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STORIA: La Grande Guerra: Lettere dal Fronte

23 Agosto 2011

[da “Il Sole 24 Ore”, domenica 10 settembre 1989]

18 ottobre 1915
Mamma. Stanotte o dopo mar ­ceremo alla conquista di una importante posizione nemica. Vincere o morire! Se non avrete no ­tizie     non     allarmatevi     subito.     Chi combatte non può scrivere. Se ferito, sarà curato:   se morto sarà per una causa santa e giusta.

Non dolore, non lacrime, ma giu ­bilo, allegria. Oggi è giornata di sole: sembra dopo tanto tempo, rallegrare la vigilia del nostro sacrificio e ringraziamo la natura. Il tuo nome mamma sarà sulle mie labbra sino al ­l’ultimo atomo di vita oggi, domani e poi se sarò preservato. Vincerò chiamandoti, morirò invocandoti ed il tuo spirito aleggierà intorno a me accarezzandomi, confortandomi. Le immagini dei buoni fratelli, del non ­no, della zia saranno sempre in me. Perdonate se qualche volta vi ho ad ­dolorato, perdonate ed il vostro salu ­to il vostro ricordo mi segua ovunque. Ho dato le mie disposizioni al mio buon attendente che eseguirà. Non impressionatevi: la guerra è tut ­ta un pericolo; un’insidia, ma questo non significa che il vostro Emilio debba proprio esserne immolato, e poi… ho la pelle ben dura!

Addio tutti. Gradite il mio bacio che non e’, non può essere l’ultimo, siatene certi: la tua benedizione mamma mi segua con tutto il tuo af ­fetto, il tuo amore. Tuo Emilio.

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D’Acunzo Emilio, sottotenente, da Leno. Caduto il 19 ottobre 1915.

z.d.g. 24 dicembre 1915

Carissima molie,

ti scrivo cueste due righe dandoti mie notizie al presente mi trovo di buona salute e così spero di te e della nostra bambina. Cara mia ti fo noto al presente mi ritrovo di nuovo in prima linea pero al quanto pare lordine di fare una cualche avansata non cè al cuanto parere ve ­ro che bisogna sempre stare in guar ­dia tanto di giorno quanto di notte, ma già siè tanto abituati a non dor ­mire, che non si può imaginare ti di ­co la verità che se potessi mettermini in un letto son sicuro di sveliarmi più.

Ma fra di me tengo una cosa che non dimenticherò più giorni indietro proprio a me e sei de miei compagni mie toccato andare a fucilare una del ­la nostra compagnia devi sapere che cuesto cui cuando eravamo sul Podigara, si era lontanato dalla compagnia due volte proprio in cuei giorni che bisognava avansare poverino si vede che non aveva proprio coraggio, e per cuesto a avuto la fucilazione al petto lanno fatto sedere su di una pietra e la è bisognato spararci perforsa perché di dietro di noi cera la mitraglia ­trice e poi siè comandati non bisogna rifiutarsi ma per questo ne sono mol ­to dispiaciuto ben che ne o visti di morti ma così mi a fatto senso e letà di 34 anni pero non a molie ne ge ­nitori, altro che una sorella bisogna essere anche asasini e potrò venire a casa ti raconterò tutto tu non ti devi disturbare riguardo a cueste cose stai trancuilla e vedrai che dio mi aiuterà sempre nei brutti momenti e nella nostra lontanansa.

Non o altro da dirti di nuovo io sto bene e cosi spero di te e della nostra fanciulla Son molto contento perché mi dai buone informazioni e che mi somiglia a me. Cuanto desi ­dererei vederla e baciarla non la lascierei più ma come si fa non si può ci vuol pasiensa, ora danno le license chissà che avenga anche per me cuel giorno di potervi baciare.

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Giovanni Molinari da Lonato, solda ­to. Caduto il 9 settembre 1916.

19 ottobre 1915

Carissima Edvige

Con piacere oggi ricevetti la tua cara da me desiderata lettera, la quale mi fu assai cara lottima tua salute, all’incontrario quella della nostra cara bambina che abbia sofrir tanto per i denti. Tu mi dici che ai piacere   sapere   quello   che   passo   io qui. Già che proprio lo desideri ti vo ­glio raccontare proprio quello che mi fu sucesso ieri 18.

