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STORIA: I MAESTRI: Napoleone mitologico

24 Agosto 2017

di Paolo Vita-Finzi
[dal “Corriere della Sera”, martedì 8 luglio 1969]

In occasione del bicentenario napoleonico si moltiplicano i li ­bri sul Corse aux cheveux plats: ristampe, edizioni di lusso, me ­morie inedite, epistolari, nuove interpretazioni. Anch’io cerco un volume sull’Imperatore. An ­zi, nemmeno un volume; un semplice opuscolo. Se l’opera è breve, il titolo è piuttosto lun ­go, come quelli di certe commediole americane oggi di mo ­da: Comme quoi Napoléon n’a jamais existé, grand erratum, source d’un nombre infini d’er ­rata dans l’histoire du XIX ° siècle.

Non pretendo la prima edi ­zione, anonima, che è del 1827, Mi basterebbe la quinta, pub ­blicata dopo la morte dell’au ­tore, e che ne reca il nome: era J. B. Pérès, bibliotecario della città di Agen. Alla peggio, po ­trei dichiararmi soddisfatto se rintracciassi la ristampa del 1909, curata e annotata da Gu ­stave Davois. Ma invano sfo ­glio cataloghi di librai antiqua ­ri; per ora debbo accontentar ­mi delle scarse notizie che sul libretto ci ha dato Vilfredo Pa ­reto nel suo Trattato di socio ­logia generale.

Napoleone non è mai esisti ­to: si tratta di un mito solare. Gli storici pretendono che sua madre si chiamasse Letizia; ma sotto il nome di Laetitia si è voluto designare l’aurora, la cui luce nascente allieta tutta la natura. Va anche notato che secondo la mitologia greca la sposa di Zeus e madre d’Apol ­lo, simbolo della luce e del ca ­lore solare, si chiamava Leto, che i romani tradussero in Latona.

Si dice che Napoleone, que ­sto moderno Febo Apòlline, avesse quattro fratelli: è una chiara personificazione delle quattro stagioni dell’anno. Na ­poleone mise fine al terrore pro ­vocato dall’idra della rivoluzio ­ne. Ma l’idra è un serpente, e poco importa la specie, trat ­tandosi d’una leggenda. Il no ­me più esatto è quello di Pi ­tone, il serpente che infestava la pianura di Delfo, e che fu ucciso per l’appunto da Apollo, onde ebbe il soprannome di Pizio.

Messi su questa strada, com ­prenderemo meglio gli episodi che la tradizione ha attribuito al leggendario eroe, e potremo arrischiare noi stessi qualche ipotesi, in attesa di rintracciare l’opuscolo del dotto Pérès. Non saranno i 24 marescialli che fa ­cevano corona all’imperatore una chiara immagine delle 24 ore? La storia della campagna di Russia non assomiglia alla leggenda che fa di Apollo un servo di Admeto, re della Tes ­saglia, ed espressione allegori ­ca, secondo il Ramorino « della sorte cui sembrava condannato il sole nella stagione invernale, la quale pareva in certo modo esiliarlo e renderlo schiavo? ». E i rai fulminei del « Cinque Maggio » non saranno i raggi del sole?

Un bel gioco dura poco; il lettore ha compreso subito che l’opuscolo del Pérès è uno scher ­zo. Ma a chi si rivolgeva la canzonatura? Il suo scopo era serio: mettere in dubbio la so ­lidità delle argomentazioni con cui all’inizio del XIX secolo si voleva vedere in ogni leggenda o favola dell’antichità un mito solare. Questa spiegazione, og ­gi abbandonata, era divenuta quasi di prammatica per gli eroi di cui l’esistenza era poco sicura o senz’altro leggendaria.

Ancora mezzo secolo dopo l’opuscolo del Pérès l’illustre fi ­lologo Max Müller spiegava a suo modo la leggenda di Procri, sposa gelosa del bel caccia ­tore Cefalo, e uccisa da lui per sbaglio mentre lo spiava. Prokris, secondo il Müller, è no ­me connesso col sanscrito prush che significa « innaffiare » e col greco prox, «rugiada »: la leg ­genda significa quindi sempli ­cemente che « il sole bacia la rugiada del mattino ». Un altro studioso, Alfred Maury, sostie ­ne che i centauri, simili ai ca ­valli gandharvas della mitologia indiana, sono la personificazio ­ne dei raggi solari, che l’imma ­ginazione ariana paragona a cavalli; ovvero « delle nuvole che sembrano cavalcare attor ­no al sole ». Ma i centauri era ­no figli d’Issione, che reo d’aver offeso Giove venne legato a una ruota in perpetuo movimento. La ruota gira, il sole gira: chiaro anche questo, la ruota è una immagine del sole. Quanto allo Jensen, gli dobbiamo l’ipotesi che la narrazione evangelica della Passione sia un mito solare d’origine babilonese.

Come si vede, i criteri d’interpretazione di questi dotti sono molto elastici: che cosa si può dimostrare con le etimologie sanscrite, o paragonando indifferentemente a cavalli tanto le nuvole quanto i raggi?

Ciò non toglie che i miti solari abbiano una grande importanza nella storia delle religioni: ma la loro esistenza va riconosciuta per mezzo di prove storiche d’una certa solidità, e non rintracciando arbitrarie somiglianze fra le circostanze d’un racconto leggendario e le caratteristiche del sole in moto. Come osserva il Pareto, nei miti a un nocciolo primitivo s’intrecciano ricordi di fatti reali, immaginazioni fantastiche, altri miti successivi, teorie varie, metafore e allegorie; un insieme a volte inestricabile. A voler semplificare troppo, si giustifica la satira che identifica Napoleone col Sole. Del resto, lui sfolgorante in solio: quale immagine più solare di questa?


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