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STORIA: I MAESTRI: 1951: Longo alleato di Stalin contro Togliatti

11 Ottobre 2011

di Giovanni Russo
[dal “Corriere della Sera”, sabato 27 marzo 1970]

Roma, marzo.
In questi giorni, esatta ­mente il 15 marzo, Luigi Longo, segretario generale del PCI, succeduto il 26 ago ­sto 1964, aPalmiro Togliat ­ti, ha compiuto settanta an ­ni. Il partito lo ha partico ­larmente festeggiato. L’Uni ­tà ha dedicato la terza e la quarta pagina alla ricor ­renza, ricordando le tappe principali dell’attività di co ­munista e di rivoluzionario di Longo. Un pezzo di cro ­naca, in prima pagina, de ­scriveva la cerimonia degli auguri, svoltasi, nella sede del comitato centrale, con lo stesso tono di rispettoso af ­fetto con cui una volta si parlava, nelle medesime oc ­casioni, di Togliatti.

« Longo â— riferiva l’orga ­no comunista â— ringrazia i compagni e il partito degli auguri. E’ l’occasione, questa, per un’esaltazione del carat ­tere della milizia comunista e del partito ‘mano con mi ­lioni di dita strette in un so ­lo minaccioso pugno’ e un richiamo ai compiti immedia ­ti, di oggi ». Nella stessa cro ­naca si leggeva: «Passa di mano in mano il numero uni ­co edito dalla sezione stampa e propaganda dedicato a que ­sto anniversario, fitto di te ­stimonianze e di fotografie; ognuno vi cerca, con curio ­sità e commozione, immagi ­ni che sono ormai affidate alla storia del partito: Lon ­go nella guerra di Spagna; a Milano nei giorni della Li ­berazione; Longo che diffon ­de L’Unità, che partecipa a una manifestazione di giova ­ni e, infine, che monta la guardia d’onore alla salma di Togliatti ».

Il numero unico, intitolato « Il compagno Luigi Longo » è effettivamente molto inte ­ressante non tanto perché ri ­conferma la tendenza dei co ­munisti â— diremmo il loro intrinseco bisogno, anche in tempi di vie nazionali e di pluralismo del movimento â— a costruire un mito intorno ai loro capi (il vizio ingua ­ribile del culto della perso ­nalità), quanto perché con ­tiene una rivelazione clamo ­rosa, destinata a suscitare molto scalpore, sui rapporti nel 1951 fra Togliatti e Sta ­lin e fra Togliatti e la dire ­zione del PCI, di cui Longo era vice-segretario con Sec ­chia.

Al numero unico hanno col ­laborato i massimi esponenti del PCI: da Giorgio Amendo ­la che lo apre, con un arti ­colo in cui esalta il contributo di Longo soprattutto nella «difesa ostinata della unità del partito » a Edoardo D’O ­nofrio, Antonio Roasio, Artu ­ro Colombi, Girolamo Li Cau ­si, Giancarlo Pajetta, Enrico Berlinguer, Alessandro Natta, Giorgio Napolitano, Pietro Ingrao, a Nilde Jotti, la com ­pagna di Togliatti. I temi de ­gli articoli avrebbero dovuto contribuire, tutti insieme, a rafforzare l’immagine tradi ­zionale del capo del partito, paterno verso i « problemi del ­la povera gente », ascoltato anche da Paolo VI: l’immagi ­ne, cioè, che con ben mag ­giore verosimiglianza, si era riusciti a dare di Palmiro To ­gliatti. Ma l’articolo di Nilde Jotti, testimone preziosa del ­la vita e delle vicende di Pal ­miro Togliatti, arreca un colpo durissimo a questa raffigura ­zione, svelando un fatto che finora tutti ignoravano.

L’articolo della fedele com ­pagna di Togliatti è intitolato « I rapporti fra Togliatti e Longo, qualcosa di più che un’amicizia » ed è scritto nello stile, in apparenza distaccato, di chi rievoca solo dei fatti storici. In realtà è un atto di accusa contro Longo e tutta la direzione del PCI, che, se ­condo quantola Jottirivela, agli inizi del 1951, accettarono â— nonostante che Togliatti fosse assolutamente contra ­rio â— la decisione di Stalin che egli lasciasse la segrete ­ria del PCI, abbandonasse l’I ­talia e si trasferisse a Mosca come segretario generale del Cominform.

