STORIA: LETTERATURA: Il bombardamento di Pisa del 31 agosto 1943
17 Luglio 2023
di Bartolomeo Di Monaco
Alessandro Pardi “Diario del tempo di guerra” (Tralerighe Libri)
“Ci trovammo di fronte ad uno spettacolo indescrivibile! Il rione era scomparso; le strade sconvolte dalle buche di bomba; morti e feriti da ogni parte; gente che lanciava grida strazianti! Soldati che scavavano e trasportavano barelle con i feriti. Non si capiva più dove erano le strade e dove i fabbricati; i grandi capannoni dello stabilimento crollati; il mio ufficio e tutto quanto intorno non esistevano più!”.
Addirittura il libro, ad un certo punto, diventa un diario prezioso che ci fa conoscere giorno per giorno i tragici avvenimenti che accaddero nelle frazioni di Ripafratta, Pugnano, Rigoli, Pontasserchio, Molina di Quosa, la Romagna, Nozzano ed altre, ricco di particolari che ci permettono una ricostruzione precisa dei fatti. Ad un certo punto, scrive l’autore: “Se questa vita dovesse durare a lungo, meglio rassegnarsi alla sorte di essere presi dai tedeschi. Non ne possiamo proprio più.”. Sono nascosti addirittura in una fogna: “Basta che uno di noi dia un colpo di tosse, mentre passano i tedeschi, ed è finita! Domani me ne starò nascosto nel fienile, rassegnato alla sorte. Starò a letto, fingendo di essere ammalato.”.
Il tragico episodio del bombardamento di Pisa è trattato anche in un altro libro, che troviamo nel catalogo di Tralerighe Libri; è quello che ho scritto io sulla base del diario redatto da mio zio Giuliano Ragghianti, che era di servizio come aviere proprio a Pisa: “Cara Anna”.
Così scrive mio zio in tre momenti, a proposito del bombardamento di Pisa da parte degli Alleati:
1 – “Anche il mio amico ha smesso di lavorare e viene verso di me. Forse intuiamo che cosa stia accadendo. Al rumore sempre piĂą assordante succede un boato tremendo, seguito da altri ed altri ancora. Borchi!… Borchi!… sganciano… sganciano! Ci slanciamo di corsa nella prima stanza che troviamo, corriamo in un angolo accanto ad una stufa e dopo esserci accucciati tremanti vicino ad essa, ci facciamo il segno della croce, dicendo entrambi: GesĂą mio misericordia, Maria Santissima aiutateci… Al rumore infernale si aggiunsero le urla della gente, gli strilli. Una ventata d’aria prodotta dallo scoppio delle bombe, a una distanza di non piĂą di 30, 40 metri, spalancò in un sol momento finestre, porte, facendo un fracasso d’inferno. Tremava l’edificio, le pareti erano scosse, i vetri si frantumavano per terra, cominciavano a cadere i calcinacci, mentre le travi sopra di noi si muovevano, uscendo e rientrando al loro posto. Le lampade elettriche oscillavano di qua e di lĂ mentre ad ogni scoppio di bomba una folata di vento spazzava via ciò che incontrava sulla sua strada.”.
E poi:
2 – “Attraversare l’Arno, imbucare in questa e in quella via, correre all’impazzata fu cosa di un attimo… A Porta a Lucca vi era giĂ un ammasso di gente. Uomini che sopraggiungevano dalla cittĂ , laceri e sanguinanti, carichi di polvere, tutti ridotti a brandelli e spaventati. Donne che piangevano cercando chi i figli, chi i mariti, i fratelli, i parenti, insomma. Ricordo benissimo di un capitano sopraggiunto in ciabatte, con la canottiera, i calzoni sciolti e liberi allo stinco, senza stivali, tutto polvere e grondante sangue dalla fronte. Altri ancora con fazzoletti passati intorno alla testa, alle braccia, alle gambe, e tutti correvano, correvano senza sapere dove, senza riuscire a spiegare niente.”.
E ancora:
3 – “Poco distante da noi, in piazza Ceci, la furia delle bombe era stata tremenda. Buche da ogni parte, crateri veri e propri da ogni lato; verghe del tram contorte e spezzate, fili di ogni genere intralciavano il cammino. Case completamente diroccate, altre mancanti di muri esterni od interni, dentro cui si intravedeva la sagoma ora di un letto, ora di un quadro appeso alla parete tutta sgretolata. Le macerie erano enormi. Le strade ingombre, mentre un polverone asfissiante accecava l’aria. S’incontravano persone che sembravano smemorate, guardare come trasognate ogni cosa. Chi chiudeva una casa mezza pericolante e fuggiva con una sola valigetta piena del necessario; chi correva invocando un nome; chi piangeva implorando dai soccorritori un po’ di aiuto. Camion, camionette, motofurgoni, barrocci, autobus, tutti erano mobilitati per il soccorso. Su di un camion stavano caricando una donna anziana, dopo averla tolta da sotto un cumulo di macerie: è scarruffata, scalza, stracciata, le si vede la schiena nuda ed è svenuta… Mano a mano che ci avviciniamo alla stazione la cosa è ancora piĂą tremenda. Il Liceo è tutto fracassato, le Poste, per metĂ diroccate, sono pericolanti… Povera via Colombo! Non una sola casa è rimasta in piedi, c’è solo un cumulo di rovine e di morti. Ma lo spettacolo piĂą impressionante l’offre la Stazione con i suoi viali e i suoi alberghi. Tutto è rovinato. Un tram è completamente rovesciato a terra e tutto bucherellato dalle schegge. Ci sono varie buche con bombe inesplose. Una donna giace a terra con la borsa della spesa sparsa dappertutto, e ricoperta di polvere: è morta. PiĂą in lĂ un ufficiale con la sua valigetta, che alcuni soldati avevano giĂ ricoperto con un lenzuolo… Rifugi crollati in cui s’intravedevano ammonticchiati ventine e ventine di morti; e morti si vedevano nelle case, nelle botteghe, per le strade… Sui binari della Stazione vi erano treni rovesciati e completamente scheletriti, macchine incendiate, carri perforati, e buche e buche da ogni parte.”.
Qualche mese dopo, il 6 gennaio 1944, ci fu il bombardamento della stazione ferroviaria di Lucca, ma non fu così tragico come quello di Pisa. Così scrive mio zio nel libro succitato:
“Arrivò per davvero quel 6 gennaio la Befana… e che Befana! Era il tocco e mezzo. Un rumore proveniente dal mare ci fece correre fuori, mentre eravamo ancora a pranzo. Erano 24 bimotori, forse i soliti Mosquito, che provenienti dalla gola di Ripafratta puntavano verso di noi… Passarono sopra le nostre teste che già stavano mettendosi in linea di combattimento. Non ebbi il tempo di parlare che si udirono gli scoppi prodotti dalle bombe, mentre una colonna di fumo si alzava in direzione della Stazione… Grazie a Dio ben pochi furono i morti, e limitati i danni… Due giorni dopo, sabato 8 gennaio, un’altra formazione di soliti bimotori, ma questa volta proveniente dalla città , colpì per una seconda volta gli scali ferroviari, causando un cumulo di danni. Anche questa volta era la medesima ora: il tocco e mezzo circa.”.
Non v’è dubbio che dobbiamo a uomini come Alessandro Pardi e Giuliano Ragghianti (ma ce ne sono anche altri) se alcuni episodi tragici dell’ultima guerra mondiale sono stati realisticamente e indelebilmente rappresentati.
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