Ti dico altro che puoi portare pro ­prio un quadro a Santa Agapere (sic!) per grazia ricevuta che non mi cre ­devo di ritornare indietro ancora sa ­no e salvo, sotto quel fuoco che ci siamo trovati, che sparava(no) fucili e cannoni da una parte e laltra, il quale ti dico che ce rimasto morto anche un caporale che sta nella com ­pagnia di Chiari, che si chiama Li ­bretti, che mentre era stato colpito di due pallottole salutò i suoi compagni nelli ultimi estremi, ti puoi immagi ­nare il dolore che o provato a non potendo riportarlo indietro con noi, ma causa di essere immesso a corne e boschi e inseguiti di questi austriaci mi toccò lasciarlo dolorosamente dandoci un caro saluto sul campo.

Ti dico altro cara Edyige che con più si va avanti e con più si fa brut ­ta, dunque prega Iddio per il tuo po ­vero Felice che mi sembra impossi ­bile che possa aver la fortuna di ritornare e se proprio sarò sfortunato di rimaner sul campo, ricordati sem ­pre del tuo amato sposo che tanto ti pensa e tama, e perdonaci se qual ­che volta avrà mancato Più ti racco ­mando la cara povera nostra piccina se dovrà essere sfortunata di rimaner orfana dal suo caro babbo senza averlo conosciuto, ce lo farai cono ­scere sulla fotografia fatta sul campo di Libia.

Che vuoi facciamoci coraggio e preghiamo Il Signore tutti due e ri ­guardo alle mie zie lascia pure che tacciano, guarda dandar d’accordo coi miei e tuoi genitori, ti scrissi giorni fa che avevo ricevuto il vaglia e se potevi mandarmi ancora qualche cosa già che la mia mamma taveva detto che ti dava qualche cosa riguardo alla casa la roba per ora lasciala lì che se avrò la fortuna di ritornare voglio aver la casa e dilli ai miei genitori che li prego per favore a scrivermi una volta, falla pur leggere e tu se è possibile scrivi tutti i giorni che sono stato 4 giorni senza tue notizie mi sembravano 4 mesi.

Ricevi i più cari saluti e baci da chi sempre ti pensa e tama, tuo af. marito Felice… dunque di nuovo mille baci e pensa sempre al tuo caro Felice… che può proprio chiamarsi fortunato, se puoi fa limpossibile a mandarmi più che puoi che almeno potrò berre qualche bicchieri di vino tanto per non proprio pensarci tanti baci stella cara.

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Salvi     Felice     Faustino, soldato     da Chiari. Caduto il 31 maggio 1916.

Lettera     dal     fronte,     del       1 °     luglio 1916.

O cari miei genitori a vedere le lagrime che si fanno e i gridi che fanno quelli feriti è una co ­sa da piangere della paura. Io quasi non lo faccio più il conto di ritornare ancora nelle vostre braccia o davanti ai vostri bei occhi o cari miei geni ­tori e fratelli non si vediamo più…

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Caduto il giorno 3 luglio 1916.

Marso – 8 aprile 1916

Carissima mia Famiglia

Dal fondo da un Trincerone vi scrivo la mia misera vita. Io mi trovo in trincea, alla distansa del nemico a 30 metri. Stiamo qui come i carcerati, dal giorno non si può alsare un dito, la notte stiamo attenti, ai nostri buchi, per non essere presi allassalto. Tutto il giorno e la notte si sente il nemico, he ne dice, venite venite talliani in sieme con noi, quando noi parlamo lori ne shersano, e ne diccono, venite se siete ca ­paci nelle nostre trincee.

guardando fuori dai buchi delle no ­stre trincee, si vede i reticolati pieni di morti, da 5 o 6 mesi fa, e non si può andare a prenderli, si sento una teribile pussa, che non si può resistere, questi li abbiamo davanti a noi. La notte alle ore 11 ne porta da manciare, e poi più altro, fino la notte dopo, e margiano dietro i cam ­minamenti. Siamo sempre persigueta-ti dalle canonate e fucilate, la notte poi, ne buttano, nelle trincee, bombe a mano di tutte le qualità.

