STORIA: I MAESTRI: Qui morì Attilio Regolo13 Agosto 2014 di Sabatino Moscati Tunisi, febbraio Siamo venuti a scoprire i resti del la civiltà romana su queste sponde dell’Africa, che si frammentano e si dissolvono in migliaia di anfrattuosità rocciose, che la luce calda del sole fa balenare di misteriose immagini: il gigante, il cammello, il mostro ma rino… Ma dietro la roccia brulla c’è la folta macchia mediterranea, e al giallo vivido della pietra subentra il verde cupo del lentischio, del pruno, del ginepro, appena velati da uno strato sottile di polvere e di salsedi ne. Là, nell’intrico indissolubile dei cespugli, biancheggiano a tratti i ru deri dell’età antica, segni di una vita intensa alla quale sono subentrati la solitudine e l’abbandono. Perché e come abbiamo scelto que ste sponde per le nostre ricerche? Da anni andavamo scoprendo, in Sarde gna in Sicilia a Malta, le tracce di una civiltà mediterranea che vide il fe condo incontro tra genti italiche e africane. Era naturale, quindi, che ci spostassimo dall’altra parte del Me diterraneo, e precisamente sul lungo sperone del Capo Bon che, dell’Africa, è il punto più avanzato verso la nostra penisola. Ma altro è progetta re in teoria un’impresa, altro è realiz zarla: perciò dobbiamo render grazie al Consiglio Nazionale delle Ricerche, al ministero degli Affari Esteri e al l’Istituto Nazionale tunisino di Scien ze e Arti, senza l’aiuto dei quali il nostro progetto sarebbe rimasto a lun go nel regno della fantasia. Ritrovati antichi insediamenti Invece si è realizzato, e rapidamen te. In pochi mesi abbiamo definito le strutture della Missione, che abbia mo voluto fosse un’impresa congiun ta della Tunisia e dell’Italia, e in po chi giorni ci siamo posti all’opera, se guendo un criterio di esplorazioni si stematiche, integrate all’occorrenza da saggi di scavo ma sempre dinami che, sempre in movimento lungo la costa del Capo Bon, perché il nostro scopo è quello di individuare gli an tichi luoghi e le antiche ricchezze del la regione, non di fermarci su un luogo e su una ricchezza soltanto. Ci rendiamo conto che, rispetto ai meto di tradizionali della ricerca in queste terre, il nostro è un metodo nuovo: tutto sommato, non è forse meglio? Ma veniamo alle scoperte. E dicia mo subito che esse superano ogni pur rosea speranza: lungo le coste del Ca po Bon l’esplorazione rivela una serie di antichi insediamenti, dei quali nep pure si supponeva l’esistenza. Sono città, fortezze, santuari, scaglionati a breve distanza tra loro e dunque tali da indicare, nel loro insieme, un’inten sa vita. Prima i Cartaginesi e poi i Romani, evidentemente, intesero la enorme importanza strategica della regione e vi s’installarono per la di fesa e per l’offesa; sicché dove oggi sono la roccia e la macchia ieri era no le mura, le case, le tombe. Tra tanti ritrovamenti, il più signi ficativo è forse quello avvenuto a Mraissa, un nome che significa « porticciolo » e che designa una minusco la località costiera circa cento chilo metri a oriente di Tunisi. Qui siamo passati, potremmo dire, per puro de siderio di completezza: nulla infatti, né le guide né gli atlanti né gli in formatori, suggeriva la presenza di antichi resti. E invece, a un tratto, dinanzi ai nostri occhi attoniti so no apparsi, proprio a picco sulle on de, muri di cinta in grossi blocchi, pareti di edifici pubblici e di case private, pavimenti con mosaici a vi vaci colori, frammenti di colonne, va sche e pozzi. Il tutto in un groviglio indescrivibile, perché il vento e il mare hanno in parte distrutto e in parte coperto, attraverso i secoli, le co struzioni antiche. L’erosione delle on de è arrivata al punto di « mangiare » letteralmente una parte dell’abitato, sicché si vedono le porte che un tempo s’aprivano sulle stanze aprirsi ora sulle punte aguzze della scogliera. Due necropoli, a Nord e a Sud, se gnano i limiti dell’abitato; e una gran de strada lo attraversa tutto, proce dendo in linea parallela alla costa. Sull’ingresso, quasi porta solenne, un arco quadrifronte s’apre alla vista dei visitatori, ed è il primo del genere scoperto in Tunisia. Una città impor tante, dunque, la cui datazione va po sta al secondo o al terzo secolo dopo Cristo, in piena età imperiale: ma chi può dire se uno scavo approfondito non rivelerà domani strati più anti chi, insediamenti