STORIA: I MAESTRI: Gli anni amari del Mazzarino22 Agosto 2017 di Leonardo Vergani « Era scuro. Il grande salone era vuoto. Lo sentii avvicinarsi dal rumore che facevano le pantofole, strascicate come se qualcuno ce la facesse appena a tenersi in piedi. Mi nascosi dietro un paravento. Il cardi nale, solo in mezzo alla stanza, guardò con tristezza ogni qua dro, ogni statua. Poi mormorò a se medesimo, con un filo di voce: ‘Tutto questo dobbiamo abbandonarlo…’ ». Il vecchio malato ciabatta via, faticosa mente. E’ l’ultima volta che Giulio Mazzarino ammira i suoi capolavori, i suoi Raffaello, Ti ziano, Tintoretto, cosi come ce la racconta nelle proprie « Me morie » il capitano Loménie de Brienne che gli visse vicino. Pochi giorni dopo Mazzarino muore. Ha raccomandato al Re Sole un uomo, un lanaiolo che ha servito come amministratore, con una di quelle fra si storiche da libro di testo: « Maestà vi devo tutto, ma pago il mio debito dandovi Colbert ». E Colbert, colui che die de alla Francia l’intelaiatura amministrativa ed economica, si sdebita rivelando a Luigi dov’è occultato il tesoro del suo benefattore. I tempi erano durissimi e Giulio Mazzarino, che non nu triva alcuna illusione sugli uo mini, sarebbe stato assai poco sorpreso del tradimento. Di in fedeltà ne aveva conosciute troppe governando la Francia contro l’odio dei nobili, le re sistenze dei borghesi, le fellonìe della corte, le insidie della ma gistratura e la ribellione delle plebi, per meravigliarsene. Era stato odiato con un furore vi scerale. All’epoca della Fronda il Parlamento aveva promesso cinquantamila scudi a chi lo assassinasse. In qualcuna delle numerose « mazarinades » si of frivano centomila scudi a chi gli tagliasse la testa e la por tasse in giro per Parigi, settan tamila ai camerieri che lo sof focassero tra le coltri, ventimila ai farmacisti che lo avvelenas sero e seimila a chi lo colpisse in chiesa. Che egli stesso non fosse uno stinco di santo è fin troppo noto. Ma il veleno di quella stagione storica richie deva questo ed altro. « Io dissi mulo â— diceva â— e raggiro, smusso, accomodo tutto quando mi è possibile ». E per smussa re, egli non aveva scrupoli. Uo mo di Chiesa, primo ministro di un paese monarchico e cat tolico, riuscì persino ad allear si con l’Inghilterra regicida di Cromwell pur di mettere in gi nocchio la Spagna e il Condé che non voleva arrendersi, passando tranquillamente sopra allo scandalo. Ancor oggi in Francia il per sonaggio Mazzarino viene tal volta maneggiato con le pinze. Non gli si perdona d’essersi ri velato, in sostanza, più abile di Richelieu e d’esser stato, lui italiano, un fedele, inflessibile servitore della patria d’adozio ne. Il suo insegnamento fu de riso da Voltaire. Ma Mazzarino, straniero come Buonaparte â— la storia ha di simili trovate â— tese sempre a raggiungere la unità politica e territoriale del la Francia contro tutti i ten tativi di frantumazione e di scissione. Nemico della guerra, come lo fu il principe di Metternich che tanto gli somiglia, ridusse la Germania ad una federazione imbelle, strappò al la Spagna l’egemonia sull’Euro pa occidentale e, con la pace di Oliva, assicurò il predomi nio francese sull’Europa del nord. Fu egli l’espressione di quella politica dell’equilibrio che affida all’abilità e alla pa zienza la soluzione di tutti i problemi, maestro nell’arte delle relazioni umane, uomo scevro di miti, primo tra tutti, quello del nazionalismo. A nove anni dal terzo cente nario della morte, è uscito su Giulio Mazzarino, un libro il luminante che viene ad aggiun gersi alla vastissima bibliogra fia dell’« italiano ». Si tratta della nuova fatica di Georges Dethan (Mazarin et ses amis, Paris, Berger-Levrault, pp. 368) che cerca di decifrare, sulla scorta di una serie di lettere inedite, la personalità « fami liare » del cardinale. A frugar nelle lettere del primo ministro francese â— occorre ricordarlo â— c’è da perdere la testa. La raccolta di Adolphe Chéruel, pubblicata alla fine del secolo scorso, riempie ottomila pagine di nove volumi in quarto. Tut tavia l’immane lavoro di Chéruel è incompleto, poiché lo studioso dovette eliminare sen za pietà la corrispondenza in italiano, duecento lettere su tre mila, iniziando tra l’altro dalla morte di Richelieu, quando Mazzarino aveva già trascorso due terzi della propria vita. Georges Dethan ha frugato negli archivi vaticani, nelle car te del cardinale conservate al Quai d’Orsay, in quelle della Bibliothèque National e della « Mazarine » di Parigi, nelle bi blioteche private. Un compito da consumarcisi gli occhi. Maz zarino, che negli ultimi anni arrivò persino a dedicar quat tordici ore giornaliere alle pro prie missive, aveva una grafia illeggibile. In più, dopo tanto vergare la mano doveva tre margli. Buona parte del mate riale in italiano è perciò ine dito. Dalle lettere agli amici, ai potenti â— Barberini, Colonna, Sacchetti, Servien, Chaviny â— il personaggio esce con una vi vacità e una vivezza sorpren denti. Odiato e respinto â— tra l’altro gli si rimproverava, giu stamente, d’aver protetto e riempito d’oro un nugolo di pa renti e, forse ingiustamente, di coltivare una tresca con la Re gina, madre del futuro Re Sole â— egli si sentiva isolato. Il pote re finisce per estraniare. E a questa situazione, colui che a cavallo ebbe il coraggio di but tarsi tra le milizie francesi e spagnole, a Casale, per imporre una tregua, si ribellava. Si di fendeva come meglio poteva, intingendo la penna nel calamaio e scrivendo, ricordando a chi gli era lontano la patria perduta, le piccole miserie di ogni giorno e la propria soli tudine. La decifrazione delle lettere dell’ « italiano » â— storpiava la consecutio dei verbi francesi scrisse de Retz, suo nemico così come più di un secolo dopo avrebbe fatto Napoleone â— un compito che attende ancor oggi gli storici. Georges Dethan non ce ne ha dato che un affascinante assaggio. E altrettan to affascinante potrebbe essere la decifrazione dei taccuini per sonali che Mazzarino riempiva tra una presa di tabacco e un’altra, conti, promemoria, frasi smozzicate, notes il cui studio, se non andiamo errati, non è stato mai completato, anche e soprattutto perché il cardinale, per proprio uso e consumo, annotava in dialetto siciliano, in romanesco e nel latino basso del mondo vati cano. Il ritratto intimo di Maz zarino è, in sostanza, ancora da comporre. L’infedele Col bert, nell’epoca della gloria, gli rimproverava di spender trop po in candele e in gelati. Col bert sapeva il fatto suo. Si pre parava, lesinando gli spiccioli al principale â— che se ne la mentava â— a presentare al Re Sole un malloppo di tutto ri guardo. Letto 1226 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||