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Una proposta inutile

2 Luglio 2012

È quella che il lucchese, ex presidente del Senato, Marcello Pera, ha presentato sotto forma di ddl al presidente della Repubblica. In essa, così si legge, sarebbe contenuta una ipotesi che considero di vecchia maniera e perciò impossibile da realizzare.

In pratica nel 2013 non si rinnoverebbe il parlamento, ma si terrebbero le elezioni per scegliere 75 saggi i quali comporrebbero una commissione che entro un anno dovrebbe dar vita a quelle riforme istituzionali che finora dopo tanti anni nessuno è riuscito a concretizzare.
Per fare ciò occorrerebbe prolungare di un anno la legislatura nonché il mandato del capo dello Stato.

Se è vero che la proposta non ha precedenti sul piano formale, ne ha sul piano pratico. Di commissioni per la riforma della nostra Carta costituzionale ne sono state fatte quanto basta per affermare che nel nostro Paese manca una volontà riformatrice. A parole si dice che una revisione della Costituzione è necessaria, ma quando si prova a mettere nero su bianco le resistenze che emergono diventano insormontabili e dunque si arriva sempre ad un nulla di fatto.

Accettando una proposta del genere si rischia di trovarsi per una durata di tempo imprevedibile a mezzo del guado senza che i 75 saggi concludano il loro lavoro. Ove si pensi che non si riesce a fare nemmeno una piccola riforma quale quella della legge elettorale, figuriamoci se i 75 saggi (scelti, ovviamente, direttamente o direttamente sempre dai partiti) riusciranno a mettersi d’accordo su riforme costituzionali e istituzionali ben più importanti e complesse (ad esempio: riforma dello Stato, eliminazione del bicameralismo perfetto, elezione diretta del presidente della Repubblica, riforma della magistratura).

Non occorrono doti di preveggenza per anticipare che la commissione dei saggi eletta dal popolo non concluderà un bel niente. Al massimo potrebbe arrivare a ipotizzare una congerie di insulsi compromessi che nessuno avrebbe l’ardire di votare, perché confusi e impraticabili. E allora?
Si annullerà tutto e si tornerà al voto che si è sospeso nel 2013? E con quali costi sperperati?

Ho sempre sostenuto   che se ci fosse la volontà di pervenire a riformare le nostre Istituzioni e la nostra Carta costituzionale, si farebbe ancora in tempo ove le posizioni, almeno dei partiti maggiori, fossero vicine. Il fatto è che sono lontane e spesso inconciliabili (ad esempio, la riforma della giustizia), per cui non basterebbero altri trent’anni per arrivare ad un risultato soddisfacente.

La sola strada praticabile resta quella, dunque, di procedere ad una riforma elettorale  che consenta nel 2013 ad una coalizione di raggiungere con il premio di maggioranza, ben oltre il 51% dei seggi in entrambi i rami del parlamento, in modo che possa procedere con una capacità di trattativa dirimente nei confronti delle altre forze politiche minoritarie.
Non c’è altra strada.

Nella situazione attuale – lo si è visto – non è possibile riformare niente. Solo quando ci sarà in parlamento una forza che abbia una rappresentanza nettamente maggioritaria, si potrà sperare nel risultato riformatore.

Dunque, tutti, in primis il capo dello Stato e le altre cariche istituzionali come il presidente del Senato e quello della Camera, si adoperino affinché, attraverso l’accordo dei partiti, il parlamento vari una nuova legge elettorale di tipo maggioritario.


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Bart