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STORIA: I MAESTRI: La battaglia delle isole Midway

29 Giugno 2009

di Enzo Passanisi
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 9 ottobre 1969]

La prima settimana di giugno del 1942 fu combat ­tuta al largo delle isole Midway, pochi chilometri qua ­drati di terra nella distesa del Pacifico, una delle battaglie decisive, e forse meno cono ­sciute, della seconda guerra mondiale. Davide contro Go ­lia. Da un lato la strapoten ­te flotta del Sol di Levante, una possente fiumana di co ­razzate, incrociatori, portaerei ancora fresca della « trion ­fale » giornata di sei mesi prima a Pearl Harbor. Dall’al ­tro, tre portaerei, di cui una rabberciata all’ultimo momen ­to, una piccola scorta e un pugno di aviatori: tutto ciò che gli americani avevano potuto mettere insieme per contrastare la superiorità del nemico.
 

I marines

La guerra degli Stati Uniti sarebbe diventata sinonimo di abbondanza di uomini e soprattutto di materiali, va ­langhe di navi, di carri ar ­mati, di aerei che oscurava ­no il cielo. Ma nei primi me ­si dopo Pearl Harbor, gli ame ­ricani combatterono in con ­dizioni di tragica, spaventosa inferiorità, cedendo passo dietro passo agli avversari, dalle Filippine alla battaglia del mare dì Giava, da Wake alle soglie dell’Australia. Fino alle giornate di Midway.
Nessuno avrebbe creduto possibile di battere l’invinci ­bile armata dell’ammiraglio Yamamoto, tutto ciò che gli americani si ripromettevano era di infliggere danni al ne ­mico, badando di non espor ­re a troppi rischi le tre preziose portaerei. Il piccolo pre ­sidio di marines delle Midway si preparava a vendere a ca ­ro prezzo la pelle con una re ­sistenza fino all’ultimo uomo.
Dopo una vittoria, special ­mente una vittoria insperata e importante come quella di Midway, è raro che i coman ­danti non ne attribuiscano il merito alle loro decisioni, ol ­tre che al valore dei loro uo ­mini. Non è il caso dell’am ­miraglio Nimitz, comandante delle forze del Pacifico, il quale dopo la battaglia avreb ­be detto chiaro e tondo che buona parte del successo era dovuta a quella branca misco ­nosciuta dei servizi di terra che si chiama decrittazione. Perché dei progetti e delle mosse dei giapponesi, gli ame ­ricani sapevano tutto, grazie proprio alle « teste d’uovo » degli uffici di decrittazione, che erano riusciti a svelare il segreto dei codici del ne ­mico.
Così, quella che avrebbe dovuto essere una trappola mortale per la flotta ameri ­cana si rivelò una ben ama ­ra sorpresa per i nipponici. Le tre portaerei, che secon ­do l’ammiraglio Yamamoto sarebbero dovute accorrere soltanto in un secondo tem ­po, per trovarsi di fronte al ­l’intera flotta del Tenno, era ­no lì, pronte ad attenderlo, al largo di Midway. Ma an ­che con questo vantaggio, la sproporzione, per gli ameri ­cani, rimaneva paurosa. A col ­marla, avrebbe provveduto lo spirito dei piloti, quelli im ­barcati sulla Enterprise, la Hornet e la Yorktown, e quel ­li di terra, che si alzavano dal piccolo campo di Midway.
Avevano di fronte il fior fiore dell’aviazione dì marina giapponese, gli uomini del proditorio attacco di Pearl Harbor, e, nelle prime missioni, caddero a grappoli, sotto il tiro degli Zero e della con ­traerea, senza neppure scalfi ­re l’avversario. Poi, in sei mi ­nuti, cambiò tutto, con un’in ­cursione dei bombardieri in picchiata imbarcati, che sor ­presero le portaerei nemiche mentre facevano il cambio del munizionamento degli ap ­parecchi, in gran parte schie ­rati sui ponti di volo, per pa ­rare la minaccia americana. Tre grandi aeroporti galleg ­gianti ridotti a tizzoni arden ­ti, un altro distrutto più tardi. Si chiamavano Hlryu, Soryu, Akagi e Kaga, tutte e quat ­tro reduci da Pearl Harbor; gli aviatori americani aveva ­no vendicato i loro compagni.
 

Cifrario

Senza l’appoggio delle por ­taerei di Nagumo â— l’uomo di Pearl Harbor â— Yamamoto non se la sentiva di esporre la flotta agli attacchi aerei e do ­vette dare l’ordine di volgere le spalle al nemico, pensando alle scuse che avrebbe dovuto preparare per il comando su ­premo e per l’imperatore. Lui stesso avrebbe pagato con la vita l’abilità del servizio di decrittazione avversario â— la chiave della sconfitta â— quando, pochi mesi più tardi, il suo aereo fu abbattuto du ­rante un giro di ispezione, in seguito a un preciso « appun ­tamento » con i caccia a lar ­go raggio Lightning.
Midway fu per gli america ­ni ciò che sarebbe stata Sta ­lingrado per i russi: prima di Midway non avevano mai vin ­to, dopo non avrebbero mai perso. E come a Stalingrado, all’inizio le carte erano state tutte in mano all’avversario. Una vittoria incredibile, per ­ciò, come reca il titolo del li ­bro di Walter Lord (L’incredibile vittoria, ed. Garzanti, pp. 308, L. 2500) il quale l’ha ricostruita seguendo momento per momento le azioni nei due campi, lo stesso stile con il quale l’autore aveva rievo ­cato Pearl Harbor, il giorno della « vergogna ». I giappo ­nesi non si ripresero più dal ­la batosta, che li aveva pri ­vati d’un colpo non soltanto delle loro portaerei più effi ­cienti, ma anche degli inso ­stituibili piloti.


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1 commento

  1. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 29 Giugno 2009 @ 20:35

    La battaglia delle isole Midway può essere equiparata per importanza allo sbarco in Normandia. In Normandia cominciò lo sgretolamento delle forze naziste, nelle isole Midway iniziò la fine della potenza nipponica. Fine di entrambe le potenze non solo per le dure perdite subite, ma anche per la susseguente demoralizzazione.
    Capolavoro delle inferiori forze americane nella battaglia delle Midway, ma anche un momento in cui la Provvidenza parve intervenire, onde evitare una disfatta alleata che avrebbe portato conseguenze catastrofiche sull’esito della guerra e per le sorti del mondo stesso
    Gian Gabriele Benedetti

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