La Jottiracconta che « non c’era dimestichezza di vita o comunanza di abitudini fra loro due, ciò che comunemen ­te costituisce il fondamento di un’amicizia. Non si chia ­mavano mai per nome », ma che « esisteva fra loro qualco ­sa di più sottile e tuttavia più solido di un’amicizia » e ri ­corda due episodi, strettamen ­te collegati all’ordine di Sta ­lin di estromettere Togliatti dalla direzione del PCI. Il pri ­mo episodio riguarda « una sera drammatica dell’ultimo giorno di ottobre del 1950 ».

« Togliatti â— raccontala Jottiâ— due mesi prima era stato vittima di un incidente automobilistico che gli aveva procurato la frattura dì una vertebra e l’incrinatura del ­l’osso frontale. Era stato a lungo ingessato. Lo avevano appena liberato della pesan ­te corazza che gli toglieva la possibilità del riposo, quando cominciarono dei violenti do ­lori al capo sempre più insi ­stenti ed acuti. Negli ultimi giorni, le cose erano preci ­pitate in modo drammatico, rivelando di colpo, uno stato di compressione cerebrale ».

Decisivo episodio

Il racconto prosegue rife ­rendo che Togliatti era stato ricoverato in clinica in stato di incoscienza per un urgente intervento chirurgico, che era la sola possibilità di salvarlo.La Jottiricorda, poi. come Longo, che aveva ascoltato il rapporto dei medici « più che calmo, freddo, come distacca ­to da quella vicenda » mani ­festasse invece la sua emo ­zione affettuosa quando il chirurgo Spallone annunziò che l’operazione era andata bene e che Togliatti aveva già ripreso conoscenza. E qui si inserisce il secondo decisivo episodio che alza un velo sia sui rapporti che esistevano nel 1951 fra il PCI e Mosca, sia sul ruolo che, in quella occasione, Longo svolse. Ri ­feriamo integralmente il rac ­conto di Nilde Jotti.

« Per un periodo di conva ­lescenza, dopo l’operazione, Togliatti si recò a Mosca. Ma ­risa (la figlia adottiva, n.d.r.) ed io lo accompagnammo. I medici avevano consigliato un clima freddo e secco ed il cli ­ma dei boschi intorno a Mo ­sca poteva sembrare adatto. In realtà la ragione di quel viaggio era prevalentemente, se non addirittura esclusiva ­mente, politica. Cominciava già allora la discussione sul Cominform, sul suo funzio ­namento, sui suoi compiti. Non ancora sui problemi che di lì a poco sarebbero esplosi nei nuovi paesi socialisti: uf ­ficialmente tutto andava be ­ne. In realtà così non era. Ne avemmo un primo sospet ­to già nel corso del viaggio, durante il quale i rapporti fra cechi e polacchi, che vollero accompagnare Togliatti fino a Brest-Litovsk, apparivano tesi e insofferenti. La ragione politica era in relazione al funzionamento del Comin ­form per il quale i compagni sovietici e per loro Stalin ave ­vano avanzato la proposta che Togliatti ne assumesse il segretariato generale.

« Il che significava lasciare l’Italia. Togliatti era fiera ­mente contro la proposta. Non solo perché significava stare fuori del paese che amava, e lasciare la direzione del par ­tito alla cui crescita aveva dato tanto della sua passione e del suo lavoro: egli era so ­prattutto convinto che l’atto che l’aveva portato allo scio ­glimento del Comintern nel 1943 era stato giusto e che ogni ritorno indietro signifi ­cava solo illudersi di trova ­re una soluzione ai problemi del movimento operaio inter ­nazionale, perché le strade dovevano essere, di necessi ­tà, diverse.

Duro scontro

« Era quindi ben deciso a battersi perché quella propo ­sta fosse accantonata ed era consapevole che la battaglia sarebbe stata dura. Essa fu infatti molto aspra: Longo e Secchia vennero a Mosca ed ebbero incontri con Togliatti e insieme a lui con i compagni sovietici e con Stalin. I com ­pagni sovietici e Stalin insi ­stettero molto, aggiungendo, via via, nuovi argomenti a quelli originari. Premettero molto sui compagni insisten ­do sul fatto che l’attentato del 14 luglio 1948, prima, e l’incidente di macchina del 1950, dopo, (da essi attribuito ad una macchinazione crimi ­nosa); la situazione interna ­zionale e quella interna ita ­liana, dimostravano chiara ­mente che il partito italiano non era nelle condizioni di garantire l’incolumità dei suoi dirigenti. Si era infatti all’in ­domani del Patto atlantico e in piena guerra di Corea. Malgrado ciò, di fronte alla resistenza molto ferma di To ­gliatti, Stalin alla fine di una riunione assai aspra, che si era prolungata a lungo nella notte, ritirò la sua proposta. Ricordo il sollievo di Togliatti.

