STORIA: I MAESTRI: Porta Portese5 Giugno 2011 di Paolo Bugialli Roma, ottobre. Si trovava soprattutto, a Por ta Portese, una cert’aria di Ro ma. Era, prima che un mer cato, un piacevole pretesto per tirar tardi il sabato sera. L’ora di punta era la notte fonda, quando arrivavano le belle si gnore, le attrici che uscivano dai locali notturni, solitamente accompagnate da pseudo inten ditori che, per l’escursione fra l’anticaglia, si equipaggiavano di lampadine portatili, allo sco po di supplire alla fioca illu minazione stradale. Ognuno giungeva animato dal sacro fuoco della scoperta. Son sempre corse voci di mira bolanti ritrovamenti: quadri di autore nascosti sotto una crosta, importanti mobili che si rivela vano, appena scrostate brut te vernici, antiche ceramiche sepolte da manti di fango. Voci sicuramente false. Chi ha com prato una crosta è sempre ri masto con la crosta, il brutto mobile è sempre rimasto brutto. Molti, comunque, sapendosi ac contentare, a Porta Portese hanno arredato l’intera casa con poche lire. Le contrattazioni fra aspiran ti acquirenti e venditori rappresentavano il culmine del di vertimento. L’usanza della di scussione del prezzo attingeva vertici di autentico agonismo, come si conviene a un rinoma to paese di furbi. Molti torna vano a casa, con le automobili ingombre di paccottiglia, con vinti d’aver battuto in furbizia i venditori. Questi, ad ogni af fare concluso, erano costretti a simulare costernazione, per da re ad intendere che la vendita a quel prezzo rappresentava per loro una rovina. In effetti, la convenienza stava sempre dal la loro parte: non per niente erano quasi tutti napoletani. Il mercatino sorgeva quasi in fondo al viale di Trastevere, do ve il gregge di casoni s’inter rompeva per dar luogo a un va sto, incomprensibile spiazzo. Poi la città ha rimediato a questa sua « distrazione », e ha riem pito di cemento l’isola che al sabato notte si riempiva d’an ticaglia. Ora la zona è gremi ta di case, severe come caserme. Chi abita in quelle case, alla notte vuole dormire, ed è com prensibile. Il mercatino nottur no, perciò, è stato chiuso. Non è completamente morto: si svol ge la domenica mattina. Ma è un’altra cosa, ed è perciò giu sto parlarne al passato. Il cam biamento d’orario ha comporta to un cambiamento di genere: anche perché è difficile, sotto il sole, spacciare per costruito nel ‘600 un tavolo fratino ancora fresco di colla. Adesso, le baracchette di Por ta Portese offrono soprattutto, al posto dei divertenti aggeg gi d’un tempo, vestiti di maglia di seconda scelta, scarpe da po che lire, probabilmente costrui te a base di cartone, cappotti di finta pelle, asciugamani di similspugna, fiori finti e pesci rossi. L’esposizione è da fiera paesana: un mercato settima nale di paese, nel cuore di Roma. La cosa più eccentrica che si osserva, volendo proprio trovar ne una, è una bancarella che offre vestiti usati, da uomo e da donna. La merce, in sé, non ha niente d’attraente, è anzi d’una malinconia inaudita: è eccentrico il pubblico che soli tamente l’acquista, capelloni e loro compagne, che hanno mo do di rinnovare il guardaroba con pochi soldi, e che non esi tano ad affrontare prove e mi surazioni en plein air. E’ la luce del sole, principal mente, che ha fatto perdere al mercatino romano il carattere che aveva. Le superstiti, scro state torcere da chiesa, non più protette dal buio, perdono ogni fascino. Le bronzee teste del duce, nel trionfo del mezzogior no, attingono ai vertici dello squallore. I cani cuccioli si ri velano affetti da tigna. Quanto agli oggetti romani di scavo, dimostrano troppo chiaramente la fabbrica dalla quale sono ap pena usciti. Ciò avvantaggia la correttezza commerciale, si di rà. Certo. Ma uccide la fantasia. Col giorno, si è anche dissol ta la fauna che aggiungeva co lore al mercatino notturno. So no scomparsi i « compari » del gioco delle « tre carte », che si aggiravano furtivi in cerca di clienti da spellare, e che s’era no ormai pateticamente ridotti a fingere di giocare fra di loro, essendosi esaurita la scorta di « polli ». Sono scomparse le in sonni « falene ». Scarseggiano perfino, ed è il massimo segno di decadenza, i « pataccari », con le tasche piene d’orologi « d’oro » che a Roma incontri ovunque: hanno capito che or mai Porta Portese non è più per gli «snob » tonti, bensì per le massaie, provviste di solido buon senso. Insomma, un’altra delle tra dizioni romane uccise dal pro gresso. E addormentata dalla pastasciutta. Infatti vi si nota, oltretutto, una cert’aria di frettolosità. La gente che, alla not te, indugiava a lungo, trasci nandosi da un’esposizione al l’altra, soppesando questo e quello, ora, la domenica matti na, va di passo svelto, butta un occhio e via. Perché mez zogiorno fa presto ad arriva re, e le fettuccine sono in pen tola. Letto 1438 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||