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STORIA: I MAESTRI: I dittatori non ridono mai o ridono troppo

21 Gennaio 2015

di Furio Sampoli
[da “La Fiera Letteraria”, numero 25, giovedì 22 giugno 1967]

Il giornalismo angloamerica ­no ha una grande tradizio ­ne di libertà, e questo eser ­cizio della libertà muove dal fatto che nelle democrazie la opinione pubblica ha sempre determinato e determina, in larga misura, politica orienta ­mento sociale ed economia. John Gunter è uno di quei giornalisti americani che han ­no fatto opinione. Viaggiatore instancabile ha avuto la pos ­sibilità, come corrispondente politico, di confrontare la si ­tuazione e le idee del proprio Paese con quelle dei Paesi de ­gli altri continenti e di trarre conferme per la democrazia. Durante l’ultima guerra, al se ­guito delle truppe alleate, sbar ­cò in Sicilia e poi in Norman ­dia. I suoi libri sull’Europa, Asia, Africa, Russia, America Latina e sugli stessi USA han ­no avuto, in patria, una tiratu ­ra di oltre un milione di copie e questo può essere considera ­to un sismografo abbastanza esatto dell’influenza esercitata dalle sue corrispondenze sul ­l’opinione pubblica americana. Non per nulla è stato consi ­derato il più grande corrispon ­dente politico vivente.

Il libro ora pubblicato in Ita ­lia Faccia a faccia (ed. Gar ­zanti, Milano 1967, pagg. 453, lire 3800) è una serie di profi ­li dei protagonisti della storia di oggi e di ieri, che Gunter ha « incontrato » nei suoi peregrinaggi attraverso il mondo: Hitler, Mussolini, Stalin, Trotzkij, Ataturk, Churchill, Gan ­dhi, Nehru, Montgomery, Roo ­sevelt, Mac Arthur, Eisenhower, Adenauer, De Gaulle, Nasser, Kruscev, Tito, Ciang Kai-Shek, De Valera, ecc. Una galleria, come si vede, quasi completa di « personaggi fa ­mosi » degli ultimi trent’anni di storia contemporanea. Ma il singolare di questa galleria è che Gunter, ripubblicando i suoi profili, non ha modifica ­to giudizi e valutazioni perso ­nali, ma ce li ripresenta così « come li scrisse ». E poiché pochi di questi « profili » sono antecedenti allo scoppio della seconda guerra mondiale, il lo ­rd valore â— specie in relazio ­ne a dittatori come Hitler, Mussolini e Stalin o a uomini come Churchill â— non è solo documentario, ma testimonia della lucidità e della perfetta visione politica del suo autore.

I profili dei due dittatori fa ­scisti sono fra la fine del ’35 e inizio del ’36. Mussolini (feb ­braio del ’36) è colto all’apice del potere, quando molti in Italia e non pochi nelle stesse democrazie occidentali erano propensi a dargli credito o a vedere addirittura in lui una figura di notevole levatura in ­ternazionale, scattante, risolu ­to, con quella cordialità che piace ai dittatori, fatta di di ­sinvoltura e di una certa du ­rezza, Mussolini appare a Gun ­ter nel momento forse più felice. Nel giudicarlo, Gunter si era forse lasciato affascinare dall’uomo ed era propenso a guardarlo con gli occhi « degli anni trenta », la personalità po ­litica cioè « più nota è aggres ­siva d’Europa ». Ma anche nel quadro abbastanza « esuberan ­te » Gunter riesce a non di ­menticare una nota di humour, una pennellata di acuta sotti ­gliezza. Raccontando di un’in ­tervista del duce con un gior ­nalista inglese, Gunter sottoli ­nea come il giornalista fosse incoraggiato a muovere criti ­che al regime fascista dalla franca risata del suo capo. Il giorno dopo, però, il duce ri ­leggendo le bozze dell’intervi ­sta, cassò, decisamente, il ri ­ferimento alla risata. « I ditta ­tori », commenta Gunter, « non ridono mai ». Ed era proprio qui il tallone di Achille di Mussolini, che amava pavoneg ­giarsi in atteggiamenti di para ­ta e nei discorsi alle « folle oceaniche » arricciava le lab ­bra a sdegno e tonava con vo ­ce stentorea. L’idea di forza che egli intendeva inculcare bandiva ogni debolezza uma ­na o il concedersi al semplice moto dell’animo, fosse pure es ­so una risata alle critiche che venivano mosse al « graniti ­co » blocco fascista, espressio ­ne totalitaria dello Stato.

