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STORIA: I MAESTRI: Assolta Maria Antonietta

3 Maggio 2013

di Roberto Gervaso
(dal “Corriere della Sera”, domenica 19 luglio 1970)

Nel maggio 1786 si celebrò a Parigi il più clamoroso processo del secolo e uno dei più appassionanti di tutti i tempi. Sul banco degl’impu ­tati sedevano un principe del ­la Chiesa, un mago famoso e una discendente dei Valois.
Il cardioide si chiamava Luigi di Rohan, apparteneva a una delle più illustri casate di Francia, era ricchissimo, l’Accademia l’aveva arruolato fra gl’Immortali, la Sorbona nominato rettore. Era stato per un certo tempo ambascia ­tore a Vienna, dove aveva scandalizzato la bigotta e sparagnina Maria Teresa con la sua vita gaudente e spendacciona. Quando Luigi XV, cui doveva quella carica, calò nel ­la tomba, e Luigi XVI salì sul trono, Rohan fu richia ­mato in patria ed esiliato in provincia.

Più che il nuovo Re era stata la nuova Regina a esi ­gere la punizione del cardinale. Come la madre, anche Maria Antonietta odiava Rohan. Le poche volte che ave ­va avuto a che fare con lui, l’aveva trattato con sovrano disprezzo. Quel prelato galan ­te, libertino, scialacquatore, che si circondava di donne bellissime e viveva in un lus ­so degno di Versailles, le era odioso.

Il mago famoso era un cer ­to Cagliostro. Il suo nome era sulla bocca di tutti. Le sue mirabolanti imprese avevano fatto il giro dell’Europa, le sue prodigiose guarigioni ave ­vano riempito le prime pagi ­ne dei giornali, re, principi, prelati avevano voluto cono ­scerlo, Caterina di Russia e Federico di Prussia ne erano stati letteralmente conquista ­ti. Ma, più di qualunque al ­tro, ne aveva subito il fasci ­no Rohan, che era diventato il suo zimbello.

La discendente dei Valois era la contessa Giovanna de la Motte, nobile decaduta, spregiudicata, spavalda, am ­biziosa, senza il becco d’un quattrino ma con una gran voglia di farne, a qualunque costo e con tutti i mezzi. Es ­sa aveva conosciuto per caso Rohan, che l’aveva ripetuta ­mente soccorsa con lauti sus ­sidi. Perfettamente al corren ­te dei crucci del suo benefat ­tore, sapeva che avrebbe ven ­duto l’anima al diavolo per entrare nelle grazie della Re ­gina e ottenere a corte il rango confacente al suo bla ­sone. Con sfacciataggine pari alla dabbenaggine del cardi ­nale, la de la Motte, che vive ­va a Parigi col marito, riuscì a dar da bere a Rohan di godere dell’amicizia e della confidenza di Maria Antoniet ­ta. Chi meglio di lei â— disse un giorno al principe â— po ­teva intercedere in suo favo ­re presso la sovrana? Rohan si consultò con Cagliostro, che lo incoraggiò ad accetta ­re la mediazione, sebbe ­ne, personalmente, detestasse Giovanna.

*

Per meglio ingannare lo sprovveduto e credulone car ­dinale, la de la Motte compi ­lò lettere false, firmate da Maria Antonietta, e le mo ­strò a Rohan, che non dubitò minimamente della loro au ­tenticità. In queste missive la Regina si rivolgeva a Giovan ­na con frasi come: « Mia cara contessa », « Caro cuore mio ». Ogni volta che vedeva le let ­tere, il principe trasecolava. Un bel giorno la contessa gli annunciò che, dopo reiterate insistenze, la Regina s’era fi ­nalmente degnata di conce ­dergli un colloquio, natural ­mente segreto. L’appuntamen ­to era per la notte del 24 lu ­glio in uno dei giardini iì Versailles, dove â— dicevano i maligni â— Maria Antonietta era solita ricevere gli amanti. Rohan vi si recò trepidante e furtivo. Poco dopo compar ­ve una donna che gli mise in mano una rosa e gli sussur ­rò: « Voi sapete cosa signifi ­ca ». Il cardinale, gettatosi ai suoi piedi, non fece nem ­meno in tempo a rialzarsi che l’ombra si dileguò. Natural ­mente non si trattava della sovrana ma di una sgualdri ­na, assoldata per l’occasione dalla contessa. Al settimo cie ­lo per la felicità, Rohan pre ­miò con una forte somma di denaro Giovanna, nella cui mente già frullava un altro raggiro.

