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STORIA: I MAESTRI: GESÙ FRA GLI SPECCHI

26 Dicembre 2012

di G. Barbiellini Amidei
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 5 marzo 1970]

Viveva quasi duemila anni fa a Nazareth un ragazzo capriccioso e vendicativo, ter ­ribile come un mago: i vicini di casa, dopo le prime espe ­rienze, ne stavano alla larga. Due bambini che gli avevano fatto innocenti dispetti ci avevano rimesso la pelle e i loro genitori, che avevano protestato, erano stati acciecatì. La stessa fine aveva fat ­to un maestro del villaggio, che aveva tentato inutilmen ­te di insegnargli l’alfabeto. Giuseppe, il patrigno, per avergli tirato le orecchie do ­po tante malefatte, si era sen ­tito rispondere così: « Tu ac ­contentati di guardarmi, ma non toccarmi. Non sai che non sono tuo figlio? ».

Quel ragazzo aveva quattro fratelli, Jakob, Joseph, Jouda e Simeon, e due sorelle, Melcha e Escha, ed era destina ­to a una clamorosa carriera di prodigi e di notorietà: cui si preparava con piccoli mi ­racoli, facendo volare passeri d’argilla, fabbricando vespe e api da aizzare contro i com ­pagni; scendendo dai preci ­pizi appeso a un raggio di sole. Un giorno avrebbe do ­minato mostri alti millesei ­cento cubiti, come il diavolo Beliar; avrebbe rivelato la propria natura di « eone » (essenza spirituale) buono, li ­berando l’umanità dalla car ­ne, che è peccato, e avvian ­dola a un mondo perfetto tutto maschile: « poiché ogni femmina che diventerà ma ­schio entrerà nel regno dei Cieli ».

Il Gesù dei Vangeli apo ­crifi potrebbe essere descrit ­to così e con tante altre pa ­role, ingenue e misteriose, grossolane e sottili, favolose e profetiche. Che cosa sono questi Vangeli apocrifi, pro ­posti al lettore moderno da Marcello Craveri in una bel ­la edizione di Einaudi (pagi ­ne 603, L. 7000) preceduta da un saggio di Geno Pampaloni? Sono antichi racconti del ­la vita del Cristo, che la Chiesa non ha accolto come autentici accanto alla narra ­zione di Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Uguali i perso ­naggi, l’epoca, l’ambiente, l’a ­zione drammatica: ma non di qui, non da questa tradi ­zione, non da questi segni vengono il Cristianesimo uffi ­ciale e la sua storia. Manca l’ispirazione, dice il teologo. Manca l’attendibilità, aggiun ­ge una parte degli storici. L’uomo di Chiesa segnala il contrasto con tutta la com ­plessa architettura della dot ­trina cristiana e dei suoi dogmi. L’inquisitore rintrac ­cia, versetto per versetto, nei deliramenta apocryphorum, i semi dell’eresia.

Al lettore moderno queste pagine quasi ignote della più nota vicenda dei tempi paio ­no una fuga di specchi in ­torno alla nostra memoria: ogni specchio, lo Pseudo-Tom ­maso, lo Pseudo-Matteo, il Vangelo di Nicodemo, il Van ­gelo dì Filippo, il Vangelo della Verità, la Storia di Giu ­seppe, rifrange, distorce, re ­stituisce, approfondisce, sfu ­ma, fissa, ingrandisce, illan ­guidisce, favoleggia, svela, ba ­nalizza, sublima, astrae, smi ­nuzza parole giorni e pen ­sieri che in altro modo, con altre proporzioni e con altri colori, la nostra memoria già custodiva.