Il Gunter, tuttavia, se come abbiamo detto, lascia intatti i suoi giudizi, li fa precedere da un « cappello » che riporta la data della compilazione e in ­sieme fornisce notizie essen ­ziali sull’ambiente di quel pe ­riodo. Inoltre ha aggiunto una nota alla fine di ogni profilo « per aggiornarlo, per ritoccare una valutazione o per soffer ­marsi su una spiegazione o un ricordo personale ». Il ri ­tocco su Mussolini include one ­stamente l’ammissione di es ­sersi fatto « incantare un po ­co ». Male, del resto, aggiunge il Gunter, comune a molti esponenti del mondo politico britannico e americano, Chur ­chill compreso. La rovina di Mussolini fu comunque, per Gunter, Hitler. « Hitler lo tra ­scinò nel baratro ». Il che è vero, ma nella misura che il fascismo e la sua politica di po ­tenza portava inevitabilmente Mussolini all’isolamento in Europa e a stringere con Hi ­tler il patto di acciaio, conse ­guenza necessaria di quella stessa politica.

Più lucido, più penetrante ci sembra il ritratto del dittatore nazista. La data è signi ­ficativa: 1935. Hitler era al po ­tere da due anni. Ancora non aveva fatto alcuna mossa per svelare il suo sogno di impa ­dronirsi dell’Europa. L’occupa ­zione della Romania sarebbe avvenuta nella primavera del ­l’anno dopo, profittando della guerra d’Etiopia e reso esperto dalla debolezza delle democra ­zie occidentali nei riguardi dell’Italia. Nel ’35 Hitler appari ­va a non pochi uomini politi ­ci d’Occidente il possibile an ­tagonista di Stalin e tale pro ­spettiva durerà fin oltre Mona ­co. Gunter colpisce nel se ­gno fin dall’inizio: « Irraziona ­le, contraddittorio, complesso, Adolfo Hitler è un personaggio imprevedibile: la sua forza e la sua pericolosità stanno nel ­la sua imprevedibilità ». Pitto ­re fallito, uomo senza abitu ­dini, incapace di amicizia, Hi ­tler ha una immaginazione pu ­ramente politica. Unica reli ­gione, la Germania. Come per tutti i fanatici la fede in se stesso e la sua capacità di il ­ludersi erano enormi.

Con un simile uomo soltan ­to la. cecità delle classi diri ­genti inglesi e francesi pote ­vano sperare di addivenire a un accordo o di poterne sazia ­re la sete di conquista. Ma se Gunter individua acutamente la psicologia di Hitler, sotto- valuta a nostro parere la com ­ponente razziale. E’ vero che nel 1935 la teoria della razza poteva ancora sembrare una frangia della Weltanschauung nazista. Gunter la definisce una teoria d’accatto, derivata da Gobineau e da Huston Chamberlain, e dal punto di vi ­sta antropologico una stupidag ­gine. Eppure proprio per que ­sta inconsistenza scientifica la nuova dottrina avrebbe fatto presa su uomini « irrazionali » come Hitler. Il concetto di raz ­za veniva da lui contrapposto a quello di « classe ». Il domi ­nio idealizzato, come naturale ricompensa della supremazia della razza eletta; la guerra rappresentava quindi il neces ­sario banco di prova e lo sterminio delle altre « razze » inferiori, un giudizio inappel ­labile della storia. Questo il sottofondo ideologico’ che ani ­mava Hitler e che era alla ba ­se di ogni sua concezione e azione politica. E da questo è spiegabile la insensata resisten ­za fino a Berlino, il desiderio della distruzione della stessa Germania, resasi indegna del grande sogno razziale, e sono logicamente conseguenti i cam ­pi di sterminio e la morte di sei milioni di ebrei.

Dello stesso anno 1935 è il profilo di Stalin. Il dittatore sovietico è visto da Gunter piuttosto come il formidabile costruttore della Russia che il despota spietato. La sua cru ­deltà è già messa in conto an ­ticipatamente per necessità po ­litica. « La dittatura sovietica » scrive Gunter « differisce dalle altre in quanto ha accettato fin dall’inizio il diritto di di ­struggere le classi nemiche ». Il fine giustifica i mezzi. Sta ­lin stesso lo ammetteva con assoluta franchezza. A Lady Astor che gli chiedeva: « Per quanto tempo ancora continue ­rete ad ammazzar gente? ». Stalin rispose: « Finché sarà necessario ». Nella nota finale Gunter ribadisce la convinzio ­ne di aver toccato l’essenziale del carattere del dittatore ros ­so: la brutalità. Le epurazio ­ni del 1936-38, durante le quali cinquantacinque dei settantun membri del Comitato Centra ­le del partito dovevano essere soppressi, erano già nella lo ­gica del potere. E tuttavia ci sembra che nel giudizio su Stalin non vada disgiunta in Gunter una certa quale ammi ­razione per l’astuzia, la tena ­cia, la forza di volontà, che gli permisero di rimanere incon ­trastato dominatore fino alla morte e di portare la Russia al livello di seconda potenza mondiale. In Trotzkij, invece, Gunter ammira più l’uomo, il teorico, ma condanna il politi ­co. La Russia non poteva esse ­re che quella di Stalin. I fatti gli danno ragione. Ma la sto ­ria è interessata solo di fatti?

