STORIA: Pirenne e lo spread
6 Marzo 2012
di Costanza Caredio
Pirenne è stato un grande storico belga della I metà del secolo scorso. Egli non ritenne significativa la data convenzionale del 476 d.C. per segnare la caduta dell’Impero Romano, notando che tutto continuò come prima, almeno in Francia.
“Si conservano la lingua, la moneta, la scrittura, i pesi, le misure, l’alimentazione, le classi sociali, la religione, l’arte, il diritto, l’amministrazione e l’organizzazione economica. I Germani non apportarono nessuna idea nuova. Quanto alla Chiesa, tutto il suo personale, era romano” (Maometto e Carlomagno).
Speriamo che i “costruttori” dell’Europa attuale, ne tengano conto.
Ma nel Medio Evo lo sviluppo, la ricchezza e la civiltà si spostano al Nord per effetto – secondo lo storico – della chiusura del Mediterraneo e conseguente blocco degli scambi, provocato dalla conquista araba, dalla riduzione della costa africana a deserto, dall’imperversare della pirateria, dalla fuga degli abitanti all’interno del territorio e sulle montagne e quindi dalla decadenza delle città . Inoltre aggiungiamo noi – la segregazione femminile nelle terre mossulmane e la diffusione dei monasteri e dello stile di vita monastico o eremitico, in quelle cristiane – erano un grosso ostacolo all’acquisizione del “superfluo” prodotto altrove. Occorrerà allora instaurare nel Mediterraneo il processo inverso, incrementare gli scambi di ogni genere, specialmente turistici e culturali. Per gli stati rivieraschi afflitti dallo spread nordico potrebbe significare un nuovo inizio. Esso sarebbe tanto più importante tra la Grecia e la Turchia, due regioni unite da una storia millenaria e da una decadenza frutto di una tassazione eccessiva – quella bizantina – inefficiente e corrotta, quella ottomana.
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