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STORIA: Giorgio Pisanò: La sorella Edvige incontra Mussolini

23 Settembre 2021

(da Giorgio Pisanò: Storia della guerra civile in Italia. 1943-1945)

Tutto quanto si è letto sul Fascismo e sulla Resistenza è insufficiente se lo storico non ha preso in considerazione testimonianze e documenti presenti nell’opera di Pisanò, che a me sta rivelandosi come un lavoro certosino, scrupoloso e gigantesco per come le tesi siano sempre supportate impeccabilmente.

Nei giorni precedenti la caduta del fascismo si svolsero trattative in Svizzera tra gli Alleati e i tedeschi al fine di arrivare alla resa nazista per quanto riguarda le azioni di guerra in Italia. In questo modo i tedeschi avrebbero trasferito le loro divisioni sul fronte orientale per impedire l’avanzata sovietica, che stava per dilagare in Germania e nell’Italia del Nord, dove i partigiani comunisti erano pronti a dare una mano proclamando la rivoluzione. A questo riguardo Togliatti aveva dato disposizioni perché fossero eliminati i partigiani dissenzienti (si veda l’eccidio di Porzus) e eliminato lo stesso Mussolini, che invece gli Alleati volevano processare, il quale godeva ancora di un certo ascendente sul popolo italiano.

Il complotto non si realizzò perché Stalin, attraverso i suoi informatori, ne venne a conoscenza e minacciò l’alleanza.
Nel mese di aprile 1945, a pochi giorni dalla caduta della Repubblica Sociale Italiana (RSI) con la morte di Mussolini ucciso il 28 aprile a Giulino (Como) dai partigiani comunisti (si parla di Walter Audisio, detto ‘Colonnello Valerio’) guerra e politica furono in fermento. Mussolini, che nulla sapeva delle trattative in corso tra tedeschi e Alleati, comincia a rendersi conto della sconfitta.

Il 17 aprile manda a chiamare la sorella Edvige, la quale dà testimonianza di quel colloquio. (bdm)

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Ed ecco ora la commovente testimonianza di Edvige Mussolini dal libro “Mio fratello Benito†(Edizioni La Fenice, 1957): «Il giorno 17 aprile mio fratello mi chiamò presso di sé, espose la situazione in termini brevi ed esatti, mi disse di partire coi miei per Milano dove anch’egli si sarebbe subito recato, per avervi presumibilmente colloqui col cardinale Schuster e con i rappresentanti del Comitato di liberazione nazionale: “Se esiste una anche minima possibilità di effettuare senza sangue e senza onta il trapasso dei poteri, occorre cercarla”. Restammo un poco in silenzio: indi egli parlò ancora, e di quello che mi disse darò qui un resoconto fedele, perché fui molto attenta, allora, nell’ascoltarlo.
« “La guerra sta per finire dappertutto: la Germania è agli estremi e lo stesso Giappone non potrà continuare molto a combattere.
Io credo di essere abbastanza sereno in questa ora per capire come gli uomini e le idee di cui sono stato avversario abbiano vinto. Hanno avuto senz’altro, i primi, tenacia e forza d’animo, più Churchill e Stalin di Roosevelt che non ha mai conosciuto veramente il pericolo e la cui visione della guerra e dei suoi problemi è stata sempre viziata da un quid di gratuito, da una specie di inclemente dilettantismo. A proposito di Churchill, ti direi di rivolgerti a lui se con la tua famiglia sarai messa al punto di dover chiedere protezione ai vincitori: c’è stato fra me e Churchill uno scambio di progetti prima che l’Italia entrasse in guerra, e mi colpirono allora la sua spregiudicatezza e il suo gusto per le prospettive, politiche e storiche, ampie e nuove: doti che possono andare d’accordo con una certa generosità; e hanno avuto, le seconde, molta elasticità e molta prontezza a occultarsi: più le democrazie occidentali che il comunismo russo, nella cui indole, nonostante il gran gesto dello scioglimento del Comintern, continuano a prevalere il fanatismo dottrinario e il separatismo orgoglioso.
« “Ma la vittoria ottenuta insieme da anglosassoni e russi, di là dalle contraddizioni della loro alleanza, del resto non più stridenti di quelle contenute in altre passate alleanze, famose e vittoriose, ha in se qualcosa di più profondo che non le virtù o i difetti dei capi politici e militari e la discrezione o l’impertinenza delle ideologie: ha in sé i grandi spazi degli oceani e dei continenti, proprio nella loro portata geografica e fisica, proprio col loro peso bruto che appena adesso si affaccia alla Storia. Non c’era come una barbarie, insita nella stessa immensità di quegli spazi, nello stesso gran numero degli strumenti e degli uomini in essa contenuti? Noi, antiche e già diminuite Nazioni dell’Europa e dell’Asia, noi italiani, tedeschi, giapponesi, avevamo ‘sognato’ tale barbarie (eravamo ispirati da un ‘sogno degli spazi’, nella nostra politica e nella nostra guerra); e appunto per questo essa è stata chiamata a schiacciare con la sua bruta realtà il nostro sogno, per farsi Civiltà e Storia, secondo il nostro sogno: il nuovo tempo oceanico e continentale nasce propizio dal nostro sacrificio. Al quale, dunque, non occorrono vendette: e come potrebbe vendicarci anche una terza guerra mondiale fra gli occidentali e i bolscevichi? Anzitutto io credo che la ipotesi della terza guerra mondiale, ineccepibile in linea di logica, sia però una ipotesi lunga: il nuovo configurarsi della Storia su complessi continentali e oceanici, anziché su complessi nazionali, è cosa tanto imponente che i contrasti impliciti in esso avranno bisogno di percorrere molte e complicate vie prima di diventare scontro di guerra, e non si può escludere che nel tragitto perdano gran parte della loro ineluttabile forza. Ma non tanto questa e altre considerazioni importano, quanto il serbare al sacrificio, alla caduta delle Nazioni, il suo significato e la sua nobiltà.
« “È assurdo pensare che esse, le più ardite, le più splendenti, le più sconfitte tra esse, possano risorgere quali erano: per limitarci all’Europa, è prevedibile invece che la Germania resterà gran tempo spartita, fra occidentali e russi, rappresentando, la sua spartizione, un pegno per la convivenza fra le due forze e insieme un’occasione al loro urto: ciò è accaduto altre volte ai tedeschi e sempre in momenti critici della Storia, che sembra abbia bisogno di loro, della loro protervia e della loro umiliazione, per il suo rinnovarsi. E l’Italia? Qui è caduta, qui è stata sacrificata la recente tradizione risorgimentale, di cui il fascismo e la sua guerra hanno dato l’espressione ultima, con tutte le porpore e le tristezze di un tramonto; qui rimane l’antica tradizione cattolica alla quale il fascismo si è tanto spesso richiamato, e il cui universalismo servirà molto all’Italia per entrare con tutti gli onori nella inevitabile, prossima comunità europea.
« “Quanto a me, io prima persona singolare, dopo avere avuto la mia parte in queste mirabili mutazioni, o metamorfosi, così che non sento davvero la necessità di essere vendicato o riabilitato, ho compiuto il mio corso. Ho fatto molte citazioni nella mia vita, parlando e scrivendo, e si dice che alcune fossero inesatte. Ne farò ancora una, esatta, se la memoria non mi inganna. Come dice Amleto, dopo aver dato già in agonia ad Orazio qualche spiegazione valevole ‘più o meno’ a chiarire tante tragiche cose, dirò anch’io: ‘Il resto è silenzio’. Sono da tempo pronto a entrare in un grande silenzio†».


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Bart