Fra i Vangeli canonici e la fuga degli specchi c’è la Chiesa con la sua storia: se ne può fare a meno, quan ­do si deve scegliere fra rac ­conto e racconto, fra parabo ­la e parabola, fra versetto e versetto? Ciascuno risponde secondo il proprio profondo interesse, secondo il proprio modo di giudicarsi cristiano e di credere a un versetto pre ­potente sui mille e mille ver ­setti: « Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa… Io ti darò le chiavi del Regno dei Cieli e tutto ciò che tu avrai sciol ­to in Terra sarà sciolto in Cielo ». (Matt. XVI, 17-19). Se questo versetto è « vero », sono veri i Vangeli degli ere ­di di Pietro, sono falsi gli altri.

La « verità » è quindi una scelta, non una conquista fi ­lologica. La grande disputa che ha dilaniato le diverse scuole interpretative e scate ­nato ì furori di ecclesiastici puntigliosi e di positivisti fa ­natici si è chiusa senza vin ­citori né vinti.

Il problema, in fondo, non fu mai filologico: perché è certo che un uomo chiamato Gesù, giudeo, discepolo del predicatore Giovanni, vissuto in una terra e un tempo ma ­turi per l’annuncio, crocifisso per ordine di Ponzio Pilato romano, aveva predicato lo ­gia, cioè parole, a uomini che mandarono a memoria fatti e precetti. Soltanto dopo mol ­ti anni parole e fatti furono trascritti. E’ anche certo che ciascuna mano, a suo mo ­do, lasciò un’impronta sulla trascrizione. Quale di queste mani fu guidata da Dio, e quale dalla fantasia, quale fu illuminata dallo Spirito e quale dalle scuole mistiche e filosofiche contemporanee? Per chi è fuori dalla religio ­ne, la domanda non è una domanda, è un non-senso; per il filologo, per lo scien ­ziato, è quesito non perti ­nente. .

E allora? Che cosa dice all’uomo di cultura questo viaggio attraverso i vangeli derelitti? Ci sono squarci dol ­cissimi di letteratura, ora po ­polare ora mistica, ci sono estatici cieli minori, gremiti di ingenuità e di vita. (Ed è il primo filone dei vangeli apocrifi, quelli dell’infanzia). C’è tutta l’eleganza intellet ­tuale, la profondità esoterica dell’ispirazione greca e orien ­tale: questo secondo filone degli apocrifi testimonia la forza della Gnosi, che fu una particolarissima religione pre ­dicata in odio alla Terra, che è parvenza, fantasma, frut ­to del male, e in lode a un etereo Cristo, venuto dall’i ­deale mondo del bene; una dottrina che ha singolari af ­finità con alcune ideologie del nostro tempo.

Ma dentro questi Vangeli, c’è il cristianesimo, c’è quel ­la folgorazione che pone la storia cristiana al centro del ­la cultura dì duemila anni? C’è lo scandalo filosofico e politico che fa del cristiane ­simo non una setta né una scuola di pensiero, ma una inconfondibile religione? Si direbbe di no. Craveri, sulla base di una interpretazione delle ricerche storiche, affer ­ma che « in molti casi sorge legittimo il sospetto che l’in ­terpretazione più genuina fos ­se quella che è stata scar ­tata ».

Sarà vero: ma â— come no ­ta con felice concisione Pam- paloni â— è tornando ai ca ­nonici che « ci ritroviamo in un universo nel quale l’inten ­sità e la novità del messag ­gio non rompono l’arcana semplicità della parola uma ­na ».

Dopo duemila anni il letto ­re laico resta soprattutto col ­pito dalla essenzialità, dalla genuinità poetica, dalla tra ­sparenza delle parole scelte dalla Chiesa di fronte a quel ­le « apocrife » cadute ai mar ­gini del campo: e si potreb ­be concludere che, se anche non fossero state vere, lo so ­no divenute cammin facendo.

Comunque, in un tempo in cui l’ateismo ha ucciso anche le eresie, le dispute sono cap ­ziose. Morti i miracoli, ogni voce che racconta il miracolo, anche la voce più ingenua e rozza, diventa miracolosa, e cara a tutti gli uomini di reli ­gione.


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Bart