Churchill è forse la figura più accarezzata. Alcune osser ­vazioni sul carattere dello sta ­tista inglese sono illuminanti e precorrono certe valutazioni recentissime. Come ogni uomo politico, che abbia occupato la scena del proprio Paese e del mondo per oltre un quaranten ­nio, i giudizi sono oscillanti. A critiche si susseguono lodi e viceversa. Ultimamente in In ­ghilterra qualcuno ha cercato di ridimensionare la figura di Churchill. Non tutto andò esen ­te da errori nel suo operato. Nel ’39 Gunter aveva la stra ­na sensazione che le idee po ­litiche fondamentali di Chur ­chill fossero quelle di un bam ­bino straordinariamente dota ­to, volitivo e con una pessima istruzione. « Pare, aggiunge, che sia rimasto fermo al di ­ciannovesimo secolo, mentre il mondo è andato avanti ». Subi ­to dopo lo scoppio della guer ­ra, Gunter ebbe un colloquio con Churchill. Le parti essen ­ziali del profilo combaciavano perfettamente con la nuova immagine. Ancora una volta Gunter fu sorpreso dall’intuito politico del suo interlocutore. Non si faceva illusioni sulla durezza della guerra; sapeva che prima o poi i tedeschi, do ­po la Polonia, avrebbero inva ­so altri Paesi, Ungheria, Jugo ­slavia, Paesi Bassi e forse Sviz ­zera, ma sapeva anche che sa ­rebbero stati battuti e che l’America sarebbe stata trasci ­nata alla guerra sul continente.

Tralasciando altri profili, ci sembra opportuno terminare con quello che il Gunter trac ­cia di Nasser, l’uomo che gli avvenimenti odierni nel Medio Oriente hanno posto alla ribal ­ta dell’attenzione mondiale. Gunter lo scrisse e pubblicò nel 1955. Nasser era allora l‘homo novus, che aveva aiuta ­to Neghib a rovesciare i tre protagonisti che per trent’anni avevano lottato per il potere; gli inglesi, la corte e il Partito nazionalista. La rivoluzione era avvenuta nel luglio del ’52. Nel novembre del ’54, Nasser si liberava anche di Neghib e diveniva l’unico attore sulla scena dell’Egitto. La situazio ­ne interna era catastrofica. Il tenore di vita nei villaggi egi ­ziani era il più basso che in qualsiasi altro Paese del mon ­do civile. Il governo di Nasser prese misure che « sapevano grandemente di capitalismo statale ». Ma questo era condi ­zionato dal fatto che il capi ­talismo privato aveva smesso di funzionare con efficacia. Per Gunter, Nasser era un « puro ».

Gli aspetti dominanti del suo carattere, disinteresse e for ­za. Devoto musulmano non si preoccupava (o non si preoc ­cupa) di sé: tutto ciò che gli importava era la vita dell’Egit ­to al quale, dice Gunter, ave ­va dato una cosa che l’Egitto aveva avuto raramente: la spe ­ranza. Nell’ottobre del -56 Nas ­ser nazionalizzava il Canale di Suez con il conseguente inter ­vento anglo-francese da un la ­to e di Israele dall’altro. Ma a quanto pare l’eccessivo di ­sinteresse e la purezza dei dit ­tatori nascondono ben altre mire assai più gravi. Nel ’58 Nasser era presidente della Repubblica Araba Unita. La unione con la Siria ebbe tutta ­via breve durata. In seguito, pur attuando riforma agraria, controllo delle nascite, na ­zionalizzazione dell’industria, Nasser ha sempre più accarez ­zato sogni di potenza militare chiamando fra l’altro in Egit ­to scienziati nucleari tedeschi. L’attuale guerra con Israele è l’ultimo atto di questa manìa di potenza. Ma il giudizio di Gunter era, forse, limitato al ­l’uomo. In un mondo vecchio qual era l’Egitto, corrotto e in ­dolente, Nasser doveva parer ­gli un modello non facilmente rintracciabile. L’onestà, come si vede, ha però i suoi limiti e i suoi rovesci della medaglia. Anche Hitler, a suo modo, era un puro e un onesto.

Il libro del Gunter è, comun ­que, pieno di interesse. I let ­tori troveranno in esso e nelle figure trattate non pochi giu ­dizi esatti, intuizioni che pre ­cedono valutazioni storiche po ­steriori. Il che per un volume, che riproduce fedelmente ar ­ticoli che hanno oltre trent’an ­ni, non è poco.


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Bart