbottona il pastrano. Infilata la mano tra la cintura e i pantaloni trae una pistola: è una Glisenti automatica calibro 9 prolungato, mancante di una guancia; me la consegna. Me la caccio in tasca.
« Ora siamo lì in piedi, l’uno di fronte all’altro. Sento che devo dire qualcosa, qualcosa che lui aspetta ora a capo alto, con uno sguardo vuoto, fuori del tempo. Il suo volto è cereo, ed in quello sguardo fisso, ma assente, io leggo un’estrema stanchezza, non paura; Mussolini sembra non aver più volontà, spiritualmente morto: è una cosa che mi colpisce.
« Una folla enorme si è adunata intorno al camion ed urla: i tedeschi donano alla popolazione le loro armi per imbonirsela: evidentemente hanno paura di rappresaglie da parte nostra per aver tentato di occultare Mussolini, contravvenendo agli accordi stabiliti.
« “In nome del popolo italiano, l’arresto!”.
Ed il fatto è per me talmente fuori dell’ordinario che non riesce neppure a scuotermi, e le mie parole escono piane, la mia voce è tranquilla. La folla aumenta di minuto in minuto ed il clamore diviene immenso.
« Mussolini dice trasognato:
« “Non faccio nulla”, forse per dire “non faccio resistenza”. Rispondo allora, comprendendo la responsabilità che mi è piombata sulle spalle:
« “Mi rendo garante che, fintanto che lei resta sotto la mia personale responsabilità, non le sarà torto un capello”.
« “Grazie”, mi risponde.
« Mi metto alla sua destra, Pirali alla sua sinistra e tutte e tre ci avviamo verso il fondo del camion, di cui è già stato abbassato l’assone posteriore. Reggendolo sotto le ascelle,
lo caliamo giù. Ortelli, un ex carabiniere di Dongo, lo aiuta a mettere i piedi a terra.
« Saltiamo giù, Pirali ed io, e, facendoci largo tra la folla, ci portiamo verso la piazza per condurlo in Municipio, una sessantina di metri distante dal camion.
« La folla continua a gridare esultante:
« “Hanno preso Mussolini!”.
« Qualcuno grida ingiurie…
« Varchiamo la soglia del Municipio e, mentre saliamo i quattro gradini dell’atrio, mi rivolgo a Mussolini:
« “Dov’è vostro figlio Vittorio?”.
« “Non so”, risponde abbassando il capo. Comprendo che non vuole dirmelo.
« “E il generale Graziani,?”.
« “Non lo so; credo si trovi a Como”, risponde, guardandomi stavolta.
« Di fronte a noi il cortile interno del Municipio; a destra in fondo uno scalone, che conduce ai piani superiori; a sinistra, dopo un breve porticato, un corridoio. Ci avviamo a sinistra. A sinistra ancora: qualcuno apre una porta. Entriamo.
« Una lunga stanza semplicissima. Due finestre danno sulla piazza. A destra dell’entrata, lungo la parete, due lunghi tavoli a due panche. A sinistra due porte: una, presso la porta d’entrata e l’altra presso la finestra della piazza.
« Metto quattro garibaldini di guardia fuori della porta, con l’ordine di non fare entrare nessuno senza mia autorizzazione.
« La porta viene chiusa.
« Dentro rimangono “Ettore”, “Biondino” e due altri garibaldini.
« Mussolini è fatto sedere su di una panchetta posta contro la parete, vicino alla tavola. Si toglie il pastrano tedesco e lo depone presso di sé. Indossa la camicia nera, un paio di pantaloni alla cavallerizza da ufficiale della Milizia e gli stivali rigidi. Non ha giubba.
« Ha con sé una borsa di cuoio, che depone su una cassetta di legno alla sua destra.
« “Desidera qualcosa?”, domando.
« “Grazie, un bicchiere d’acqua”.
« “ ‘Ettore’, fa portare un bicchiere d’acqua”.
« Beve avidamente.
« “Grazie”, dice.
« “Perchè mai lei si trovava sul camion con i tedeschi mentre invece i suoi ministri erano sull’autoblinda?”, domando incuriosito.
« “Non lo so, mi hanno messo lì. Forse mi hanno tradito all’ultima ora”.
«Ho un moto di sorpresa. Come?! “Mi hanno messo lì”? Faccio uscire fuori dalla stanza tutte le persone che con una scusa o con l’altra erano entrate. Restano dentro: il dottor Rubini (sindaco di Dongo: n.d.r.), l’autista Pirali ed i quattro garibaldini. Rivolgendomi ad “Ettore” dico forte, in modo che Mussolini abbia a sentire:
« “Nessuno deve disturbare. Tenete a bada il prigioniero ed in caso di necessità usate le armi”.
« Mi avvio alla porta per riprendere il controllo e l’ispezione della colonna. Ma in quel momento la porta si apre e, scortati dai garibaldini entrano Barracu, Casalinuovo, Utimpergher e Paolo Porta.
«”Salve Duce!” dicono mettendosi sull’attenti alla vista di Mussolini.
« Questi risponde al loro saluto con un cenno indolente del capo. Vedo Barracu ferito ad un braccio:
« “ ‘Ettore’, fai chiamare il dottore, che venga qui con medicinali e garza”, dico.
« “Non c’è il dottore!”, dice qualcuno.
« “Chiamerò il farmacista”, risponde “Ettore”.
« “Va bene”, dico.
« Esco. Sulla porta i quattro garibaldini trattengono a stento numerose persone che vogliono entrare a viva forza.
« “Sgomberate tutti di qui”, urlo. “Fuori!”.
« Se ne vanno in piazza ».
Il racconto di “Bill”, pieno di colore, contiene però alcune inesattezze che vanno rettificate: tra l’altro, come vedremo, non illustra a sufficienza la parte sostenuta dai tedeschi nell’episodio. Ufficiali e soldati germanici, infatti, non alzarono un dito per difendere Mussolini: il che autorizza gravissimi dubbi, specie se si considera che nemmeno un’ora prima il capitano Fallmeyer, invitando il Duce a salire su uno dei suoi camion, si era fatto garante della salvezza del Capo del fascismo.
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