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STORIA: I MAESTRI: Il tricolore al microscopio

1 Maggio 2011

di Vittorio Frosini
[dal “Corriere della Sera”, lunedì 17 agosto 1970]

Presentando al pubblico dei lettori del Corriere, in uno dei suoi ultimi contributi, la re ­cente traduzione italiana di una opera su Napoleone e l’Italia, il compianto Fernando Manzotti rilevava con la sua con ­sueta finezza come, nei primi anni della sua carriera, l’Ita ­lia fosse al centro delle am ­bizioni di Bonaparte; a tal pun ­to, ch’egli era veramente as ­sillato dai suoi problemi, e che essa costituì « il cantiere di Napoleone », come diceva il ti ­tolo dell’articolo ricordato. Su quel cantiere, il generale còrso innalzò una nuova bandiera: giacché, secondo qualche sto ­rico, il tricolore italiano â— verde, bianco e rosso â— fa la sua apparizione nelle setti ­mane seguenti all’ingresso dei soldati francesi a Milano, e cioè nel maggio 1796. Sarebbe stata questa la bandiera, che il co ­mandante dell’Armée d’Italie assegnò alla prima truppa com ­posta di volontari milanesi, ordinando che al bleu del trico ­lore francese venisse sostituito il color verde, ch’era distintivo della divisa della guardia civi ­ca milanese. La bandiera della futura nazione italiana sareb ­be stata perciò dispiegata per la prima volta a Milano.

La nascita ufficiale del nuo ­vo tricolore è registrata tutta ­via con una diversa data e in un diverso luogo d’anagrafe. E’ noto, infatti, che i deputati del ­la Repubblica Cispadana, filia ­zione giacobina della Repubbli ­ca madre francese, riunitisi a Reggio Emilia in rappresentan ­za anche delle consorelle città di Bologna, Ferrara e Modena, decretarono il 7 gennaio 1797 la creazione di uno « stendar ­do, o bandiera cispadana di tre colori, verde, bianco e rosso »; esso si conserva ancor oggi in quella stessa città, in cui sven ­tolò come nuovo vessillo. Va notato peraltro, che nella ban ­diera della Repubblica Cispa ­dana i tre colori appaiono di ­sposti a bande orizzontali, con il rosso in alto e il verde in basso; al centro, sul bianco, sta l’emblema della repubblica, un turcasso con quattro frecce, a simboleggiare le quattro città menzionate.

Quella fu dunque l’origine ri ­conosciuta della nostra bandie ­ra, che venne solennemente ce ­lebrata nel suo centocinquante ­simo anniversario, e cioè nel 1947, in Reggio, con un discor ­so di Luigi Salvatorelli. E poi ­ché quella piccola repubblica, che aveva innalzato il tricolo ­re, venne poi assorbita nella Repubblica Italiana (di cui lo stesso Napoleone fu il fondato ­re e il presidente), la bandiera poté considerarsi a giusto titolo come simbolo nazionale, che venne ripreso e difeso nel no ­stro Risorgimento.

Si è posto il problema della ragione della scelta che venne effettuata di quei tre colori, sebbene il loro insieme fosse chiaramente esemplato sul pre ­cedente del vessillo rivoluzio ­nario francese; e si è cercato di individuarne il significato per mezzo dell’interpretazione simbolica di ciascun colore. E’ un metodo aperto a facili sug ­gestioni, ed ognuno ricorda co ­me siano state suggerite corri ­spondenze poetiche dei colori con le idee, anzi con i senti ­menti della speranza, della fede e dell’amore. E’ possibile del resto, che la scelta dei colori derivasse da qualche tradizione iniziatica, di tipo massonico: così, è stato ricordato che in un’opera, pubblicata a Venezia nel 1791, e intitolata II Cagliostrismo svelato, fra le cerimo ­nie di rito prescritte, c’è quella che sugli occhi dell’aspirante ad entrare nella società segreta venisse posta una benda di se ­ta nera, che al suo termine recava tre lembi, o «ale »: una bianca, una rossa ed una verde.

Sta di fatto, comunque, che la prima origine del tricolore non è stata ancora sicuramen ­te e definitivamente accertata, ma che permane in un’aura un po’ misteriosa, come si con ­viene a quel simbolo, così pre ­gnante di destino politico e mo ­rale. Ad accrescere, piuttosto che a dirimere queste incer ­tezze, valga anche la seguente osservazione.

Nel cinquecentesco palazzo della Magnifica Comunità Cadorina, che sorge al centro del ­la ridente ed accogliente citta ­dina di Pieve di Cadore, e che accoglie un piccolo e ordinato museo relativo alla storia del ­la zona, si conserva una ban ­diera tricolore, verde bianca e rossa a bande verticali, che porta l’emblema cadorino di un pino posto fra due torri.

Si tratta di un’insegna del Centenaro di Pieve, un orga ­nismo derivato dalla associa ­zione di comuni, della cui com ­posizione vi è già traccia ne ­gli antichi statuti della Comu ­nità; e il vessillo risale all’an ­no 1739. In questo caso, com’è ovvio, non si può pensare ad un’ascendenza massonica; e verrebbe fatto piuttosto di in ­dulgere a motivi di trasfigu ­razione poetica, il verde dei boschi, il bianco della neve, il rosso del sangue.

Pieve di Cadore, così nota agli italiani per le sue attrat ­tive turistiche e per aver da ­to i natali a Tiziano Vecellio, merita considerazione anche come luogo ricco di storia. Es ­sa fu al centro della ricorda ­ta Comunità cadorina, e si die ­de un proprio codice di leggi fin dal 1338, poi accresciuto di successive « provvisioni » e « re ­formazioni », fino a costituire un corpo di statuti, che rima ­se in vigore fino al 1797, e cioè sino alla conquista napoleoni ­ca; quando una ventata rivo ­luzionaria abbatté le vecchie consuetudini, e sulla terra d’Italia spuntò l’alba di una nuova nazionalità giuridica. E nella stessa Pieve di Cadore nacque ed operò Pier Fortu ­nato Calvi, uno dei romantici personaggi del nostro Quaran ­totto, finito sul patibolo au ­striaco nel 1855. Insomma, che un primo tricolore si trovi giu ­sto a Pieve, che fu libero co ­mune rustico, degno di carduc ­ciana celebrazione; che custo ­dì per secoli una tradizione giuridica autoctona di ordina ­ta convivenza; che conobbe l’ardore del patriottismo, quan ­do si riconobbe parte di una patria più grande, non fa che confortare quel senso un po’ leggendario di incertezza sto ­rica, che circonda le origini del tricolore.

Oggi, una descrizione del tri ­colore è entrata a far parte, come prescrizione di diritto, della Costituzione italiana, in un articolo apposito (art. 12): omaggio reso ad un segno di nobiltà storica, e insieme con ­ferma d’un impegno fondamen ­tale di continuità, che ricolle ­ga la Repubblica attuale alle prime aspirazioni di libertà, che furono espresse, in un mu ­to e colorito linguaggio, con quella bandiera.


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Bart