TEATRO: I MAESTRI: Anna Magnani fa senza autore (un esangue Anouilh)14 Maggio 2015 di Mario Raimondo Stagione di Medee, questa. Lau ra Adani si è appena porta ta via dal palcoscenico del la Cometala Medea di Corrado Al varo â— tutta impastata di dolore e di amore, di umano senso della persecuzione e di ansiosa vocazio ne al focolare, â— che Anna Ma gnani conduce sulla scena del Qui rino la Medea di Jean Anouilh, lu cida e torbida, legata al suo Giaso ne con i vincoli complicati del ses so e del cervello. Sono casi, comunque, che non vanno sopravvalutati. Voglio dire che sarebbe abbastanza stolto con cludere da questo incontro di Me dee che una qualche necessità se greta lo abbia prodotto e che dob biamo, oggi, scoprirne il segno. Per quella di Alvaro, si trattava evi dentemente di una scelta giusta nel contesto dell’opera di uno scrit tore che il teatro italiano tardava a ritrovare; per quello di Anouilh era un appuntamento lungamente differito di una attrice con un per sonaggio che naturalmente l’attira va, per la forza del mito rappre sentante assai più. certamente, che non per le parole da cui è definito. Ma lasciamo i confronti, che so no inutili e fastidiosi, e restiamo alla nostra occasione odierna, che è la Medea di Anouilh: e di Anna Magnani. Sono portato, come ve dete, a distinguere. E devo dire su bito che l’eroina di Anouilh mi è assolutamente, completamente, in differente: non amo il suo verbo so atteggiarsi nei confronti del de stino, o della vita o della esisten za â— si tratta di scegliere, ed è fa cile scegliere in ogni caso la paro la giusta, data l’ambiguità dei suo autore. Non amo i lunghi discorsi di Giasone, povero eroe, vittima della normalità, alle prese con quel lo che gli tocca chiamare « il nulla assurdo ». Mi infastidisce il buon senso dettato dalla vecchiaia e dal la stanchezza in cui si rotola il buon Creonte, re alle soglie della pensione. Detesto il luogo comune atrocemente offensivo della nutri ce e del soldato che aspirano sol tanto a campare la giornata e a passare la stagione. E come Jean Anouilh, con in gredienti di questo genere alla ba se delle sue storie, sia riuscito a farsi assumere â— sia pare per un tempo limitato â— nella pattuglia dei drammaturghi dell’esistenziali smo, continua a restare, per me, un mistero insondabile. Ma la Medea di Anna Magnani ha poco a che vedere con questa eroina gonfia di parole e di angoscie intellettuali. Rendiamo omag gio ad una attrice straordinaria: Anna Magnani ha preso il dramma di Anouilh e se lo è macinato con la mola di una personalità emozio nante, di un volto indimenticabi le, di una presenza inimitabile. La Medea esangue e torbida pensata da Anouilh, Anna Magnani se l’è ingoiata per restituire una donna tutta sangue, cuore, amore e dolo re. Sul palcoscenico vive una crea tura che è parente di quella scrit ta dall’autore soltanto nei dati ana grafici: nome, cognome, paternità e condizione. C’è da scandalizzarsi per questo? Al contrario. 11 teatro vive anche di questa capacità dell’interprete di travolgere Io scrittore, dando gli il sangue che gli manca, la ve rità, la vita e l’umanità che egli ha invano cercato di rappresentare. Se non fosse così, che galleria noiosa e improbabile di ritratti d’autore sarebbe la storia del tea tro; che invece è, con buona pace dei pedanti, anche storia di istrioni capaci di inventare sulla scena ve rità sfolgoranti di vita quando sul la pagina non si rintracciano se non pallide celebrazioni dell’intel letto. Anna Magnani è di questa razza di interpreti. Non sono nep pure ben sicuro che oltre la sua stupefacente aggressività fisica ed emozionale, abbia particolari pos sibilità di disegno e di invenzione dei personaggi; se le ha, comun que, sono un di più. Non le servo no. Le basta accostarsi alla ragio ne prima dell’interpretazione e dar si al pubblico, con quel volto dise gnato dalla condizione di vivere, con quella voce incisa sul solco di un perenne turbamento interiore, con quella figura dura e tesa. Al lora le platee si muovono con lei verso la stessa commozione. Per questo Anna Magnani è quello che è, nel cuore del pubblico di tutto il mondo. Così c’è riuscita anche questa volta. Aveva superato, con La lu pa, l’estetismo fastidioso della regìa di Zeffirelli; ha vinto, con Me dea, la freddezza dello spettacolo pensato da Giancarlo Menotti sulle scene enfatiche di Rouben Ter Arutanian. Le è stato facile, allora co me oggi: le è bastato ricorrere al la vibrazione profonda di una in sopprimibile umanità. Ma vi par poco? Gli altri attori scolorano, al suo fianco: Fosco Giachetti, diven ta un Creonte « gigante buono »; Cesarina Gheraldi una nutrice pe tulante; Osvaldo Ruggeri un Gia sone soltanto prestante (bisogna avvertirlo, Ruggeri, del rischio che corre di vedersi affidato sempre di più, e soltanto, ad una pur singo lare presenza fisica). C’è davvero soltanto lei, Anna Magnani, a dipanare la vicenda di una eroina che vive oltre le paro le che dice, in una dimensione au tentica di rabbia e di dolore per un amore perduto. E le riesce per sino questo, di dare un cuore ad Anouilh. Letto 1514 volte. 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