« Ci preparavamo alla par ­tenza, di lì a pochi giorni, quando, all’improvviso, un te ­legramma della direzione del partito rovesciava di nuovo la situazione: in questo tele ­gramma la direzione annun ­ciava di essere giunta al con ­vincimento di dover accettare la proposta di Stalin soprat ­tutto in considerazione della situazione internazionale.

Momento difficile

« Era un colpo assai duro e imprevisto. Separava To ­gliatti dal partito e lo poneva con le spalle al muro. Tutta ­via Togliatti non si arrese. Chiese di nuovo che una de ­legazione della direzione ve ­nisse a Mosca a discutere. Vennero Secchia e Colombi. Si incontrarono ancora con i compagni sovietici e con Stalin. Discussero accanitamente. Alla fine Stalin ac ­cettò l’idea che Togliatti tor ­nasse in Italia per le elezioni (ci sarebbero state di lì a po ­co le elezioni amministrative della primavera del ’51) e di ridiscutere del problema in seguito. Partimmo così da Mo ­sca in una gelida notte della fine di febbraio del ’51 per un lunghissimo viaggio che, attraverso l’Ucraina, doveva portarci a Praga. Alla stazione non c’era nessuno dei di ­rigenti sovietici a salutare To ­gliatti.

« A Praga giungemmo nei giorni stessi in cui si apriva, nel comitato centrale, la que ­stione Sling e Svermova, la prima di una tragica serie. Per due giorni restammo in una villa del tutto isolati. To ­gliatti vide soltanto Slanski in un fugace incontro alla fi ­ne di un pasto. Finalmente potemmo partire per Roma pieni di preoccupazioni e di pena. A Venezia, Longo e Sec ­chia vennero ad incontrare Togliatti.

« Era un momento difficile. Ciò che mi colpi allora e die ­de a me la sensazione esatta della natura del legame tra Longo e Togliatti fu il modo come entrambi lo superarono. Togliatti non aprì mai la que ­stione in direzione. Propose soltanto di considerarla supe ­rata. Non so se Longo e To ­gliatti ne parlassero tra di loro. So che i loro rapporti uscirono da quel momento in ­tatti, forse più solidi di pri ­ma. Nessuno aveva spiegazio ­ni da chiedere o da dare. Ognuno aveva sostenuto ciò che gli sembrava giusto con lealtà e franchezza verso il partito e verso se stessi ».

Così si conclude il dram ­matico racconto di Nilde Jot ­ti, che visse intimamente il tormento di Togliatti, il qua ­le si era visto isolato di fron ­te a Stalin e abbandonato dai suoi. La direzione del PCI, che prese la decisione di accettare la proposta di Stalin, era composta oltre che dai due vicesegretari Longo e Secchia, da Amen ­dola, Colombi, Di Vittorio (che si dice abbia fatto op ­posizione all’accettazione del ­l’ordine di Stalin), D’Ono ­frio, Li Causi, Negarville, Te ­resa Berlinguer, dirigente della federazione giovanile. Erano cioè presenti molti degli esponenti più potenti in que ­sto momento nel PCI, da Amendola, a Berlinguer, a Pajetta a Novella, dimessosi da segretario della Cgil, per tornare all’attività del parti ­to, gli uomini che, oggi, cer ­cano di convincerci della as ­soluta autonomia del PCI, per ciò che riguarda la poli ­tica interna italiana, rispet ­to a Mosca.

Il 1951 era una delle epo ­che più dure dello stalinismo in Russia, il momento del ri ­torno alle repressioni, del dominio di Beria, l’anno in cui maturava il famoso processo di Stalin contro i medici ebrei. Si capisce perché To ­gliatti si sentisse sollevato quando riuscì a spuntarla con Stalin e a ottenere di po ­ter rientrare in Italia. Quel telegramma della direzione del PCI che, invece, rimet ­teva tutto in discussione e accettava l’ordine di Stalin di rinunziare al segretario del proprio partito deve es ­sere stato uno degli episodi più amari della vita di To ­gliatti e che egli non ha mai potuto dimenticare. Tanto vero che la sua compagna, Nilde Jotti, ha sentito il bi ­sogno di rivelarlo, proprio nel momento in cui si è cer ­cato di presentare il succes ­sore di Togliatti, Luigi Lon ­go, in occasione dei festeg ­giamenti per il suo settan ­tesimo anniversario, come l’alfiere della nuova politica di autonomia del PCI da Mo ­sca. Soprattutto della politi ­ca interna del PCI, di cui Longo dovrebbe garantire, agli occhi degli italiani, la democraticità e l’indipen ­denza.


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Bart