Libri, leggende, informazioni sulla città di LuccaBenvenutoWelcome
 
Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

STORIA: LETTERATURA: I MAESTRI: Donna Franca

23 Ottobre 2018

di Leonardo Sciascia
[dal “Corriere della Sera”, domenica 7 settembre 1969]

A Venezia, nell’autunno del 1897, D’Annunzio annota ­va nel suo taccuino: « Una donna â— una signora sicilia ­na, Donna Franca â— passa sotto le procuratie: alta, snel ­la, pieghevole, ondeggiante, con quel passo che gli antichi Veneziani chiamavano ap ­punto alla levriero. Subita ­mente rivive nella mia imma ­ginazione una cortigiana del tempo glorioso: Veronica Franca. Ella è bruna, dorata, aquilina e indolente. Un’essen ­za voluttuosa, volatile e pene ­trante, emana dal suo corpo regale. Ella è svogliata e ar ­dente, con uno sguardo che promette e delude. Non la vo ­lontà ma la Natura l’ha crea ­ta dominatrice. Ella ha nelle sue mani d’oro ‘ tutto il Be ­ne e tutto il Male ‘. Ripenso a voi, o Gorgon inarrivabile, ‘ voi che tanto avrei ama ­ta ‘ ». Gorgon era il nome che aveva dato a una « nobil don ­na » fugacemente conosciuta nell’estate del 1885 e alla quale aveva dedicato quattro poesie della Chimera: « occhi grandi », « attitudine d’indo ­lenza », figura che « ondeggia ­va alta ne ‘l passo »; la si ­gnora siciliana che dodici an ­ni dopo gliela ricordava era Franca Jacona di San Giulia ­no, da qualche mese sposata all’armatore Ignazio Florio. E probabilmente il ricordo di queste due donne si fonderà, una ventina d’anni dopo, al ­l’immagine di Elena Sangro, diva del cinema muto che, se male non ricordiamo, ebbe qualche dimestichezza col poe ­ta; e non sappiamo quanto la Sangro somigliasse alla inarrivabile Gorgon, ma mol ­tissimo somigliava a donna Franca.

*

Nobile per nascita, borghe ­se per matrimonio, Franca Florio in quell’anno sorgeva come la first lady dell’aristo ­crazia e della borghesia ita ­liana e tra le prime di quella ristretta società internazionale che allora trascorreva, impre ­vidente e svagata, presa da quella « dolcezza del vivere » che prima dei grandi rivolgi ­menti conoscono coloro che ne saranno travolti, dai grandi alberghi alle corti europee, dalle sale da giuoco agli ateliers di Boldini e di Helleu, dagli ippodromi alle prime teatrali e di assise; quella stessa società che ai nostri anni abbiamo visto ridursi, piuttosto squallidamente, alla sola disponibile corte del principato di Monaco. Onassis al posto di Ignazio Florio, Elsa Maxwell invece di D’Annun ­zio.

Quattro anni dopo (quat ­tro figli dopo), donna Fran ­ca si faceva ritrarre appunto da Boldini, Il pittore era stato chiamato a Palermo, splendidamente ospitato dai Florio. Palermo era allora una pic ­cola capitale del liberty: già prima che questo nuovo stile si affermasse in Europa, gli architetti e gli artigiani paler ­mitani ne avevano qualche presentimento, ne lasciavano rameggiare qualche linea dal ­le imperanti linee neoclassi ­che; e alla fine del secolo le forme dell’art nouveau erano, è il caso di dire, in piena fioritura. C’era l’architetto Er ­nesto Basile che costruiva le ville dei Florio e disegnava i mobili di Ducrot; c’erano i suoi seguaci, i suoi competi ­tori, i suoi decoratori, i suoi mastri del ferro battuto; c’era un formidabile disegnatore co ­me Aleardo Terzi (buon pit ­tore anche) che moltissimo produceva nel campo della pubblicità e della grafica editoriale: ché allora a Palermo c’era qualcosa da (come si diceva) reclamizzare e c’era un’attività editoriale in cui primeggiava il Sandron, indi ­menticabile editore di quella « collezione settecentesca », di ­retta da Salvatore Di Giaco ­mo, assunta poi dal Mon ­dadori.