Caro Padre? e tutta la mia fami ­glia! Non si vediamo più, ora Iddio volle così. Io mi trovo sul rnonte Sabbattino, lavrette letto sui giornali he buona posizione, qui dicchono quelli he vi era in prima, he per ve ­nire qui, anno sacrificato 10 milla soldati, e non siamo ancora a meta del monte.
Il cucino Zubani è più di 20 gior ­ni, che non lò vedo, e non si vedremo nemmeno più ò molta paura di ve ­derlo più.
Diccono he il nostro Regg.to non va più in sieme, e così deve essere, perché credo he anche il suo Batta ­glione sia in trincea, o he sarà a Oslavia ò davanti a Gorizia.
O’ ancora i suoi soldi di consignare. E come faccio a consignarli?
O’ scritto anche ai due fratelli
Intanto altro non ho da dirci.
Di cuore vi saluto e vi bacio tutti in famiglia ciao addio.
Sono il vostro disgrasiato figlio Zanni Giovanni.
Saluti alla Teresa e anche ai zii.
E tanti saluti al Ciro é tutti quelli che dimandano di me.
Cari miei pregate Iddio per me, he sono in una brutta posisione, fiore che voi potete salvarmi.
Non so preciso, ma dalla compa ­gnia del Zubani deve essere morti 7 soldati altra notte, qualhe duni dicco ­no he cera dalla 7 ° e ialtri diccono he erano della quarta, forsi voi lo saprete più meglio di me.
Scrivetemi subito, detemi come la passate, di nuovo vi saluto
ciao addio
Giovanni.

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Zanni Giovanni, soldato, da Belprato. Caduto l’8 agosto 1916.

19 maggio 1915

Carissimi  genitori

Essendo sotto un sasso da due giorni il mio cuore mi da energia a darvi mie risposte facendo ­vi sapere la mia ottima salute così ne spero che ne sia il vostro mede ­simo pari. Genitori con il sangue tut ­to stravolto dalla paura e con la mente di continuare a dire che son i ultimi momenti di mia vita perché dove mi trovo è un inferno assolu ­tamente e vi prego voialtri di pregare per me che forse abbia a ritornare ferito di poter venire ancora in Italia ma la mia paura è quella di restarci sul altipiano. Genitori adesso vi dico di stare in allegria e di non pensare a me che se resterò bisognerà portare pascienza perché rimediarci non si può assolutamente.

Genitori io quando ero in Sanità non avrei mai creduto che al fronte era a questa maniera invece adesso ci so ai fatti non si può più scappare portiamo pascienza e coraggio e alle ­gria. Addio vostro figlio Luigi Addio Recevete tanti saluti che mi da il fra ­tello Stefano Addio coraggio. Tanti saluti alla cara mamma e sorella Ma ­ria che tutti i momenti mi venite nel ­la mia mente Addio Saluti alla fami ­glia vecina e Santo e Angelo Archetti e tutti i miei compagni. Addio spe ­riamo in bene Addio felici giorni Ad ­dio coraggio Addio Non mandatemi niente che me non so che farne pen ­so alla mia vita e non hai soldi Ad ­dio coraggio Addio felici giorni a voi Addio.

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Valenti   Firmo,     soldato,     da   Saiano. Caduto il 23 maggio 1917.


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5 Comments

  1. Commento by Carlo Capone — 24 Agosto 2011 @ 00:55

    Bart, queste sono pagine  di imperdibile  letteratura.   C’è tutto: la vita, la morte, gli affetti, la disperazione,  esposte in  una  lingua pedestre e  però espressiva. Una cosa mi  ha colpito di più: in questo orribile scenario  in cui  tutto rimanda alla morte, mai che  venga fatto il nome di Dio. E la scena dei fanti morti  nel filo spinato, le cui  spoglie dopo tanti mesi   pussano,   fa venir voglia di urlare, o quanto meno  ti scaraventa in quei fossi.   Che dire, neanche il miglior scrittore potrebbe inventarsela.  
    Un grazie a te e naturalmente a Il Sole.

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 24 Agosto 2011 @ 08:55

    Grazie, Carlo. Il mio lavoro di ricerca continua e spero di trovare altri scritti che ti piacciano.

  3. Commento by Carlo Capone — 24 Agosto 2011 @ 10:57

    Certe chicche solo qui dentro si trovano.

    Ciao

  4. Commento by Gianni67 — 6 Agosto 2013 @ 11:46

    A neanche vent’anni finire in quel modo… carne da cannone, solo carne da cannone.
    Vite spezzate per che cosa poi? Ancora adesso non lo capisco…

  5. Commento by Francesco — 22 Gennaio 2014 @ 22:10

    Cosa si può dire? Come si possono commentare queste parole? Si possono solo leggere, e partecipare oramai a cento anni di distanza alla disperazione ed alla rassegnazione di queste persone. Non dimenticare il loro sacrificio e partecipare al loro dolore in quei momenti terribili, significa dimostrare che non sono morti invano, che almeno qualcuno, nonostante il tempo trascorso, non li dimentica. Capire il perchè di tante vite spezzate è impossibile. Oramai solo una preghiera…!

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