rispetto a cui quel lo oggi in vista non è che la conclu sione e il coronamento? Il lettore, a questo punto, vorrà co noscere il nome della città scoperta. E qui potremmo far sfoggio di erudi zione, citare antichi autori e proporre brillanti ipotesi; senonché, a confes sare il vero, navighiamo ancora nel buio, perché non abbiamo per il mo mento iscrizioni o altri elementi ade guati che ci consentano un giudizio certo. Così vai meglio fermarci e pas sare ad altre scoperte, ché ve ne sono in gran numero e meritano di essere segnalate. Emerge, tra esse, un cospi cuo gruppo di fortezze, come è logi co in considerazione dell’importanza militare che i Cartaginesi e i Romani attribuirono a queste sponde; il fatto essenziale, a riflettervi, è che venia mo in tal modo ad apprendere per la prima volta i sistemi difensivi adot tati da Cartagine. La città infatti, co me è noto, fu distrutta dai Romani, che ad eterna maledizione la cosparse ro di sale; se dunque vogliamo cono scerne le attrezzature e le strutture di guerra, non ci resta che volgerci ai ritrovamenti ora in corso. Almeno tre sono le fortezze sco perte. La prima, posta sul Ras Fortas poco a oriente di Mraissa, si pre senta come una roccaforte sul mare protetta da una serie di linee difen sive con mura e torri, tali da spaven tare i nemici provenienti dall’entro- terra, mentre l’altezza impervia del promontorio bastava da sé a tener lontani quelli provenienti dal Mediterraneo. L’esame dei muri e della ceramica indica che la fortezza fu car taginese, prima, romana poi. Ma v’è dell’altro, e di assai significativo: re sti arabi e perfino trincee dell’ultima guerra confermano il valore inalte rabile della posizione strategica e in dicano che l’antica roccaforte ha man tenuto nei secoli la sua funzione ca ratteristica. La seconda fortezza è stata indivi duata sul Ras ed-Drek, proprio alla estremità del Capo Bon. Anche qui v’è una possente roccaforte sulla vet ta; e anche qui vi sono linee difen sive scaglionate in profondità, che abilmente utilizzano le pareti roccio se digradanti all’intorno. Il Ras ed-Drek, tuttavia, ci ha riservato una sorpresa particolare: oltre lo sperone del promontorio, in basso, un lungo scoglio si protende nel mare; e sullo scoglio si delinea la sagoma di un edificio, che risulta essere un tem pio annesso al luogo fortificato. Così la vita religiosa affiora accanto a quel la guerriera, e l’una e l’altra si fon dono nell’unità indissolubile della te stimonianza archeologica. Incontro tra storia e archeologia Infine, la terza fortezza scoperta si trova dalla parte occidentale del Ca po Bon, presso l’attuale cittadina di Kelibia. Ma qui, per vero, non abbia mo scoperto tanto il luogo quanto la sua antichità. Su un alto colle, infat ti, sorgono possenti strutture difen sive di epoca ispano-moresca, che le guide fanno rimontare nelle origini al massimo al sesto secolo dopo Cri sto: noi però abbiamo individuato, al la base di queste strutture più anti che, blocchi di pietra, resti di bastio ni e camminamenti che furono già ro mani e probabilmente cartaginesi. Un ricordo, a questo punto, balza improv viso: non è forse Kelibia l’antica Clupea, e non è dunque questo il luogo in cui secondo l’attestazione unanime delle fonti compì le sue sfortunate ge sta il console romano Attilio Regolo? Così, archeologia e storia si vengo no incontro, e tra loro s’integrano il luminando di nuova luce la conoscen za dell’antichità. Il che, del resto, non vale solo per le maggiori scoperte; vale anche per le minori, per gli innumerevoli villaggi e fattorie e com plessi idrici che stiamo incontrando sul nostro cammino. Occorre dire, an zi, che ci troviamo sempre più di fronte a una testimonianza singolare e suggestiva, quella del pacifico so vrapporsi delle civiltà in genere e di quelle cartaginese e romana in specie. Lasciamo dunque ai cronisti super ficiali la ricostruzione di un passato in cui tutto sia scontro e contesa; e guardiamo con più meditata e appro fondita saggezza a un lungo fluire di secoli nei quali l’umiltà della quo tidiana esistenza non raggiunse spes so i fastigi della gloria, eppure costi tuì il tessuto connettivo essenziale nell’eterno volgere delle umane vi cende. Letto 1301 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. 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