*

Boldini si trovò dunque a Palermo in un’atmosfera che gli era del tutto congeniale. Tranne le ore, e non saranno poi state tante, in cui donna Franca posava e lui dipinge ­va, era tutto un rutilio di ri ­cevimenti, giuochi, gite, belle donne, belle cose. Il passeggio delle carrozze nella via che si intitolava alla Libertà e che riusciva a dare passabili illu ­sioni parigine; splendide mat ­tinate tra gli aranceti o al ma ­re dell’Arenella; serate tra gli intatti incanti settecenteschi dei palazzi nobiliari. E c’era una luminosissima primavera.

Donna Franca posava vesti ­ta di pesante velluto nero, « con grandi traforature e ra ­beschi di passamaneria sulla gonna e sulle maniche ». Po ­sava forse con eccessiva re ­galità, per come il marito committente voleva fosse ritratta; Boldini non poteva, come D’Annunzio, rendere la volut ­tà nella regalità; la voluttà per Boldini non poteva stare in trono: doveva scendere in platea, muoversi al ritmo leggero e immediato del caffé-concerto e non assimilarsi a quello so ­lenne delle procuratie, arriva ­re quasi ad accennare quella « mossa » che mandava in de ­lirio i pubblici meridionali. E nel ritratto donna Franca ave ­va come un accenno di « mos ­sa »: « tutto il corpo, che pog ­giava sensibilmente sull’anca destra, aveva un qualcosa di particolarmente voluttuoso ». Racconta Dario Cecchi, nella sua biografia di Boldini, che Ignazio Florio andò sulle fu ­rie: « non intendeva affatto ve ­der ritrattata la propria mo ­glie in una posa serpentina », voleva il ritratto della regina di Palermo e non quello di una bella donna ancheggiante. Boldini certamente promise che avrebbe corretto il ritrat ­to secondo il desiderio del ma ­rito; e si fece infatti mandare a Parigi la tela, che ritoccò, velò e ridipinse obbedendo al ­le contestazioni del commit ­tente ma, a quanto pare, con una certa trasandatezza.

Trent’anni dopo, il dipinto faceva parte della collezione del barone Maurizio di Rothschild, dove i tedeschi lo tro ­varono e predarono. Finita la guerra, tornò alla collezione Rothschild, ma dimezzato: la parte inferiore era stata taglia ­ta. Si era così realizzato una specie di avvenimento magi ­co: per mano del predatore tedesco, Ignazio Florio aveva per sempre eliminato quella posa serpentina, quell’ancheggiare, quell’accenno di « mos ­sa » che poteva venir fuori to ­gliendo velature e ritocchi. Una soluzione radicale: quella cui forse si sarebbe lasciato andare vedendo per la prima volta il ritratto, se il rispetto per un artista tanto famoso a Parigi non lo avesse trattenuto.

Nella casa degli eredi di Vincenzo Florio, fratello di Ignazio, c’è una vecchia foto ­grafia del dipinto di Boldini. Anche tra le cose del cognato, che forse non l’amava, donna Franca domina. « Non la vo ­lontà ma la Natura l’ha creata dominatrice ». Ma Vincenzo Florio, uomo sereno, arguto, indifferente al corso della for ­tuna, aspettava al varco della vecchiaia la dominatrice. Sa ­peva disegnare, ad ore perse disegnava e dipingeva tutto quello che gli veniva sotto l’occhio. Ed ecco che un gior ­no, su un foglietto di carta po ­co più grande di un biglietto da visita, disegna a matita un volto di vecchia. Le linee con ­vergono come verso un punto invisibile, in basso, fuori del foglietto: cascano, insomma; e cascano in caricatura i tratti imperiosi, la remota maestà di quel volto. « Franca come si ritirò ieri sera »: una masche ­ra disfatta, che sta per scio ­gliersi nello sciogliersi delle sarciture, delle creme cosmeti ­che, delle ciprie. Dopo una serata in società, a Parigi o a Roma o a Venezia; o forse dopo una prima al teatro Mas ­simo di Palermo. E si può im ­maginare lo sgomento della donna, ad un certo punto del ­la serata, quando si accorge che il volto pazientemente e sapientemente ricostituito co ­mincia a disfarsi e a cascare; la fuga; il ritorno a casa. E il cognato pronto a coglierla sul punto dell’umiliazione, della disfatta, della fine; a conse ­gnare a un foglietto di carta l’immagine di « Franca come si ritirò ieri sera ». E cinquan ­t’anni prima, Gabriele D’An ­nunzio…

 


Letto 933 volte.


Nessun commento

No comments yet.

RSS feed for comments on this post.

Sorry, the comment form is closed at this time.

A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart