Storia: I MAESTRI: Mussolini e le sue metamorfosi29 Ottobre 2010 di Mario Cervi Ancora una biografia di Mussolini: e perciò, implicita mente, ancora una storia del fascismo. L’ha scritta Gaspare Giudice (Mussolini, UTET, pp. 708. L. 8.500) che però non ripercorre, e gliene dobbiamo essere grati, la strada seguita da altri storici: la sua non è una ricostruzione e rielaborazione accurata, paziente, im ponente, del materiale docu mentario, alla De Felice; e nemmeno è una svelta e bril lante volgarizzazione di ele menti noti. Giudice ha proce duto secondo una traccia cro nologica, in sostanza ha illu minato tutti gli avvenimenti fondamentali dell’avventura mussoliniana. Ma ha osserva to il suo personaggio con l’oc chio dello psicologo, o dello psicanalista, piuttosto che con quello dello storico. Le vicen de italiane, e qualche volta le vicende europee o mondiali, vengono così ricollegate alle inquietudini e ai complessi dell’uomo che aveva in pugno l’Italia. * La personalizzazione di eventi che hanno molte e complesse radici è senza dub bio discutibile: portata allo estremo, fa discendere le mag giori iatture dell’umanità â— l’ipotesi è recente â— dalle di sfunzioni gastriche o nervose o cardiache di questo o quel protagonista di un determina to periodo storico. Ma altret tanto arbitrario è il voler pre scindere dall’apporto indivi duale, e rappresentare la sto ria soltanto come uno scontro di grandi forze, un meccani smo gigantesco e irresistibile che travolge anche un Napo leone, o un Giulio Cesare, o un Roosevelt, o un Lenin. La impostazione di Giudice ha l’indubbio merito di cogliere, nell’azione e nella parole del Duce, un sottofondo poco esplorato: l’insicurezza che si nascondeva dietro l’ostenta zione di forza, l’irrazionale mascherato con l’abuso di una presunta e falsa logica. Sì potrebbe obbiettare che l’indagine di Giudice sul com portamento mussoliniano è ri proponibile per molti altri au tocrati e dittatori: tutti insi diati da un processo di dege nerazione, che già aveva avu to, poco meno di duemila an ni or sono, una esemplifica zione quasi perfetta nelle vite di alcuni Cesari (Nerone e Ti berio, tanto per citarne un paio). Verissimo. Ma la vici nanza del « caso » di Musso lini, e soprattutto la assai di versa complessità di un rap porto moderno tra il dittato re, i mezzi di propaganda, gli strumenti del potere, e la fol la, collocano gli antichi temi in una cornice inedita. La crisi del delitto Matteot ti doveva occupare, e infatti occupa, in un libro di questo tipo, un posto di grandissimo rilievo: essa diede all’oppres sore, non ancora dittatore, la frustata della paura, cui suc cedette, insieme a una sorta di ebrezza per lo scampato pe ricolo, anche l’affannoso sfor zo di eliminare ogni opposi zione. Un « trauma violento » che « segnò il probabile sboc co di una latente nevrosi ». * « Per quanto anche prima (Mussolini) fosse continua mente ridotto all’isolamento, era stato tuttavia capace di una interna reazione e s’era a più riprese riavvicinato a una società e a una storia che si evolvevano verso forme di tipo democratico, pluralistico, socialistico… adesso è la nuova epoca della vita di Mussolini. Si era operato un salto quali tativo nell’interno della sua coscienza, un salto chiaramen te regressivo con l’abolizione dell’io sociale e con la sostitu zione di questo con una proie zione di tensioni fondamenta li, anche se mascherate anco ra con varia sublimazione. Mussolini si era legato in esclusiva definitivamente con se stesso, senza molti margini di comunicazione esterna. La situazione narcisistica si sta bilizzava. Gli altri, la società italiana (la folla italiana), si evolveva verso l’identificazio ne con quella immagine ». Ed ecco il Mussolini che tut to accentra, che nella prima vera del 1929 è titolare di otto dicasteri, che identifica cioè il potere dello Stato con la sua persona, ma ancora non ha assunto dimensioni miti che. Si vanta di essere un buon funzionario, un super-funzionario che « ha firmato in sei anni duemila leggi » che « amministra il patrimo nio rurale degli italiani, libe ra sorgenti e attiva la flora dei monti, àncora la lira a una quota parsimoniosa, si muove per mettere in pace la doppia anima cattolica e lai ca degli italiani ». « Il suo vo cabolario è ancora adeguato a ciascun avvenimento, effica ce ma non profetico. Mussoli ni non è ancora costretto a impegnarsi titanicamente nel vuoto ». Lo sarà presto. La metamor fosi è rapida. Lascia le sedi ministeriali di eredità libera le, occupa palazzo Venezia per il lavoro, villa Torlonia come sontuosa dimora priva ta. Il suo ufficio è immenso. La luce vi rimane accesa an che quando l’insonne se n’è andato. « Il linguaggio dei se gni mussoliniani â— osserva Giudice â— era una rielabora zione di reperti dei vari stra ti linguistici archeologici. Ave va tentato una mimesi napo leonica, e aveva parlato in fatti del 1926 come di un ‘an no napoleonico’: ma nel 1932 Napoleone era per lui già for se un modello meno utile, egli attingeva ormai con costanza alla fabbrica romana… Tra templi, fori, obelischi e archi di trionfo romani trovava un suggerimento immediato. Una mattina del 1934 uscì da Villa Torlonia trasformato in un pertinente animale totemico di estrazione archeologica: una perfetta antica testa ro mana dal cranio raso, dal col lo potente ». Questo preteso erede di una civiltà che ebbe la sua mag gior gloria nel diritto, e la sua caratteristica più ammi revole nel culto della raziona lità, era invece un edificatore della parola. La parola che diventa fatto: un procedimen to non nuovo, anzi praticato da molti popoli (si pensi agli arabi, e ai loro atteggiamenti di fronte alla cruda realtà) ma da lui portato al parossi smo. Vaneggiava di una splen dida razza italiana, di una nazione guerriera che anelava solo alla prova del sangue. Si avventurava in profezie ormai malinconiche, più che assur de: « Nel 1950 l’Europa avrà le rughe, sarà decrepita. L’uni co paese di giovani sarà l’Ita lia ». « Se si vorrà imparare come si sostituiscono in po chi minuti i ponti ferroviari bisognerà venire in Italia ». Mussolini « aveva costruito un nuovo reale modo di essere politico e questo non esisteva al di fuori delle false verità, o delle verità fittiziamente co struite. E’ difficile trovare una frase specificamente mussoli niana che possa resistere a una rigorosa analisi linguisti ca o che sappia sopportare una buona verifica empirica ». Infatti, quando alla verifi ca empirica si arrivò, e fu la guerra mondiale, il mondo delle parole mussoliniane crol lò, crollò l’idolo. E solo nelle ore ultime e buie, alla vigilia di piazzale Loreto, la masche ra sparirà per rivelare di nuo vo il volto: Mussolini recupe rerà una sua sepolta, elemen tare umanità.
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