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STORIA: I MAESTRI: Un modo di vedere il Risorgimento

11 Giugno 2008

di Franco Valsecchi
[dal “Corriere della Sera”, mercoledì 26 giugno 1968]  

Ancora, a poca distanza dal ­la riedizione di Storici e Mae ­stri, un volume di Gioacchino Volpe; anzi, due volumi di Pa ­gine risorgimentali (ed. Volpe, Roma). Pagine nuove ed anti ­che, scritte in un arco di tem ­po che abbraccia più di mezzo secolo, dal primo decennio del Novecento a questi nostri anni sessanta.
Meno impegnative, le nuove: rapide sintesi giornalistiche, co ­me la serie d’articoli su «L’Italia e la sua unità », che rive ­lano, nel «taglio », in qualche sicuro, acuto, penetrante scor ­cio, la tempra dello storico di razza. Le più vive di queste pa ­gine nuove, bisogna, direi, cer ­carle nei saggi su l’estrema si ­nistra risorgimentale: Pisacane, l’uomo Pisacane e la sua dot ­trina sociale: confusa, approssimativa dottrina, ma, a suo modo, interprete di un’esigen ­za, di un anelito, che già era ­no, in quel tempo, nell’aria.
Interpretazioni, comunque, prospettive: non ricerche siste ­maticamente condotte, proble ­mi sistematicamente indagati: spunti suggestivi, poco più che abbozzati: articoli, per lo più, di quotidiani.
Diverso, invece, il carattere delle pagine più antiche, quelle – per segnare un periodo – che precedono la seconda guer ­ra mondiale: il periodo del Vol ­pe più maturo, nel meriggio del ­la sua attività di storico.
Qui, ricerche e problemi. Pro ­blemi soprattutto, e problemi di fondo a cominciare da quello, allora all’ordine del giorno, de ­gli studi risorgimentali: le ori ­gini del Risorgimento. All’or ­dine del giorno, per il signifi ­cato, per il contenuto che gli si attribuiva. Nella ricerca delle origini, era l’originalità del Ri ­sorgimento, che si voleva riven ­dicare, la sua originarietà, la sua «autoctonia », come si di ­ceva: l’emancipazione da ogni influenza straniera. Alla tesi «straniera » della rivoluzione francese come matrice del Ri ­sorgimento, si contrappone la tesi «nazionale » di un rinnovamento che sgorga, nel corso del Settecento, dalla stessa sto ­ria italiana.
Una tesi che poteva facil ­mente scivolare nella falsa lo ­gica di una dimostrazione a priori, o nella banale retorica del patriottismo di maniera. Volpe si tien lontano dall’una e dall’altra. Considera concre ­tamente il problema, al di fuo ­ri di ogni astrazione. Nel Set ­tecento – dice – prima, ben prima della rivoluzione france ­se, l’Italia comincia a risorgere. Sin dall’alba del secolo, la poli ­tica italiana si rimette in movi ­mento, l’assetto italiano esce dall’immobilità, muta, si evolve: si affermano in primo piano sul ­la scena politica italiana – chiaro presagio dell’avvenire – i Savoia. Sin dall’alba del secolo, i segni di una nuova cul ­tura: «l’evanescente Italia dei letterati acquista un contenuto », esce dalla letteratura per entrare nella vita; si pone i problemi della vita, politici, giu ­ridici, sociali, economici; acqui ­sta nuova coscienza di sé: di già, una coscienza nazionale. Sorge, si afferma, coi «lumi del secolo », una nuova concezione dello Stato e della società: si manifesta in uno spietato attac ­co contro le vecchie strutture: un «rifiuto globale », si direbbe oggi, del vecchio sistema. E in ­fine, le riforme: una trasforma ­zione, se non una demolizione, delle strutture; un rinnovamen ­to, se non un rovesciamento, del sistema. Non è la rivoluzione, non è ancora la rivolu ­zione; qualcosa che precorre la rivoluzione, e la svuota di con ­tenuto. La rivoluzione… Riprende, Volpe, l’argomento in un saggio posteriore, dedicato, ap ­punto, al «primo incontro con la rivoluzione », al primo incon ­tro dell’Italia con la rivoluzione di Francia. Una scossa – dice – una spinta, un impulso, «eser ­citato non tanto nel campo ideo ­logico, quanto dell’azione positi ­va ». Ma pur sempre, «sotto l’ondata francese, limo ita ­liano ».
Posizioni, certo, ed in certa misura, figlie dell’epoca, di una epoca portata ad accentuare, ad esasperare la polemica nazionale. Ma che Volpe traspor ­ta su di un piano che è quello dell’indagine, non della pole ­mica. Indagine che la storio ­grafia più recente ha prosegui ­to in altra direzione, e con al ­tro spirito, partendo da un al ­tro, e più aperto angolo visua ­le. La politica italiana si ri ­mette, nel Settecento, in movi ­mento: ma nel quadro e in funzione della politica europea. Come nel quadro e in funzione della politica europea avviene la ripresa sabauda, subito pa ­ralizzata quando la scena europea muta, nella seconda metà del secolo, e non le fornisce più la possibilità di gioco. La vita italiana si rinnova: ma questo rinnovamento non si concepi ­sce senza il rinnovamento d’Europa, senza la grande on ­data di rinnovamento spiritua ­le che, coi lumi del secolo, per ­vade, da Parigi, l’Europa. Le riforme mutano il volto della So ­cietà e dello Stato; ma è l’ini ­ziativa dei principi stranieri, dei figli delle grandi dinastie straniere trapiantate nella pe ­nisola, che dà modo al pensie ­ro, in Italia, di tradursi in azione.
Tutto questo rimane, nel sag ­gio sulle origini, nell’ombra. I rapporti Italia-Europa sono affrontati in un saggio posterio ­re, più volte ripreso e amplia ­to. I rapporti fra politica italiana e politica europea dal ven ­tennio rivoluzionario e napo ­leonico all’unificazione sono af ­frontati su di un piano posi ­tivo, concreto, seguiti nelle lo ­ro vicende: la vicenda esterna, insomma, come integrazione della vicenda interna. Integrazione, non mutamento di pro ­spettiva: l’Europa vista dall’an ­golo visuale del Risorgimento, non il Risorgimento visto dall’angolo visuale dell’Europa.
Ma, per la prima volta, il problema Italia-Europa, Risor ­gimento-Europa vien posto chiaramente come tale, nella sto ­riografia risorgimentistica: pro ­blema inusitato, allora, e nei suoi termini, al di fuori del quadro della storiografia uffi ­ciale.
Testimonianza, dunque, que ­ste «pagine risorgimentali », di una fase, di un periodo della storiografia italiana. Ma anche, apertura verso nuove prospetti ­ve; punto di partenza e non sol ­tanto punto d’arrivo.
 

 


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Bart