A suggerirglielo erano stati due gioiellieri di corte, Boelimer e Bassange. Alcuni anni prima costoro avevano offer ­to al Re, perché la donasse alla Regina, una splendida collana di 593 perle del valore di circa un miliardo e sei ­cento milioni di lire attuali. Luigi XVI avrebbe voluto ac ­quistarla ma Maria Antoniet ­ta s’era opposta dicendo che in quel momento la Francia aveva più bisogno di navi che di collane. I gioiellieri erano rimasti molto male.

Un giorno Bassange, cui la de la Motte aveva fatto cre ­dere d’essere in grande inti ­mità con la Regina, andò dalla contessa e la supplicò di met ­tere una buona parola. Tre settimane dopo, Giovanna gli comunicò che Maria Anto ­nietta s’era finalmente decisa a comprare la collana. Non poteva però tirar fuori i quat ­trini tutti in una volta, per cui chiedeva di pagare in quattro rate semestrali di quattrocento milioni l’una, a partire dal primo agosto del ­l’anno successivo (1785). La collana avrebbe dovuto esse ­re consegnata sei mesi prima. Ma non nelle mani della Re ­gina che â— diceva la de la Motte â— preferiva restare nel ­l’ombra, bensì in quelle di Rohan, che avrebbe garanti ­to per lei. Il cardinale firmò il contratto e col proprio no ­me impegnò nell’affare tutto il suo onore. Il primo feb ­braio Boehmer e Bassange af ­fidarono il gioiello al principe che lo recapitò personalmen ­te alla contessa la quale, aiu ­tata dal marito e dal segre ­tario, lo smontò e ne mise in vendita le parti.

Avvicinandosi la scadenza della prima rata, la de la Motte, per guadagnare tem ­po, chiese uno sconto e poi una proroga del pagamento. I due gioiellieri, che si trova ­vano con l’acqua alla gola, fiutarono finalmente la truf ­fa. Si precipitarono a Versail ­les e chiesero di parlare con la Regina. Condotti al suo co ­spetto, vuotarono il sacco. Ma ­ria Antonietta cascò dalle nu ­vole. Disse che lei era all’oscuro di tutto, che non co ­nosceva la contessa e, quan ­to a Rohan, da anni non gli rivolgeva la parola. Quindi chiamò il marito e gli chiese di ordinare subito un’inchie ­sta e punire i colpevoli.

*

Rohan, Cagliostro e la de la Motte furono rinchiusi al ­la Bastiglia, in attesa del pro ­cesso, che cominciò il 22 mag ­gio dell’anno successivo, du ­rò sei giorni e tenne col fia ­to sospeso non solo la Fran ­cia, ma l’intera Europa, che si divise in innocentisti e colpevolisti. Non fu difficile ai giudici ricostruire i fatti, ap ­purare la verità e pronuncia ­re il verdetto che assolse Ro ­han e Cagliostro e condannò la de la Motte al marchio di fuoco e al confino a vita. Le sentenze furono accolte con giubilo dal popolo e con in ­dignazione dalla Regina.

Fu un duro colpo per la corona e per il regime. « Coi suoi svolgimenti l’affare della collana causò le conseguenze più terribili » ha scritto Dorothy Moulton Mayer nella sua bella biografia di Maria Antonietta. Il volume (Maria Antonietta, Dall’Oglio, pp. 467, L. 4500), è quanto di me ­glio e di più documentato si possa leggere su questa sven ­turata sovrana. L’autrice, spe ­cialista di storia francese, ci fornisce di Maria Antonietta un ritratto a tutto tondo, be ­nevolo ma convincente. La fi ­glia dell’Imperatrice d’Austria non fu una grande regina, ma non fu nemmeno peggiore dì tante altre. Ebbe molte debo ­lezze, fu superba, ambiziosa, amò il lusso, riempì di corna il marito, ma seppe anche dar prova di fermezza, nobiltà e coraggio. Quando il tribunale del Terrore la condannò alla ghigliottina, accolse impassi ­bile la sentenza e a testa alta uscì dall’aula. A testa alta salì anche il patibolo, mentre il popolino la copriva d’insul ­ti e di sputi. Se non meritava più di regnare, non meritava neppure di finire a quel modo.


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Bart